Toghe e politici nel marasma per il Csm
Guerre di potere e scontri tra correnti. L’intesa su Palazzo dei Marescialli è ancora in alto mare
Stavolta magistratura e politica si trovano sulla stessa barca, in un mare in tempesta. Tra i flutti c’è il rinnovo del Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno delle toghe che arriva a scadenza dopo quattro anni di mandato. È una delle partite più importanti del 2014, temporalmente vicina alla riforma della giustizia che da qualche settimana ha iniziato a prendere forma a Palazzo Chigi. Eppure vige ancora totale incertezza tanto per gli otto membri laici — la cui nomina spetta al Parlamento — che per i sedici eletti dalla magistratura. Dopo la fumata di nera di oggi, a Montecitorio si è deciso di rimandare il prossimo voto a giovedì 10 luglio. Nel frattempo tra le toghe continua lo scontro, iniziato con la faida in procura di Milano tra il procuratore Capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. È la guerra delle correnti, tra Magistratura Indipendente, Unicost e Magistratura Democratica che cercano di ritagliarsi un posto a palazzo dei Marescialli per i prossimi quattro anni. Ma gli ostacoli lungo la strada sono tanti. E il primo macigno riguarda proprio gli equilibri politici.
Alle ultime primarie di fine marzo la corrente di Md, vicina al centrosinistra, è uscita a pezzi. Fusa con i Movimenti nella corrente denominata Area non ha collezionato molti voti, al contrario di Mi e Unicost. È soprattutto la prima, la corrente più vicina al centrodestra, sostenuta dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri (fondatore di Magistratura Indipendente, ndr) a vantare in questo momento più consensi tra le toghe. E così con un Parlamento a maggioranza di centrosinistra, potrebbero essere proprio gli otto membri laici a bilanciare gli equilibri. Le toghe trattano da mesi su questa partita. Una scacchiera su cui qualcuno ha deciso di giocare anche le nomine dei nuovi capi della procure di Torino, Bari e Firenze. E forse non è un caso che proprio Md-Area sia riuscita a spuntarla sotto la Mole Antonelliana con uno storico esponente come Armando Spataro, ricompensa per un Csm che si promette a forte trazione di destra.
Non solo. Toghe e Parlamento dovranno tenere in conto anche la prossima elezione, a quanto pare sempre più imminente, del presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano potrebbe presto lasciare. Eppure secondo la nostra Costituzione è proprio lui a presiedere il Csm. In questi mesi il Capo dello Stato ha dimostrato di essere molto presente nella gestione dell’organo di autogoverno delle toghe (vedi la lettera inviata al vicepresidente Michele Vietti prima della decisione sullo scontro tra Bruti Liberati e Robledo). Intanto si chiude uno dei mandati del Csm più criticati nella storia della Repubblica Italiana, con il vicepresidente Vietti coinvolto di striscio anche in alcune inchieste della magistratura. Come Finmeccanica, dove l’ex ad Giuseppe Orsi avrebbe cercato di contattarlo per depistare le indagini.
Nel frattempo alle Camere i partiti faticano a trovare un accordo. Nella giornata di oggi deputati e senatori hanno votato a Montecitorio, senza riuscire ad eleggere gli otto componenti laici del Csm, né i due nuovi giudici della Corte Costituzionale. Il Parlamento in seduta comune ci riproverà giovedì prossimo. Sembra vicina l’intesa per i due giudici della Consulta, anche perché dopo la terza votazione andata a vuoto il quorum richiesto si è abbassato dai 2/3 ai 3/5 dei parlamentari. Circola con insistenza il nome dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, di area Pd. Meno scontata l’altra figura. Dopo aver individuato quattro candidature, il Movimento Cinque Stelle ha deciso di puntare sull’avvocato milanese Felice Besostri, già in prima linea nella lotta contro il Porcellum. Su di lui convergeranno anche altri voti, a partire da quelli di Sinistra Ecologia e Libertà. Rischiano però di non essere sufficienti. Ecco allora che il secondo giudice della Corte Costituzionale potrebbe essere espressione di centrodestra. Qualcuno scommette sul senatore berlusconiano Donato Bruno.
Ancora in alto mare l’accordo per gli otto membri del Csm. Cinque dovrebbero essere scelti all’interno della maggioranza (uno potrebbe essere espressione del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano). Gli altri tre dalle opposizioni. Nella commissione Giustizia di Montecitorio si dà per quasi certo il nome della deputata dem Anna Rossomando, avvocato penalista. Molto probabile dovrebbe essere l’elezione dell’ex Guardasigilli Paola Severino, protagonista del governo tecnico di Mario Monti. C’è chi punta sull’esponente Ncd Antonio Leone. Ma è all’interno di Forza Italia che sembra esserci parecchia agitazione. I nomi emersi con insistenza sarebbero almeno tre. Il senatore Ciro Falanga, campano, componente della commissione Giustizia di Palazzo Madama. Il deputato Carlo Sarro, vicepresidente della commissione Giustizia di Montecitorio. E Antonio Marotta, deputato anche lui, già membro del Csm una decina di anni fa. Particolare non irrilevante: in caso di elezione al Csm, le dimissioni dal Parlamento di Marotta aprirebbero le porte di Montecitorio ad Amedeo Laboccetta. Primo dei non eletti nella circoscrizione Campania 1 e vice coordinatore regionale di Forza Italia.
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