Merkel: “In Iraq un genocidio sotto gli occhi di tutti, inviamo armi per provare a fermarlo”
La Cancelliera sui jihadisti: «Agiscono con modalità terroristiche contro tutti quelli che la pensano diversamente da loro». In Siria 500 vittime fra soldati e miliziani dell’Isis
Un gruppo di miliziani dell’Isis
24/08/2014
In Iraq «si sta assistendo a un genocidio sotto gli occhi di tutti» da parte delle milizie dello Stato islamico (Isis) che «agiscono con modalità terroristiche contro tutti quelli che la pensano diversamente da loro». Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel intervistata dall’ARD. Per Merkel «non c’è la sicurezza al 100%» che le armi che il governo tedesco ha deciso di inviare nel nord dell’Iraq restino nelle giuste mani per la lotta all’Isis. Ma Berlino aveva due possibilità, ha riassunto la Cancelliera: «proviamo a fermare un genocidio» con l’invio di armi oppure decidiamo che il rischio è troppo alto. «Abbiamo deciso che ci sono ragioni preponderanti per agire. Le milizie dell’Isis sono molto ben finanziate senza essere direttamente finanziate da alcuno Stato, secondo quanto è a mia conoscenza» ha continuato Merkel rispondendo a una domanda su un’eventuale collegamento tra l’Isis e il Qatar. «Abbiamo una situazione molto critica con il Qatar rispetto ad Hamas e al conflitto mediorentale», ha tuttavia aggiunto Merkel pur sottolineando positivamente come Doha stia «sostenendo» i colloqui in Egitto per una tregua tra Israele e Gaza.
La guerra dell’Isis in Iraq e Siria ha seminato negli ultimi giorni centinaia di morti nella regione siriana di Raqqa e minaccia la sopravvivenza di migliaia di turcomanni sciiti nella regione irachena di Salaheddin, a due giorni dal brutale massacro di sunniti da parte di miliziani sciiti a nord-est di Baghdad.
I jihadisti dello Stato islamico (Isis), padroni ormai di un territorio grande quanto l’Ungheria tra Iraq e Siria, hanno conquistato oggi la base aerea di Tabqa, nella regione settentrionale di Raqqa. La base era l’ultima sacca di resistenza delle forze di Damasco in una zona sotto il controllo dell’Isis dalla primavera del 2013. Secondo fonti delle opposizioni siriane, circa 350 jihadisti e 170 militari siriani sono morti negli ultimi cinque giorni di combattimenti. Ma il bilancio non è verificabile in maniera indipendente. I media del regime siriano confermano il «ripiegamento» delle truppe governativa dalla base di Tabqa senza però menzionare alcuna perdita umana. In Iraq, a sud della città contesa di Kirkuk, da settimane pienamente in mano alle milizie curde, migliaia di turcomanni della cittadina di Amerli attendono invano soccorsi militari e umanitari che li liberino dall’assedio, in corso da due mesi, dei jihadisti dello Stato islamico. I turcomanni sciiti sono in quella regione una minoranza due volte: non sono arabi e non sono sunniti. Ad Amerli, da ieri salita agli onori delle cronache per l’allarme lanciato dall’Onu, non ci sono solo turcomanni sciiti ma anche sunniti. «Siamo uniti contro l’aggressore e non distinguiamo tra scuole religiose», ha affermato Abdel Rauf Bayati, membro del consiglio amministrativo di Suleiman Bek, altra cittadina turcomanna completamente occupata dallo Stato islamico. «Tutti noi turcomanni siamo minacciati. E l’Isis è un pericolo per l’Iraq e per tutta la regione», ha aggiunto. Più a sud, l’esercito governativo iracheno, sostenuto da consiglieri americani, russi e iraniani, è riuscito a respingere l’ennesimo attacco dei jihadisti al complesso di raffinerie petrolifere di Baiji, tra Baghdad e Mosul.
Per portare il sostegno di Teheran al nuovo premier iracheno Haydar al Abadi è arrivato oggi il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, che ha incontrato sia il premier uscente Nuri al Maliki che quello incaricato, oltre al collega Hoshyar Zebari. Dai colloqui è emerso l’accordo totale tra Iran e Iraq per creare un fronte comune contro i jihadisti e velocizzare gli sforzi per creare un governo che contribuisca a placare le tensioni politico-confessionali La creazione di un fronte comune contro l’Isis è stata evocata, sempre oggi, anche dai ministri degli esteri saudita, egiziano, giordano, del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti che si sono incontrati a Gedda, in Arabia Saudita.
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