CONDANNATA PER TORTURA
L'Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea
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"Torturare le persone è un peccato mortale, è un peccato molto grave", ha detto Papa Francesco domenica 22 giugno.
In concomitanza con la sua invettiva e in occasione della giornata internazionale dedicata alle vittime di tortura (26 giugno), arriva la condanna all’Italia da parte della Corte di Strasburgo in merito al caso di Dimitri Alberti per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
Alberti venne fermato dai carabinieri l’11 marzo 2010 davanti al Café Tiffany di Cerea in provincia di Verona con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Ma arrivò in carcere 4 ore dopo con 2 costole rotte e un grosso ematoma sul testicolo sinistro. All'epoca aveva 38 anni.
In seguito, durante l’inchiesta che venne aperta dalla procura di Verona, le forze dell'ordine dissero che si era procurato quei danni da solo. Lui, invece, sostenne di essere stato malmenato quando già si trovava con le mani bloccate dietro la schiena. La questione venne poi archiviata, finché proprio ieri, il 25 giugno, la Corte Europea dei Diritti Umani si è pronunciata al riguardo.
Oggi Alberti ha 41 anni ed è ricoverato in stato neurovegetativo al Centro Riabilitativo Veronese di Marzana, in seguito a un’ischemia che lo ha colto mentre era in carcere.
La sentenza della Corte si somma alle condanne subite dall’Italia negli anni passati. Ecco i casi più emblematici:
Il 23 febbraio 2012 la Grand Chamber della Corte europea ha stabilito che il respingimento verso Tripoli dei 24 ricorrenti immigrati (appartenenti a un gruppo di circa 200 persone somale ed eritree) operato dalle navi militari italiane costituisce violazione dell'articolo 3 e violazione del divieto di espulsioni collettive.
Il 29 gennaio 2013 fece discutere il caso Bruno Cirillo, per carenza di trattamenti medici adeguati al precario stato di salute di un detenuto affetto da paralisi parziale del braccio sinistro.
L’8 gennaio 2013 la II Camera della Corte europea, con la sentenza nel caso Torreggiani e altri sette detenuti nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza, ha condannato lo Stato italiano per le condizioni in cui si trovavano reclusi: in celle triple e con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione.
Durante il G8 dal 19 al 22 luglio 2001, gli eventi conosciuti come i “fatti di Genova”, hanno scatenato reazioni contrastanti. Nella notte di quel famoso sabato, alcune delle persone che partecipavano alle manifestazioni sono state colte dall’arrivo della polizia mentre si trovavano nella scuola Diaz e portati nella caserma di Bolzaneto dove vennero sottoposti a una serie di maltrattamenti: "Furono costretti a rimanere per ore in posizioni dolorose, picchiati, minacciati di subire violenze e stupri e sottoposti a perquisizioni corporali eseguite in modo volutamente degradante e a ulteriori umiliazioni", si legge in un comunicato di Amnesty International del 14 giugno 2013.
Proprio oggi a Roma si terrà l’incontro dal titolo "Tortura: punto e a capo?" organizzato da Amnesty International Italia, Antigone e Cittadinanzattiva per l'introduzione del reato di tortura in Italia. Massimo Corti, di Acat (Azione Cristiani per l’Abolizione della Tortura), sostiene che: "Il disegno di legge sulla tortura in Italia non è un'ottima legge, dà una definizione di tortura diversa da quella data dall'ONU, ma almeno è un passo in avanti. L'approvazione del disegno di legge in Senato riempie un buco di 30 anni, nato dopo la firma della convenzione".
Firmata nel 1984 a New York, la Convenzione contro la tortura adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite è entrata in vigore il 27 giugno 1987. La prima versione della Convenzione europea per i diritti dell'uomo (Cedu) è stata approvata nel 1950.
L’Italia ha sottoscritto entrambe.
L’Italia ha sottoscritto entrambe.
In Italia il disegno di legge Manconi (approvato dal Senato il 5 marzo 2014, in attesa dell'approvazione della Camera) introduce il reato di tortura, ma con dei limiti: in primo luogo la definisce un reato comune che eventualmente, quando commesso da un pubblico ufficiale, trova un’aggravante; in secondo luogo, secondo Amnesty e Antigone, la proposta circoscrive la tortura soltanto a una violenza reiterata, escludendo casi come quello di Bolzaneto. Se verrà approvato, l'articolo 613-bis del Codice penale prevederà la reclusione da 3 a 10 anni, da 5 a 12 se il colpevole è un pubblico ufficiale, 30 in caso di morte accidentale del torturato e infine ergastolo in caso di morte volontaria.
Secondo Massimo Corti serve con urgenza una legge nazionale. "Questo tipo di processi tendono a rimanere stagnanti perché si teme che per le forze dell'ordine, in seguito ad una sentenza sfavorevole, deriverebbe una minore libertà d'azione. Eppure dove un reato di tortura esiste la polizia riesce ad agire per ottenere informazioni, sebbene nel rispetto della legge e dei diritti umani".
La maggior parte dei membri dell’Europa ha introdotto il reato di tortura nei propri ordinamenti, pur differenziandosi nelle forme della condanna.
La legislazione spagnola si attesta all’ultimo posto per entità della pena con una detenzione massima di due anni. La Germania invece, pur non prevedendo un reato specifico per la tortura o i trattamenti degradanti, presenta nel suo codice norme utilizzate per punire questo tipo di violenza con pene da 3 a 5 anni che possono diventare 10 nei casi in cui a commettere il crimine è un pubblico ufficiale.
Il sistema francese, che si avvicina molto a quello descritto dal decreto legge italiano in attesa di approvazione, prevede una pena che va da un minimo di 15 anni a un massimo di 30, fino ad arrivare all’ergastolo. È però il Regno Unito il Paese europeo che punisce in maniera più severa il reato di tortura: il Criminal Justice Act del 1988 lo condanna con la detenzione a vita.
Pur allontanandosi dai parametri internazionali, l’approvazione di questa legge permetterebbe all’Italia di adeguarsi finalmente ai grandi Paesi europei nella condanna di un crimine disumano.
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