lunedì 30 giugno 2014

Articolo straordinario da leggere sicuramente.

Autostrade, fine concessione mai

I concessionari cercano sempre di ottenere rinnovi senza gara o proroghe. Ma lo Stato può subentrare
(Dan Kitwood/Getty Images)

(Dan Kitwood/Getty Images)

  
Alla scadenza della concessione, le autostrade potrebbero tornare gratuitamente allo Stato. Una norma semplice e mai applicata. Perché i concessionari cercano in ogni modo di ottenere rinnovi senza gara o almeno lunghe proroghe. Come utilizzare i pedaggi per risolvere il problema degli indennizzi.
La concessione di ogni autostrada prevede che, alla scadenza, l’infrastruttura venga devoluta gratuitamente al concedente, cioè allo Stato. Perché questa norma, così chiara, non viene applicata alle varie concessioni già scadute? È ben vero che l’Unione Europea impone che i rinnovi di concessione vengano assegnati per gara, ma certo non potrebbe obiettare se lo Stato, magari tramite l’Anas, si appropriasse dell’autostrada senza bandire alcuna gara.
L’ostacolo maggiore è rappresentato dall’indennizzo che lo Stato dovrebbe pagare al “vecchio” concessionario per gli investimenti realizzati e non ancora ammortizzati.

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Per aumentare le probabilità di rinnovo, con o senza gara, le concessionarie minimizzano nel tempo gli ammortamenti, aumentando così sia il profitto che l’importo dell’indennizzo in caso di subentro. Anche i nuovi investimenti (ad esempio, terze corsie) sono avviati negli anni a ridosso della scadenza, sempre per accrescere ulteriormente l’indennizzo di subentro.
I concessionari poi, forti anche dei loro appoggi politici, fanno di tutto per ottenere rinnovi senza gara o per evitare che ne vengano fatte di “vere” e aperte. La conseguenza è che, sino ad oggi, non si è riusciti a concludere nemmeno una gara per il rinnovo di una concessione. Per la Padova-Mestre è stata rinnovata senza gara a una società mista tra Anas e Regione Veneto. La Cisa e la Brescia-Padova hanno ottenuto lunghe proroghe con l’appiglio della costruzione di nuove tratte previste all’origine, in concessioni ormai vecchie di quaranta o cinquanta anni, ottenute al tempo senza gara e gratuitamente. Tre concessioni già scadute – Centropadane (settembre 2011), Autostrade Meridionali (dicembre 2012) e Autobrennero (aprile 2014) – continuano a essere gestite in proroga dalle stesse concessionarie.
Per la Centropadane una gara bandita nel 2012 è in “stallo” e la società minaccia di chiedere 320 milioni di danni allo Stato se non otterrà una proroga; a bilancio il valore dei beni devolvibili ancora da ammortizzare è di 260 milioni. Le Autostrade Meridionali indicano a bilancio un indennizzo di subentro di circa 400 milioni. In entrambi i casi, per evitare esborsi rilevanti da parte dello Stato, la scelta della gara per il rinnovo sembra appropriata, purché si riesca infine a fare delle vere gare, aperte anche a concorrenti.
casello, autostrada

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Ben diversa appare invece la situazione dell’Autobrennero. Una legge del 2010 prevedeva che l’Anas dovesse indire una gara entro l’anno. Bandita poi con un anno di ritardo, è stata contestata dalla concessionaria con vari ricorsi al Tar e dopo tre anni non pare vi sia ancora in vista alcuna soluzione, mentre continuano i tentativi di parlamentari della Regione di ottenere proroghe o lunghi rinvii mediante “colpi di mano” con emendamenti a leggi finanziarie inseriti all’ultimo momento. Nel bilancio 2012 i beni devolvibili ancora da ammortizzare sono indicati in 200 milioni. Non sappiamo se i piani finanziari (secretati) indichino cifre diverse, ci sarebbe comunque da aspettarsi semmai somme inferiori a quelle di bilancio, visto che non per tutti gli investimenti fatti dalle concessionarie c’è l’assenso dell’Anas. Se l’autostrada venisse devoluta allo Stato, senza bandire alcuna gara per rinnovo, l’esborso per l’indennizzo potrebbe essere finanziato a debito con grande facilità dall’Anas (o da un altro ente pubblico che subentri nella proprietà dell’autostrada) e rimborsato in poco più di un anno, considerando che l’autostrada produce un flusso di cassa operativo di oltre 150 milioni l’anno. Né sono previsti significativi nuovi investimenti.
Non si tratterebbe di una “nazionalizzazione” perché, con l’unbundling, tutte le (poche e semplici) attività gestionali (esazione, pulizia, manutenzione) potrebbero essere messe separatamente e periodicamente a gara e assegnate alle imprese private più efficienti (magari alla stessa vecchia concessionaria). Non ci sarebbero nuovi occupati nel settore pubblico, tranne i pochi addetti alla gestione delle gare. Il gettito dei pedaggi affluirebbe invece direttamente allo Stato (magari tramite l’Anas). Un esempio di questo sistema esiste già in Spagna.

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I pedaggi furono introdotti per finanziare il costo delle nuove autostrade. Logica vorrebbe dunque che, terminato l’ammortamento e la concessione, com’è nel caso dell’Autobrennero, i pedaggi venissero eliminati o quanto meno riportati a quanto necessario per coprire i soli costi di manutenzione. Mantenendo invece i pedaggi al livello attuale si genera un cospicuo flusso di profitto che ha la natura di imposta. È preferibile allora che sia lo Stato stesso a riscuotere questa componente d’imposta, piuttosto che venderla a un nuovo concessionario che, nella determinazione del prezzo offerto, applicherebbe certo un forte sconto al flusso di profitti atteso.
Con la devoluzione, si potrebbe avere anche una notevole riduzione di costi perché nelle gare per l’assegnazione dei vari servizi (esazione, pulizia, eccetera) vi sarebbe ampia e vera concorrenza: per manutenzioni e nuove costruzioni si potrebbero assegnare appalti “aperti” senza doverle affidare a imprese controllate in house. E si eliminerebbero tutti i costi societari come ad esempio i pletorici consigli di amministrazione.

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