mercoledì 25 giugno 2014

E un problema così come lo risolvono Salvini e il nostro sen. Centinaio? E i grillini come fanno fronte ad un calo del PIL negli USA che si a catena si abbatterà sull'Italia. Ma certo con il reddito di cittadinanza o con il federalismo alla Bossi. Povera Italia.

Immobiliare Usa: c’è già il rischio bolla

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La vendita di case è sui massimi dal 2008. Per la Fed traina la ripresa, ma Fmi teme il collasso dei mutui. E il Pil crolla.
House for sale USAIl mercato immobiliare americano, dopo il rallentamento dei primi mesi dell’anno, dovuto per lo più alla straordinaria ondata di maltempo che aveva investito gli Stati Uniti, ha ripreso a marciare a passo sostenuto. Gli ultimi indicatori sembrano confermare la tesi della Federal Reserve, secondo cui il mattone è in buona salute e continuerà a fare da traino a una ripresa che a sua volta ha subito una battuta d’arresto nel primo trimestre: il Pil ha registrato una contrazione del 2,9%, la prima dal 2008 e la peggiore dal 2009, e soprattutto è stato molto superiore alle previsioni che davano al massimo un arretramento dell’1,8%.
LA CASA BIANCA AMMETTE LA FRENATA E SI ATTACCA AL MATTONE
E il Governo ha dovuto ammettere: «La ripresa dalla Grande Recessione resta incompleta e il presidente, Barack Obama, continuerà a fare il possibile per sostenerla». La Casa Bianca ha messo comunque in evidenza che i dati congiunturali più recenti indicano un’accelerazione. E soprattutto che stati rivisti al ribasso con la revisione delle spese dei consumatori per la sanità, molto più basse delle attese, e per le esportazioni. Il Governo si è affrettato a sottolineare che è un rallentamento temporaneo e che «i dati di Pil sono volatILI da trimestre a trimestre». E proprio il real estate potrebbe continuare a fare da traino come è stato finora. I dati, per ora, confermano, ma quello che ci si chiede è se non si stia formando un’altra bolla. Ecco 5 cose da guardare per capire dove andrà il  mercato.
1. DATI POSITIVI, VENDITE E PREZZI IN RIALZO Gli ultimi dati macro sono positivi: le vendite di case nuove, che già erano cresciute del 6,4% in aprile, a maggio hanno segnato un aumento del 18,6%, l’aumento percentuale più sostenuto dal 1992, a 504.000 unità, il massimo da maggio 2008. Su base annuale, ovvero rispetto a maggio 2013, il dato è in rialzo del 16,9%, una netta inversione di tendenza rispetto ai cali dei mesi precedenti. Sempre a maggio le vendite di case esistenti sono aumentate del 4,9%, il secondo rialzo consecutivo e un dato superiore alle previsioni degli analisti. Anche i costi delle case sono in aumento: l’indice Case-Shiller che misura l’andamento dei prezzi nelle maggiori aree metropolitane si è attestato in aumento superiore al 10% su base annuale e dell’1% circa rispetto al mese precedente. Da segnalare tuttavia che i nuovi cantieri avviati e la richiesta di permessi per costruire, segno dell’andamento futuro del mercato, in maggio si sono attestati in calo, a conferma del fatto che le incertezze non sono del tutto superate.
2. IL FMI METTE IN GUARDIA CONTRO NUOVE BOLLE I rischi sono tutti superati? La storia insegna che bisogna stare sempre in guardia e leggere i segnali: la crisi del 2008 è iniziata proprio dall’esplosione della bolla immobiliare e dal collasso del mercato dei mutui. E la storia può ripetersi. A lanciare l’allarme è stato il Fondo monetario internazionale: “Anche se la ripresa del mercato immobiliare è uno sviluppo benvenuto, bisogna alzare la guardia contro un altro boom insostenibile. Il real estate è un settore essenziale dell’economia di qualunque Paese e ha implicazioni sistemiche, che vanno analizzate in modo trasversale”, ha detto Min Zhu, vicedirettore generale dell’istituto.
3. MA LA FEDERAL RESERVE È PIÙ OTTIMISTA Al momento negli Stati Uniti il problema non c’è ancora: i prezzi delle case sono in rapido aumento, ma non sono sopravvalutati e sono ancora del 13,4% al di sotto della media di lungo termine rispetto ai redditi e solo del 2,6% al di sopra della media rispetto agli affitti. Secondo la Federal Reserve, come si leggeva nell’ultimo Beige Book, il rapporto sull’economia americana pubblicato ogni sei settimane, i prezzi delle case sono aumentati in modo sostenibile e il mercato degli affitti è “per lo più robusto”. Del resto non necessariamente si assisterà alla formazione di una bolla: in alcuni casi si tratta di un balzo dopo la brusca correzione subita durante la recessione, ma in altri si assiste a un aumento lento continuo, dunque sostenibile.
4. L’INCOGNITA DELL’IMPATTO DELLA POLITICA MONETARIA Proprio le scelte della Federal Reserve potranno incidere sull’andamento del mercato. La Banca centrale americana ha scelto la via di una politica monetaria estremamente accomodante: i tassi di interesse sono fermi ai minimi storici da dicembre 2008 e sono stati avviati tre round successivi di misure di stimolo all’economia, l’ultimo dei quali ancora in corso e in fase di riduzione (la conclusione del piano di acquisto di bond e titoli è attesa per l’autunno). Questo ha contribuito a tenere anche i tassi sui mutui bassi, incoraggiando dunque gli acquisti. Bisogna dunque vedere cosa succederà una volta che la Fed avrà sospeso il programma di quantitative easing e, soprattutto, quando comincerà ad alzare il costo del denaro, secondo gli esperti attorno alla metà del 2015.
5. IN CALO GLI ACQUISTI DI PRIME CASE Un altro elemento da tenere sotto controllo è il calo dell’acquisto di prime case, ingrediente fondamentale per un mercato immobiliare realmente in buona salute. Secondo i dati Markit, il mese scorso il numero di persone che hanno comprato un’abitazione per la prima volta è stato pari al 27% delle transazioni totali, un livello molto al di sotto della quota del 40-45% considerato ottimale dagli esperti. Il dato indica le difficoltà nel mettere da parte i soldi per l’anticipo e nell’avere un merito creditizio sufficientemente buono per ottenere un mutuo. Se soprattutto i giovani sono in affanno, lo stesso non si può dire dei pensionati e dei ricchi: il numero di offerte solo in contanti, provenienti più da singoli individui che da investitori tradizionali, secondo i dati di CoreLogic è salito del 40% a livello nazionale.

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