sabato 22 novembre 2014

Da chi è gestito l'Aler? Chi indovina vince un viaggio premio in Albania. Nel viaggio premio è compresa una laurea.


REPORTAGE 

Milano San Siro, case occupate a due passi da Expo

Abbandonate dall'Aler, le case sono in mano alla malavita. Che chiede fino a 2 mila euro. I centri sociali invece non si fanno pagare. «Lottiamo, ma siamo soli». 

22 Novembre 2014

da Milano

Il quartiere San Siro, a Milano, ha la forma di un quadrilatero. Diviso a metà da una linea invisibile, ma estremamente netta.
Da una parte le strade delle case popolari, che qui sono tutte di proprietà dell'Aler. Dall'altra quelle dei privati, con lo stadio e l'ippodromo.
Un quarto d'ora in automobile da Rho-Fiera, dove sorge il sito espositivo di Expo 2015, e una condizione abitativa dominata da due fenomeni complementari, che per essere capiti vanno tenuti insieme.
Decenni di malagestione del patrimonio residenziale pubblico e centinaia di appartamenti occupati abusivamente. I primi addirittura negli Anni 60. Gli ultimi con un'impennata a partire da agosto 2014, il «mese dell'occupazione».
«QUI LE CASE SONO TUTTE DELL'ALER». Giulia Crippa, 26 anni, è nata e cresciuta in queste vie. Sua nonna, Lucia Guerri, è presidente del Comitato di quartiere San Siro. Un'autorità, da queste parti. Giulia ne ha raccolto da poco il testimone.
«Qui le case popolari sono tutte di proprietà dell'Aler», racconta a Lettera43.it. «I primi a venire ad abitarci, ormai 40 anni fa, sono stati gli immigrati del Sud, soprattutto calabresi. Quando c'erano i cartelli 'non si affitta ai meridionali'. Molti di loro sono stati abusivi per anni. Poi hanno avuto le sanatorie. Adesso, in ogni cortile, c'è almeno un appartamento occupato».
IL RACKET SI PAGA, FINO A 2 MILA EURO. Gli occupanti sono sia stranieri, soprattutto di nazionalità marocchina, egiziana oppure di etnia rom, sia italiani. Ma le occupazioni, a San Siro, non sono tutte uguali. Ci sono quelle della criminalità e quelle dei centri sociali. Da una parte il racket, dall'altra la cosiddetta auto-organizzazione.
Il tariffario della malavita può variare da 500 a 800 euro, ma tutto dipende dalla difficoltà dello sfondamento. In casi complicati, e per appartamenti particolarmente ambiti, magari perché messi un po' meglio degli altri, si può arrivare anche a 2 mila euro. 'Utenze' comprese, perché la criminalità offre un servizio completo: oltre a tirare giù la porta, su richiesta e dietro pagamento, correda l'appartamento di allacci abusivi all'energia elettrica e al gas.

I centri sociali invece non si fanno pagare

I centri sociali, invece (in zona è attivo il «Micene», associato al «Cantiere»), fanno un lavoro più artigianale. E soprattutto non si fanno pagare.
A rivolgersi a loro pare siano principalmente i nomadi, che in casa ci stanno poco e hanno esigenze, per così dire, ridotte. Un bar e un giardinetto sono i posti giusti per incontrare la manovalanza del racket, composta oggi prevalentemente da stranieri, che però il 'mestiere' lo hanno imparato dagli italiani.
Oltre a gestire le case popolari, la malavita qui conduce anche altri traffici. Ai grandi classici - spaccio, armi e prostituzione - si è aggiunto da poco un business più esotico. Quello delle macellerie islamiche clandestine.
ASILI ABBANDONATI E NESSUNA ASSISTENZA. Il degrado contro cui si batte il Comitato di Giulia, che a settembre ha trasferito a San Siro anche la sede della sua associazione Donne in rete, va avanti «da almeno 20 anni. Regione Lombardia non ha portato a termine i contratti di quartiere, gli appartamenti sono vecchi e non sono stati mai ristrutturati, a parte qualche eccezione. Spesso ci hanno pensato gli inquilini a spese loro. Il reato più grave, per me, è l'abbandono», dice Giulia con convinzione. Gli esempi non mancano.
In via Zamagna un ex asilo nido è in stato di abbandono da circa 30 anni. Nel quartiere risiedono quasi 1.000 persone che hanno sviluppato problemi psicologici. Ma non c'è un Centro Psico-Sociale (Cps), con il risultato che i malati, privi di assistenza, sono costretti a rivolgersi a quello di Bonola, in Zona 8.
L'OMBRA DEGLI IMPRENDITORI DELLA PAURA. Le tensioni, tra italiani e stranieri, tra abusivi e inquilini regolari, sono quotidiane. Ma Giulia ci tiene a precisare che a San Siro «non c'è un problema sicurezza».
Un problema di convivenza, questo sì. E di latitanza delle istituzioni, perché «l'abusivismo si combatte assegnando le case». Oppure facendo sanatorie mirate, da valutare caso per caso, «per evitare che succeda come negli Anni 80, quando sono stati regolarizzati anche i delinquenti».
Ma il dubbio che sul sistema-San Siro sia in atto una speculazione politica è forte: «Il quartiere è stato volutamente lasciato a se stesso», spiega Giulia. «Con le case popolari dell'Aler, si fa campagna elettorale. Per Salvini sindaco di Milano».

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