sabato 28 giugno 2014

Lo streaming dei grillini: tutto tempo perso. Per la politica è praticamente inutile.

Streaming? Il teatrino della politica 2.0

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Il mezzo più che il messaggio. Lo streaming più che la legge elettorale.Sarà che siamo freschi orfani della Nazionale uscita mediocremente dai mondiali in Brasile ma in neanche 24 ore i milioni di social CT han dovuto improvvisarsi esperti di leggi elettorali. Mentre si ha la palese dimostrazione che lo streaming politicamente non serve a niente. È inutile.
Chi si è collegato e aveva un'idea già definita non l'ha cambiata, così si può affermare apoditticamente che ha vinto Matteo Renzi o che ha vinto Luigi Di Maio. Chi non ha interesse ad approfondire l'ingegneria elettorale può decidere se sia stata più efficace la battuta del presidente del Consiglio sull'esiguo numero di voti di preferenza con cui grazie alle parlamentarie si è stati inseriti nelle liste di Grillo o quella del vicepresidente della Camera sulla compravendita delle tessere.
Ma in diretta le simulazioni sugli esiti del voto con l'italicum o il democratellum, fastidiosi neologismi del latinorum last minute, sembravano un elemento accessorio, così come gli interventi di Danilo Toninelli - il primo firmatario nell'autunno 2013 della proposta di legge elettorale M5S poi modificata in rete con cinque votazioni nei primi mesi del 2014 - sembravano il "tempo di parola" lasciato all'esperto, che intervenendo sui limiti delle due proposte di M5S e PD quasi perdeva l'identità grillina, all'insegna di un nuovo "sono tutti uguali" non più in chiave esclusivamente negativa. Tanto che è lui a proporre un secondo incontro in streaming a stretto giro assieme agli uffici legislativi, da navigato insider della scatoletta di tonno. Una frase che sarebbe stata bene in bocca anche al capogruppo dem alla Camera, Roberto Speranza.
Nel merito per farsi un'idea sarebbe stato più opportuno leggere i resoconti stenografici delle sedute delle commissioni parlamentari che stanno affrontato le riforme istituzionali come il lavoro dei saggi della commissione istituita da Enrico Letta e Gaetano Quagliariello nel 2013, così da ragionare su pesi e contrappesi connaturati alla forma di governo che assieme alla legge elettorale si delineerà. Magari è più utile per la democrazia, specie se vogliamo davvero conoscere per deliberare, ma certamente più noioso. Non commenteremmo le bozze non corrette degli stenografi con toni da tifo, invece l'incontro in streaming tra Pd e MoVimento Cinque Stelle diventa un'occasione per dividersi e per provare a dire se ha vinto l'un o l'altro partito, se ha vinto la presenza di Renzi o l'assenza di Grillo(aggiornando la contabilità,su 4 incontri, l'ex comico genovese si è visto solo durante quello con l'attuale premier).
Il convitato di pietra, oggi assente, ha comunque imposto quello cheMassimiliano Panarari ha efficacemente definito come il "fondamentalismo dello streaming" (per la verità, a corrente alternata e non a senso unico).
E adesso è libero di rilanciare uno dei suoi refrain: "avete visto che splendidi ragazzi abbiamo in Parlamento? Voi vi concentrate su me e Casaleggio quando ci sono Di Maio, Di Battista, Fico". Cui oggi si aggiunge Toninelli, nuova stella a 5 stelle. Il deputato con gli occhiali dal tono compito, educatissimo, distrae chi guarda dalla complessità di una proposta strampalata (il "se mi lasci ti cancello" dei decimi di voti sui candidati di tutti i partiti) è un Toninelli diverso da quello battagliero dei talk show. Ma lo streaming è un battesimo per i peones, vedremo con il tempo se si è trattato di un cambio di registro o di una recita a soggetto. Mentre la delegazione PD era invisibile, concentrata sugli smartphone ad eccezione di Renzi, premier e segretario che rispondeva al vicepresidente della Camera come a Toninelli e che assegnava una battuta alla Moretti, al tavolo come testimonial delle preferenze che il PD può prendere (e che quindi non teme) come la Serracchiani che 5 anni fa batté nella conta delle europee anche Berlusconi.
Perché lo streaming è più comunicazione che elemento per la decisione. L'incontro nella sala della Commissione Esteri di Montecitorio arriva quando i testi sono stati scritti, gli emendamenti presentati, al più come ha fatto Di Maio si prova a usarlo per dilatare i termini di chiusura. Immagini buone per un "meme" da far girare non per un testo da leggere, rileggere, per poi obiettare e cominciare a costruire. 
Ormai l'uso televisivo della rete da parte dei pentastellati è un gioco scoperto (anche le ultime analisi di Giuliano Santoro sottolineano come nella video-comunicazione M5S ci siano nuove invisibili, occulte tra virgolette, forme di mediazione) e possiamo affermare che lo "stil novo" dell'inquadratura dall'alto, gli stacchi con i primi piani su Di Maio o Renzi, non cambia la democrazia.
Ma negli specchi incrociati della comunicazione il casting generazionale in cui pesava l'assenza dei capelli grigi di Zanda e Grillo dai due lati del tavolo, sebbene entrambi giochino un ruolo nella partita attuale, porta a pensare che le differenze si annullano. Tra l'all in di Di Maio e l'hashtag #sorpresina di Renzi, le frasi di entrambi con lo stesso preambolo "chi ci sta guardando da casa", l'annuncio delle modifiche al testo sul sito PD (perché non su quelli di Camera, Senato o Governo? Perché la legge di tutti deve diventare la proposta PD dando il gancio al no a 5 stelle?) e la reprimenda sulla governabilità e la rappresentatività mixate al moralismo "noi non candidiamo indagati - noi votiamo per il loro arresto - voi avete le tessere", l'effetto era quello dell'intercambiabilità. O come diceva Berlusconi del "teatrino della politica". Con l'immagine sgranata, senza il conduttore del talk show, anche se non c'erano le poltroncine bianche e la sigla con il tema di "Via col vento" ognuno voleva avere l'ultima parola. Le affermazioni sugli squilibri dell'italicum, sul sindaco d'Italia, sulle funzioni diverse del Parlamento e del Consiglio comunale venivano usate solo per poter dire "un'ultima cosa", prolungando l'incontro solo per poter lasciare l'ultimo soundbite ai tg. Con i "prego parli lei, è stato gentilissimo, troviamo il punto di caduta,basta pizzini, mai più inciuci e larghe intese" per poi tornare ognuno sulle sue posizioni. Decise lontani dalle dirette streaming. In cui, come nelle elezioni della prima Repubblica, hanno vinto tutti. E tutti sono contenti. Così oggi Andrea Scanzi tuitta la foto in cui è sottobraccio a Alessandra Moretti.
Ps: Chi un mese fa dava M5S ormai per finito, oggi si pensa che il MoVimento si è fatto fregare? Se state pensando a una semplice replica dei due forni andreottiani non avete letto il dato delle europee come una certificazione della forza non scontata di Grillo e non considerate come ormai si è entrati nel tripolarismo, con M5S da oggi attore delle riforme quanto Forza Italia, come scrive acutamentePiero Ignazi su Repubblica.

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