domenica 16 novembre 2014

Il fenomeno non è Salvini. I fenomeni sono quegli ignoranti che votano Salvini e Grillo alternativamente.

Quel fenomeno di Salvini, in bilico tra razzismo e populismo 

Il segretario della Lega è un ottimo comunicatore. Ma al di là delle parole resta ben poco

Quel fenomeno di Salvini, in bilico tra razzismo e populismo
Paolo Ribichini
“Matteo Salvini è pravo”. Direbbe Razzi/Crozza. Però è bravo veramente. Nel senso che come leader e comunicatore ci sa fare. Ha risollevato la Lega Nord sprofondata ad un misero 3% a causa dei vari scandali che hanno investito anche la famiglia di “Re” Umberto Bossi. Ora, stando ai sondaggi il Carroccio vola al di sopra del 10%, erodendo voti a Berlusconi e a Grillo. Frutto di una campagna elettorale continua, iniziata qualche mese prima delle elezioni europee e mai interrotta.
Andare oltre la Lega. Salvini non gioca il ruolo di padrone del partito. Non gli interessa. Lui guarda all’altro Matteo, quello che siede a Palazzo Chigi. Renzi è sempre andato al di là del proprio partito, ad iniziare dalla Leopolda. L’obiettivo è semplice: parlare a tutti e non trincerarsi dentro i confini ideologici della propria lista. Sarà per questo che tra i leader si piazza al terzo posto con il 21% delle preferenze tra l’elettorato. Davanti a lui solo Matteo Renzi (che oscilla tra il 44 e il 48%) e Giorgio Napolitano (37%). E supera prima Silvio Berlusconi e poi anche il famigerato Beppe Grillo, il quale raccoglie meno preferenze rispetto al suo stesso partito (18% contro il 20% del M5S).
La tv è viva e lotta insieme a noi. Attivissimo sui social network e ancor più in tv, dimostra di saper muoversi al meglio con qualsiasi strumento mediatico, avendo compreso che si può vincere solo grazie ad un mix perfetto tra strumenti di comunicazione tradizionali e innovativi. Ma prima di tutto non disdegna la tv dove salta da un programma all’altro nel giro di poche ore. La tv non è finita e lui lo ha compreso bene. Basta una maglietta o una felpa con la scritta giusta sul petto ed il gioco è fatto.
Linguaggio semplice. Il suo modo di comunicare è semplice. Lo slogan alle elezioni europee (e non ancora abbandonato) è di una semplicità imbarazzante: “Basta Euro”. La moneta unica (più che i burocrati di Bruxelles) diventa il vero capro espiatorio della crisi, un buco nero dove far sparire anni e decenni di immobilismo politico e di errori di cui la Lega ha molte responsabilità. “Lo so, abbiamo sbagliato”, è la sua risposta quando qualcuno gli fa notare che molte cose che oggi lo stesso Salvini propone non sono state fatte quando la Lega deteneva la golden share della maggioranza di centro-destra.
Bravo comunicatore, ma proposte zero. Salvini è molto bravo nel fare opposizione. Spara ad alzo zero su Renzi tirando fuori argomentazioni che spesso sono mezze verità spacciandole per verità assolute. E questo in Italia funziona sempre. Quello che funziona di meno di Matteo Salvini è il livello delle proposte. Al di là della campagna No Euro, rimane ben poco. In primo luogo la formula “Prima la nostra gente” funziona ma porta con sé strascichi di razzismo e populismo. Sarà per questo che si accompagna con il gruppo di estrema destra CasaPound. Eppure è lo stesso che ieri indossava la maglietta “Padania is not Italy”. Poi c’è l’aspetto economico, sul quale invece tende ad abbracciare teorie neo liberiste: la sua ultima proposta riguarda lo shock fiscale da attuare – secondo il leader della Lega – immediatamente, con un taglio della tassazione al 15%, “come fanno alcuni stati americani”, dove però la sanità e il sistema di welfare sono privati. Insomma, al di là di questo, diciamolo, rimane ben poco. O forse niente.

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