venerdì 4 luglio 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Ue - Matteo Renzi incassa il sostegno di Barroso e ricuce con Merkel. "Tre anni per le riforme, fidatevi"

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RENZI BARROSO

Quasi quasi si emoziona quando Manuel Barroso gli sviolina le sue lodi davanti alla stampa italiana e internazionale a Villa Madama. Pure per uno come Matteo Renzi forse è un po’ troppo. Il presidente della Commissione europea, arrivato a Roma con gli altri commissari in scadenza per incontrare il governo che guiderà l’Ue nel prossimo semestre, inizia sottolineando la “professionalità” con cui Palazzo Chigi sta organizzando il lavoro di presidenza. Va avanti ricordando che già anni fa aveva previsto che il sindaco di Firenze sarebbe diventato premier. Non pago, decanta la “carica, l’entusiasmo, la passione” del discorso di Renzi a Strasburgo. E poi arriva al punto che al premier italiano interessa di più: “Se un paese deve compiere degli sforzi per fare le riforme strutturali, bisogna dargli credito, se le fa presto…”, dice Barroso. Renzi chiede all’Ue tre anni di tempo, i “mille giorni che partono da settembre e terminano nel 2017”. Su questo oggi ha ottenuto l’ok di Barroso. Proprio mentre da Berlino il governo tedesco invia segnali di pace che smussanol’attacco tagliente della Bundesbank, quel “meno parole e più fatti” scagliato su Roma dal presidente della Buba, Jens Weidman. Renzi incassa lodi e sostegni e respinge le critiche. A muso duro contro i banchieri. Diplomatico con Angela Merkel: “Abbiamo un ottimo rapporto”.
E’ il portavoce della Cancelliera tedesca, Steffen Seibert, a gettare acqua sul fuoco. Weidman “parla a nome di una banca che agisce in modo indipendente e dunque non commento le sue dichiarazioni”, dice Seibert. Il quale poi smentisce contrasti con Roma: non c’è “nessuna divergenza” tra il governo tedesco e quello italiano, entrambi “vogliono fondamentalmente la stessa cosa” e cioè istituzioni europee che lavorano per la gente”. Sono posizioni che “ho molto apprezzato”, dice Renzi parlando a Villa Madama, consapevole che la sua risposta alla Germania stavolta deve essere perfetta e senza grinze, tanto che la pronuncia leggendola, niente improvvisazioni a braccio. “Non c’è nessuna polemica con il governo tedesco sulla gestione della flessibilità e stabilità”, scandisce Renzi. Prima, a braccio, aveva sottolineato che la posizione della Bundesbank non riflette quella della politica di Berlino. “Io non ho visto polemiche con politici tedeschi…”, premette, per poi partire all’attacco contro i banchieri teutonici, così come ha sempre fatto per quelli italiani.
“Credo che il compito della Bundesbank sia quello di assicurare il proprio obiettivo statutario, non di partecipare al dibattito politico italiano – attacca Renzi – Rispetto il lavoro della Bundesbank, quando ha il desiderio di parlare con noi è la benvenuta, ma io non parlo delle Landerbank o delle Sparkassen”, che sarebbe la cassa di risparmio tedesca, anche questa la legge sul foglietto, ligio. Ma “l’assunto di partenza è che l’Europa è dei cittadini e non dei banchieri, né tedeschi, né italiani”. Parole che spiegano perché il premier si ritenga soddisfatto delle parole di Seibert: quell’accenno alla “gente”, da parte del portavoce della Merkel, riscuote molto successo a Roma.
Sostanzialmente, il governo italiano chiede tempo per fare le riforme: costituzionali, pubblica amministrazione, lavoro, giustizia. E può contare sul sostegno di Barroso, con cui Renzi ha discusso il piano proprio oggi. “Vorrei lodare il presidente del Consiglio italiano per il piano di riforme che mi ha illustrato”, dice il presidente della Commissione Ue in conferenza stampa, senza freni nelle lodi. Certo, Barroso è un presidente in scadenza. Ma è anche vero che le nomine per la prossima commissione sono ancora oggetto di trattativa tra Pse e Ppe, a parte il nuovo presidente Jean Claude Juncker che dovrebbe essere eletto dall’Europarlamento il 15 luglio. Non a caso, Barroso oggi ha specificato di aver offerto solo in via transitoria (fino a novembre) il posto che è stato di Olli Rehn (neoletto a Strasburgo) al ‘falco’ rigorista finlandese Jyrki Katainen. Non sarà lui il prossimo commissario agli Affari Economici, “non ci sono decisioni prese per il futuro e in ogni caso le prenderà la prossima Commissione”, precisa Barroso.
Molto sta a Juncker, in ossequio a quelli che saranno gli accordi tra gli Stati sui prossimi commissari. Oggi il presidente designato si è lamentato perché tra i candidati dei governi per la nuova commissione ci sono “poche donne”. Parole che certamente rafforzano la candidatura italiana di Federica Mogherini all’incarico di Alto rappresentante agli Affari Esteri. Intanto, il gruppo del Pse, guidato dal presidente Gianni Pittella, incontrerà Juncker martedì. Obiettivo: assicurarsi il rispetto dell’Agenda strategica approvata dall’ultimo Consiglio europeo sull’uso pieno della flessibilità. “Juncker non ha una base minima”, dice Renzi, intendendo il fatto che la sua elezione dipende dall’accordo tra Ppe, Pse e liberali. Juncker “ha documento approvato dal Consiglio: credo che lo rispetterà. L’Italia ha votato Juncker perché c’è quel documento…”. Ma oltre al rispetto del documento Renzi e la truppa socialista stanno anche tentando di ottenere che la nomina transitoria di Katainen non si trasformi in permanente. A novembre, al posto di Rehn, vorrebbero vederci un francese o uno spagnolo, un non rigorista insomma, seppur Popolare. Insomma, una personalità di un ‘paese amico’, cruciale in questa fase di scontro tra rigore e flessibilità.

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