sabato 5 luglio 2014

Federico Mello ha già scritto un libro su Grillo illuminante per comprendere le bugie del Generale Pound. Andrò ad acquistare il suo nuovo libro domani. Ricordando che é stato perseguitato dai grillini talebani ed in particolare da quel grande ignorante di Nik il Nero.

Grillo e quella legge elettorale votata dalla minoranza degli iscritti al portale

di   - 04/07/2014 - Sul suo libro "Un altro blog è possibile" Federico Mello fotografa luci ed ombre della grande macchina dei 5 stelle

Grillo e quella legge elettorale votata dalla minoranza degli iscritti al portale
Lo ha deciso il popolo dei 5 stelle sulla rete, è stato scelto dai nostri utenti sul portale. Si parla sempre, nel bene e nel male, dell’interazione dei 5 stelle in quel sistema cheBeppe Grillo sancisce oggi come democrazia diretta. Quella liason, spesso usata dalMovimento per garantire (o smentire) la linea indicata dal capo del Movimento.Federico Mello, leccese, classe 1977, è giornalista e studioso dei rapporti tra Internet e politica. Ha iniziato come blogger, poi ha lavorato ad Annozero, è stato nel gruppo dei fondatori de «Il Fatto Quotidiano» e direttore del sito del quotidiano «Pubblico». Ora lavora nella redazione di Servizio Pubblico e collabora con l’Huffington Post Italia. Il suo ultimo libro “Un altro blog è possibile” (edito da Imprimatur editore) spiega croci e delizie del mondo dei 5 stelle e della loro interazione on-line. Delizie, perché parla della rivoluzione che di fatto Beppe Grillo ha inserito nella politica italiana, croci perché mette a nudo ombre, dubbi e sopratutto cartoline amare di quello che è il sistema di gogna mediatica (utile in tal senso le parole della senatrice espulsa Adele Gambaro raccolte nell’opera) e di meccanismi di interazione che stanno alla base della vita a 5 stelle. Per esempio l’attuale “Democratellum”. che ha diversi punti in comune con la legge depositata settimane prima del voto on line in Parlamento e a firma del deputato Danilo Toninelli, non è stato votato dalla maggioranza della utenza del portale. Numeri alla mano per l’iniziativa hanno interagito solo il 30 per cento degli iscritti certificati.  Perché?
m5s federico mello
E c’è un’ultima architettura di scelta di beppegrillo.it che è importante riportare. È quella che riguarda la definizione della proposta di legge elettorale del M5S su beppegrillo.it. In questo caso, nei primi mesi del 2014, le cose sono state fatte per bene. Uno storico, Aldo Giannulli, ha spiegato in vari video e post quali tematiche particolari e generali implichino una riforma del sistema di voto nazionale e, successivamente, passo passo, gli iscritti a blog sono stati chiamati a votare e a decidere sui singoli punti arrivando a un risultato condiviso; rispetto ad altre architetture capestro non c’è dubbio che questo caso rappresenti, caso rarissimo sul blog, un’architettura più simile a un “wiki” che a un social network.
Nei nove quesiti presentati alla base, però (“Proporzionale o maggioritario?”; “Collegio uninominale unico, nazionale o intermedio?”; “Proporzionale puro o corretto?”; “La correzione al proporzionale”; “Soglie di sbarramento o no?”; “Quale soglia di sbarramento?”; “Quale percentuale per la soglia di sbarramento?”; “Una o più preferenze?”; “Il voto di preferenza”), si è assistito a un fenomeno che pochi hanno notato. Per essere iscritti votanti al Movimento 5 Stelle bisogna seguire una procedura online e inviare un proprio documento d’identità scannerizzato: una volta ricevuta una conferma, si è iscritti a pieno titolo. Ai tempi delle Quirinarie che premiarono Stefano Rodotà, gli aventi diritti al voto erano poco meno di 50 mila (48.292). A settembre 2013 il blog informava che questo numero era lievitato a 80 mila. Ebbene, è interessante notare che alle nove votazioni hanno partecipato in pochi: erano 32.847 i votanti al primo quesito, calati a 24.316 all’ultimo: il 30 per cento del totale degli iscritti. Insomma, si conferma che quando si ha a che fare con architetture di scelta articolate, nelle quali è richiesto un minimo di impegno, il numero dei partecipanti crolla. Bisogna aggiungere inoltre, che risulta di sicuro interesse la procedura messa in pratica dal Movimento e volendo potrebbe rappresentare una strada innovativa per aumentare la partecipazione di alcuni cittadini su alcune decisioni pubbliche.
Mi chiedo, però, se davvero una legge elettorale fatta online debba per forza risultare migliore di una redatta da specialisti (politologi, costituzionalisti, esperti di sistemi elettorali, scienziati politici, docenti di diritto costituzionale e di diritto pubblico comparato). Abbiamo visto che l’“effetto disinibizione online” provoca una sorta di credenza per la quale… “siamo tutti uguali”, che tende a minimizzare autorità e autorevolezza. Per carità, è sacrosanto il diritto a poter criticare chiunque, ancora di più se ricopre posizioni di potere e di prestigio. È anche vero, però, che competenza e autorevolezza sono medaglie che vanno guadagnate sul campo, con il tempo e l’impegno, e non è sufficiente un commento sui social network per autodefinirsi esperti di materie complesse; il diritto alla cittadinanza non implica anche il diritto alla competenza. Un altro mito che ci ha consegnato la Rete anni Novanta è l’“User generated content”, i contenuti generati dagli utenti. Si tratta di contenuti a volte buoni, a volte ottimi e di cui non sarebbe stato possibile fruire senza il web. Ma quando la complessità di progetti e idee aumenta, è quasi impossibile realizzare contenuti o prodotti di qualità. Sarebbe possibile tramite qualche discussione online progettare un’automobile o uno smartphone? In Rete si potrebbe scrivere un romanzo o una sceneggiatura di buona qualità?
Il mito dell’uomo comune online che tutto sa e tutto capisce è più una forma di propaganda che una realtà di fatto. Come recita una battuta fulminante che gira su Internet, se devo essere operato a cuore aperto, ho bisogno di un “chirurgo”, non di un “social chirurgo”. E non si capisce perché se ho bisogno di informarmi, invece che a un giornalista mi debba rivolgere a un “social journalist”; o perché per realizzare la legge elettorale che porti il mio Paese nella terza Repubblica debba chiedere a persone che hanno altre professionalità, altre competenze, altre passioni.
È questo un approccio alla politica che personalmente ho sempre contrastato: è lo stesso che ritiene che le soluzioni ai problemi pubblici e collettivi siano tecniche e non politiche. Un approccio simile ha fiaccato, per esempio, il movimento ambientalista “classico”: pensare che l’inquinamento aumenti perché non ci sono alternative verdi ai combustibili fossili è un modo inefficace di ragionare; le decisioni pubbliche sulle questioni ambientali discendono da rapporti di forza politici, non dalle soluzioni tecniche. L’ideologia grillina ha un approccio opposto: «Perché una massaia non può fare il ministro dell’economia?» ha chiesto una volta Grillo e «Siamo tutti giornalisti» è uno slogan che il blog ha ripetuto spesso. I 5 Stelle affermano continuamente di rappresentare i “cittadini”, come se questi fossero un corpo unico, come se tutti i “cittadini” avessero uguali bisogni e desideri. Non è così, non si può dimenticare che i “cittadini” appartengono quantomeno a classi sociali diverse. Anche sui territori la costruzione di un parcheggio, lo smantellamento di un parco, una decisione sulla mobilità, vedono sempre cittadini dagli uguali diritti su posizioni contrarie. È qui che interviene la politica, a questo serve, a far sì che il più votato scelga tra istanze diverse prendendosi responsabilità di governo per il bene di tutti. Il Movimento 5 Stelle la pensa diversamente. Al tal punto arriva il suo determinismo tecnologico che potrebbe prima o poi proporre di sviluppare un software, iGovernment, potremmo chiamarlo, che decida in base a dati e algoritmi la cosa giusta da fare per governare un Paese. Naturalmente, non funzionerebbe, perché su grandi quesiti un’unica soluzione giusta non esiste. Nonostante la potenza dei microprocessori, è meglio il confronto politico di qualsiasi algoritmo.

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