Ma al Movimento 5 stelle convengono davvero le preferenze?
di Donato De Sena - 25/06/2014 - L'indicazione dei candidati penalizza il partito di Beppe Grillo. I numeri a confronto
C’è qualcosa che non torna nel piano del Movimento 5 Stelle sulla legge elettorale. Ilconfronto in diretta streaming tra esponenti del partito di Beppe Grillo e il premierMatteo Renzi sulla riforma del voto si è incentrato soprattutto sull’opportunità o meno di reintrodurre la preferenza come metodo per la selezione dei parlamentari. I 5 Stelle chiedono un cambiamento del sistema attuale, ma proprio la preferenza si è rivelata negli ultimi due anni uno dei fattori che alle elezioni ha maggiormente penalizzato i pentastellati, ancora molto legati al loro leader genovese, ai suoi tour di comizi e alla sua capacità di conquistare in campagna elettorale le prime pagine dei giornali e le aperture dei tg.
FLOP DEI CANDIDATI ALLE EUROPEE – Una dimostrazione di questo assunto arriva proprio dai risultati delle elezioni Politiche, Regionali ed Europee che si sono svolte nel 2013 e nel 2014, e dai quali emerge una forte capacità dei 5 Stelle di attrarre consensi quando gli elettori sono chiamati a scegliere esclusivamente un simbolo e, al contrario, delle difficoltà nelle competizioni in cui, oltre ai partiti, si confrontano liste di candidati a caccia di preferenze. Alle ultime Europee, ad esempio, il Movimento 5 Stelle ha ottenuto ad esempio su scala nazionale, in media, circa la metà dei voti conquistati dal Partito Democratico di Renzi (fermandosi al 21,2% contro il 40,8% del principale partito di centrosinistra), ma i candidati che hanno conquistato maggiori preferenze nelle liste del Pd hanno ottenuto consensi fino ad 8 o 9 volte maggiori rispetto a quanto portato a casa dai pentastellati. Nella circoscrizione dell’Italia Nord Occidentale, in particolare, il Pd è salito alle elezioni del 25 maggio scorso al 40,6% dei voti contro il 18,4 del Movimento 5 Stelle. Ma Alessia Mosca, prima eletta del partito di Renzi, con le sue 182mila preferenze si è assicurata un consenso oltre 8 volte più grande rispetto alla prima eletta del partito di Grillo (Tiziana Beghin, fermatasi al 22mila preferenze). Ovviamente il divario è stato ampio anche tra i secondi. Nel Pd infatti Sergio Cofferati è salito a 121mila voti contro i 21mila 900 del pentastellato Marco Valli. Stessa situazione che si è verificata nella circoscrizione Nord Orientale, dove il Pd ha fatto registrare il 43,5% dei voti contro il 19% del Movimento 5 Stelle e dove la prima eletta dei Dem, Alessandra Moretti, con 231mila preferenze ha portato a casa un consenso circa 9 volte maggiore rispetto a quanto incassato da David Borrelli, primo della lista 5 Stelle con 26mila voti. Un divario ampio è stato registrato anche in questo caso pure tra i secondi eletti. Flavio Zanonato, con le sue 96mila preferenze ha conquistato un consenso oltre 5 volte più grande di quanto ottenuto dal Marco Affronte, fermo a quota 18mila.
LISTE DEBOLI ALLE REGIONALI – Ma ci sono anche altri dati da considerare. Osservando i risultati del Movimento 5 Stelle alle competizioni Regionali si evince come le liste del partito di Grillo non riescano quasi mai a conquistare più voti dei candidati alla carica di presidente. È esattamente quanto avvenuto nel febbraio 2013 (in concomitanza con le Politiche) in Lazio e in Molise, nell’aprile 2013 in Friuli Venezia Giulia, nel novembre 2013 in Basilicata e a maggio 2014 (nel giorno delle Europee) in Piemonte, con l’unica eccezione delle Regionali in Lombardia dove con il 14,3% la lista 5 Stelle nel febbraio 2013 ha ottenuto una piccola quota di consenso in più della candidata alla presidenza Silvana Carcano.
ALLE POLITICHE E ALLE EUROPEE MEGLIO CHE ALLE REGIONALI – Le difficoltà nelle elezioni combattute sul territorio nel 2013 e 2014 dal Movimento emergono poi nel confronto con le elezioni nazionali caratterizzate da una campagna condotta quasi esclusivamente a mezzo stampa. Anche in questo caso è emerso un gap chiaro. Nel febbraio 2013 la lista pentastellata otteneva alle Regionali in Lazio il 16,6% dei voti contro il 25,9% conquistato nello stesso giorno alle Politiche (al Senato). In Lombardia dal 14,3% delle Regionali si saliva al 17,4% delle elezioni per il rinnovo del Senato. In Molise si oscillava dal 12,2 al 26,6%. In Friuli nell’aprile 2013 la lista 5 Stelle si fermava al 13,8% contro il 25,5% ottenuto due mesi prima al Senato. Maggior distacco in Basilicata, dove i 5 Stelle scendevano nel novembre scorso al 9,0%, alle Regionali, dal 22,9% delle Politiche di sette mesi prima. Meno voti anche un mese fa, alle Regionali in Piemonte, rispetto alle Elezioni Europee (che si svolgevano nello stesso giorno e che nonostante le preferenze sono ovviamente rispetto alle Regionali meno legate al radicamento sul territorio). Anche nell’ultima occasione il Movimento 5 Stelle si è fermato alle Regionali piemontesi sotto il dato delle elezioni di rilevanza nazionale: 20,3% di lista contro il 21,6% delle Europee.
AMMINISTRATIVE CON POCHE VITTORIE – Infine, i dati (anch’essi significativi) delle Amministrative, le elezioni in cui la battaglia delle preferenze è più che mai agguerrita. Fino ad ora i pentastellati, forti del 25,5% dei voti alle Politiche e del 21,2% alle Europee, hanno conquistato solo due degli oltre 100 comuni capoluogo di provincia italiani, Parma e Livorno. Insomma, rinunciare con forza all’ipotesi dei collegi uninominali e soprattutto dei listini bloccati attualmente in vigore (e previsti anche dall’Italiacum che piace sia al centrosinistra che al centrodestra di Silvio Berlusconi), a quanto pare, non sembra essere al momento una scelta vantaggiosa per la più giovane delle forze politiche. E seguire i consigli dei partiti di larghe intese, almeno in questo caso, potrebbe non essere una cattiva idea.
(Fonte foto: archivio LaPresse)
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