sabato 23 agosto 2014

A che serve calcolare un PIL in questo modo. Aveva Mica ragione Robert Kennedy?

Quanto incidono le attività illecite sul Pil

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I consumatori insorgono e Giovannini, ex presidente dell’Istat, consiglia di non aspettarsi tanto dall’ingresso delle attività criminali nel paniere.
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Per Roberto Monducci, direttore dipartimento Istat per i conti nazionali, l’inserimento delle attività illegali nel calcolo del Pil avrà un impatto limitato.
L’indicazione dell’Eurostat di annoverare attività criminali come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando tra le attività che contribuiscono al calcolo del Pil non è piaciuta ai consumatori che sono insorti: «Rimaniamo interdetti di fronte a questa idicazione che il nostro gioverno eseguirà» hanno tuonato. Ed Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro, ma soprattutto ex presidente dell’Istat, consiglia di non porre troppe aspettative dall’ingresso delle attività criminali nel calcolo del Pil. Perché se «i prezzi (della droga o della prostituzione, ndr) scendessero e i consumi aumentassero, a parità di altre condizioni, gli effetti sul Pil sarebbero positivi. Avverrebbe però il contrario se i prezzi aumentassero e i consumi diminuissero». Ma quanto incidono sul prodotto interno lordo queste attività? Economiaweb.it ha provato a fare un calcolo. Eccolo
SPACCIO DI DROGA: 1,5% del Pil
È l’attività che ha modificato il volto delle mafie moderne ed eliminato – se mai veramente esistito – quel codice d’onore vantato dai vecchi boss. In Italia le attività criminali muovono circa 24 miliardi con la produzione e la vendita di droghe. A fare questa stima il gruppo Abele, ma il vicepresidente Leopoldo Grossi, dice che questa valutazione «è stata fatta per difetto. Perché questo mercato faccia parte del Pil, dovrebbero prima essere risolti i problemi etico-legali connessi al difficile equilibrio tra l’emersione di fenomeni diffusi e il loro contenimento. Abbiamo sotto gli occhi gli effetti della deregulation del gioco d’azzardo: oggi l’Italia detiene il primato europeo del gioco».
RACKET: 0,6% di PIL
Un’impresa ha calcolato che sulle imprese italiane gravi un prelievo da parte delle attività criminali pari a 10 miliardi. E questa cifra non va ripartita in base alle dimensioni. Infatti le maggiori vittime del pizzo sono i commercianti (piccole botteghe o grandi centri commerciali): da loro le mafie recuperano circa 6,5 miliardi attraverso il racket.
GIOCO D’AZZARDO: 0,5%  di Pil
Vale 8 miliardi di euro, un decimo del totale (86 miliardi), il giro d’affari del gioco illegale. A dare questo numero è stata Libera, una delle principali associazioni che si batte contro le mafia e l’usura. Su questo versante l’illegalità è molto diffusa in Campania, visto che bische clandestine, raccoltà di scommesse su eventi nazionali e manifestazioni “parallele” (dalle corse dei cavalli ai combattimenti dei cani) sono un business per storici clan come i Bidognetti, i Mallardo o i Casalesi.
PROSTITUZIONE: 0,3% di PIL
Mai come su questo versante, e con la crisi che corre, le stime sono aleatorie. Secondo la commissione Affari sociali della Camera operano sul nostro 70mila prostitute, che – di fronte a una clientela potenziale di nove milioni di clienti – fanno parte di un settore che muove circa 5 miliardi di euro. Nel caso peggiore sono tutti soldi che finiscono per gonfiare i forzieri delle mafie (italiane e straniere) che operano sul territorio nazionale. I quello “migliore”, denaro che finisce nel monte dell’evasione fiscale, visto che essendo illegale le attività né le prostitute né i loro  protettori pagano le tasse su queste attività.
CONTRABBANDO: 0,1% DI PIL
Il fenomeno sembrava scomparso alla fine degli anni Novanta, con le guerre nell’ex Jugoslavia: il pattugliamento delle navi Nato infatti cancellò le rotte degli scafisti. Invece la crisi ha ridato fiato al contrabbando di sigarette. In Italia, una bionda su dieci tra quelle fumate viene venduta attraverso canali paralleli. Più in generale – ma siamo di fronte a una stima parziale – il business per le associazioni criminali è pari a 1,5 miliardi. Anche perché il Belpaese resta centrale nelle direttrici tra la Cina, i Paesi dell’Est Europa e l’area dell’Atlantico.
CONTRAFFAZIONE: 0,1% DI PIL
Con l’industria della contraffazione – 365 mila pezzi prodotti al giorno – il danno è doppio: ci perdono le aziende oneste che investono in innovazione, ci perde lo Stato in termini di gettito. Il giro d’affari del settore è di 1,5 miliardi. Ma a questa cifra  si arriva facendo una proiezioni sui sequestri. Quindi potrebbe anche essere il doppio. Fatto sta che lo scorso anno la Guardia Finanza ha sequestrato oltre 130 milioni di beni e di tutte le tipologie: abbigliamento (quasi 22 milioni di pezzi), giocattoli (quasi 13 milioni), elettronica (quasi 42 milioni), beni di consumo (53 milioni di pezzi) che vanno dai cosmetici ai prodotti per l’igiene o i ricambi per le auto.
«Non saranno queste le innovazioni che faranno crescere il Pil», ha avvertito il direttore del dipartimento Istat per i conti nazionali, Roberto Monducci  anzi, dal provvedimento: «Ci si aspetta un impatto limitato» ha concluso.

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