venerdì 27 giugno 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

L'associazione Antigone racconta che succede nelle patrie galere. L'Art. 27 della "Costituzione più bella del mondo", afferma che le pene non devono essere contrarie al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, ma intanto il sistema penitenziario italiano viene condannato dall'Europa per trattamenti inumani e degradanti e la recidiva di chi esce dal carcere è altissima. Qualcosa non quadra…

Tortura: siamo un paese civile?

Alessio Scandurra26 Giugno 2014
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“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Il divieto sancito all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) pare una affermazione di assoluto buon senso. Chi potrebbe non essere d’accordo? Perché? Eppure, anche nei paesi civili, casi del genere si possono verificare. Nei paesi civili però casi del genere sono vietati dalla legge penale, e quando si verificano sono oggetto di indagini rigorose e di sanzioni severe.

Nel nostro, di paese, purtroppo non è così.

Nel nostro paese per cominciare la tortura non è un reato previsto dal codice penale. Quando casi di tortura si verificano vanno inquadrati, e puniti, usando altre ipotesi di reato, meno severe e meno calzanti, con l'esito finale, verificatosi molte volte, dell’impunità degli autori.

Nel nostro paese poi spesso i casi di tortura, o di trattamenti inumani o degradanti, a volte non vengono nemmeno adeguatamente indagati. È questo il motivo per cui la Corte europea dei diritti dell’uomo il 24 giugno ha condannato l’Italia a pagare 19mila euro a Dimitri Alberti, arrestato nel 2010 vicino Verona e portato 4 ore dopo al carcere locale con fratture alle costole e lesioni ai testicoli che per le autorità italiane erano “compatibili con il normale uso della forza”. La CEDU ha ritenuto che così non fosse, e soprattutto ha ritenuto che sulla vicenda non fossero state svolte indagini adeguate, come dovrebbe invece accadere nei paesi civili.

Perché casi del genere non si ripetano bisogna che vengano indagati e puniti severamente. Bisogna tra l’altro che, come nei paesi civili, l’Italia finalmente introduca il reato di tortura, dando un segnale politico e culturale forte sul tema della violenza pubblica. Ce lo chiede da tempo la comunità internazionale e qualche giorno fa lo ha chiesto anche il Papa. Firmando la petizione online che trovi a questo link puoi chiederlo anche tu.

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