Sciopero, “padroni”: un vantaggio! E’ anti Renzi. Neanche a Monti e Berlusconi
Pubblicato il 20 novembre 2014 13:49 | Ultimo aggiornamento: 20 novembre 2014 13:49
ROMA – Lo sciopero generale del prossimo 12 dicembre non preoccupa “i padroni”, parola del presidente di Confindustria che ieri, a proposito della mobilitazione indetta da Cgil e Uil, ha detto: “Le attività produttive sono talmente basse che gli scioperi non fanno sicuramente male. Anzi, forse è persino un vantaggio”. Giorgio Squinzi, ma non solo. Giampaolo Galli ora deputato Pd, una volta capo economista di Confindustria, spiega: “Lo sciopero crea molto danno quando la domanda tira e l’impresa rischia di perdere clienti. Ora invece in certe aziende e settori ci potrebbe essere un vantaggio”,
Un “vantaggio”?! Un vantaggio per le aziende, almeno molte, in cui si sciopera? Lo sciopero un vantaggio per i “padroni”? Paolo Agnelli, presidente di Confimi, associazione piccole e medie imprese manifatturiere: “Uno sciopero obbligato per i sindacati, un rito necessario per loro. Ma per le aziende in un momento come questo un giorno in meno di lavoro non è certo un problema”. E Angelo Bombassei, ex vice di Confindustria: “In questo caso lo sciopero danneggia soprattutto i lavoratori”.
Enrico Marro sul Corriere della Sera ha raccolto questi pareri sullo sciopero generale del dicembre 2014 visto da vicino dalla parte e con l’occhio delle aziende. Pareri che supportano il paradosso Squinzi: lo sciopero del 12 dicembre un vantaggio per le aziende, una giornata in meno di paga da versare e pochi o nessun danno al totale della produzione mensile.
Analisi, quella del ‘capo’ degli industriali, che muove dal punto di vista assolutamente particolare di Confindustria che, quasi fisiologicamente, è su posizioni opposte a quelle del sindacato. Ma analisi che, nonostante la parzialità di partenza, contiene una verità altrettanto assolutamente generale: e cioè che lo sciopero in questione non danneggia i “padroni” per il semplice e ottimo motivo che non è fatto, pensato e proclamato contro di loro. Lo sciopero di Cgil e Uil, soprattutto Cgil, è contro Matteo Renzi. Renzi e il suo governo sono la “controparte”, l’obiettivo, il bersaglio. Lo sciopero generale del 12 dicembre è un momento d una mobilitazione massiccia e studiata. Mobilitazione a guida Cgil e Fiom molto politica e molto poco sindacale. Non è che non si possa fare, certo che si può. Ma solo chiarendo la natura di sciopero politico contro Renzi si comprende perché lo stesso sciopero non faccia di fatto alcun male alle controparti aziendali, insomma ai “padroni”.
Scrive Federico Geremicca su La Stampa: “L’articolazione di iniziative sindacali e di scioperi già annunciati, delinea una resistenza – e anzi un contrattacco – di una durezza mai riservata, in epoca recente, a nessun altro governo prima: non a quelli di Silvio Berlusconi, non all’esecutivo ‘rigorista’ di Mario Monti e nemmeno al breve governo presieduto da Enrico Letta”.Fatto che non è sfuggito al premier che, giusto stamattina, lo ha sottolineato ai microfoni di Rtl 102.5: “I sindacati che non hanno fatto sciopero contro la Fornero e la riforma di Monti – ha ricordato il premier -, oggi hanno fatto più scioperi che negli anni precedenti. Siamo sicuri che sia protesta contro i contenuti o è soltanto una posizione politica?”.
La risposta la conosce ovviamente già molto bene il premier, e non a caso è molto più preoccupato ed interessato alla questione lui che non gli industriali, in una quasi totale inversione di ruoli, almeno rispetto alla concezione originaria che si aveva degli scioperi.
E lo sa talmente bene il premier che dopo averlo detto in radio ha ripetuto via Twitter, a beneficio di chi se lo fosse perso, che “la Camusso e Salvini sono due facce della stessa medaglia. Scommettono sulle cose che non vanno. Noi invece proviamo a cambiarle”. Formula nemmeno troppo criptica per ribadire che le mobilitazioni di questi e dei prossimi giorni non contengono, in fondo, rivendicazioni strettamente sindacali ma sono, in realtà, manifestazioni assolutamente politiche.
“La durezza dello scontro avviato – continua Geremicca – sottintende due verità tra loro solo apparentemente contraddittorie. La prima: che conviene archiviare l’accusa di ‘annuncite’ solitamente rivolta a Renzi (un governo che si fosse limitato ad annunci, non avrebbe scatenato una così possente risposta sindacale). La seconda: la parabola del premier sembra – essa sì – aver cambiato verso, e dopo mesi di ottimismo di fronte al presidente del Consiglio si profila una salita ripida e densa di rischi imprevedibili”.
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