Tifo e discriminazione territoriale
Abolite le sanzioni, non l’inciviltà
La nuova Federcalcio, alla sua prima riunione ufficiale, ha abolito la squalifica delle curve per discriminazione territoriale. In parole povere, i cori contro gli avversari, contro i giocatori, gli striscioni che invitano qualche vulcano a lavare col fuoco la differenza di fede, non costituiscono più un illecito e non sono più punibili con la chiusura di tutto il settore. Si andrà adesso di ammenda in ammenda, sempre un po’ più alte, ma in pratica sempre e soltanto multe.
Cosa c’è dietro questa decisione? E soprattutto, è giusta? Da un punto di vista morale no, è una grande sconfitta. Si aumenta per gli ultrà il diritto all’offesa. È come se nel codice penale sparisse il reato di diffamazione. Il pericolo che una partita diventi un’offesa a cielo aperto è francamente alto. Dall’altra parte c’è una giustizia restituita a tutte le migliaia di spettatori che avevano pagato il biglietto o erano abbonati, non avevano colpe e si ritrovavano fuori dallo stadio per il vandalismo orale e scritto di qualche decina di incontinenti. Un problema che lo scorso campionato si presentò diverse volte creando danni alla gente normale, alle società che erano oggettivamente responsabili, e altro lavoro alle forze dell’ordine.
La giustificazione ufficiale di questa retromarcia è che questo tipo di reato sportivo non è in linea con le leggi internazionali. Esiste in pratica soltanto in Italia. L’Europa non gradisce che i danni di pochi siano pagati da tutti. Preferisce si prendano i colpevoli. Ma noi ai colpevoli diamo al massimo un Daspo (la proibizione di tornare per qualche tempo allo stadio) che poche volte siamo in grado di gestire. Ormai i condannati sono migliaia, aspettarli la domenica in un commissariato è quasi impossibile. Così, per eliminare i fastidi della cura, abbiamo eliminato la malattia. Offendersi avrà un costo, ma si potrà. E a pagare non saranno i colpevoli. La multa andrà alle società. C’è in questa specie di giustizia il rumore forte di un’inciviltà profonda , non più arginabile, che appartiene a tutto il Paese. Un arrendersi alla cultura del male perché il male è diventato maggioranza. Si abbassano le pene non per combatterlo, ma per poterci convivere.
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