Tito Boeri: "Flessibilità? Lo 0,2% non ci cambierà la vita. La sfida è puntare con la Francia al posto di Rehn"
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“La trattative in Europa? Più che discutere di flessibilità il nostro Paese dovrebbe condizionare la scelta del prossimo Commissario agli Affari Economici e Monetari”. Ne è convinto il professor Tito Boeri che guarda con scetticismo all’esito del Consiglio Europeo, che ha visto dare grande enfasi al tema dell’utilizzo dei margini all’interno dei trattati comunitari. L’obiettivo, per Boeri, dovrebbe essere soprattutto puntare alla casella di Olli Rehn. Con un italiano o con il francese Mosocovici: “È lì che si decide la discrezionalità di cui stiamo parlando questi giorni”. E non solo trattare su qualche piccolo punto percentuale: “Non saranno due decimi di flessibilità che ci cambieranno al vita”. Intanto, in Italia, le prospettiva di crescita stimate dall’Istat sono inferiori alle previsioni del governo, e lo 0,8% di crescita per la fine dell’anno sembra sempre più lontano.
Professore, con i numeri diffusi oggi dall’Istat appare più difficile centrare gli obiettivi che il governo si è posto per la fine dell’anno. Che cosa può cambiare per il nostro Paese?
"Più ancora del dato reale è il dato nominale, cioè quello che incorpora l’inflazione, che preoccupa. Il governo stimava una crescita dell’1,7%. Con un’inflazione che tende a 0 a quel punto anche la crescita nominale, che poi è quella che conta per i conti pubblici, rischia di precipitare agli stessi livelli previsti dalla Commissione. Che già aveva fatto stime più prudenti".
"Più ancora del dato reale è il dato nominale, cioè quello che incorpora l’inflazione, che preoccupa. Il governo stimava una crescita dell’1,7%. Con un’inflazione che tende a 0 a quel punto anche la crescita nominale, che poi è quella che conta per i conti pubblici, rischia di precipitare agli stessi livelli previsti dalla Commissione. Che già aveva fatto stime più prudenti".
L’Istat dice anche che la deflazione non si allontana. Il “pacchetto Draghi” non ha sortito gli effetti sperati?
"La politica monetaria si trasmette difficilmente in modo unfirome nei vari paesi. Purtroppo, ed è uno dei dati più rilevanti, Draghi non è riuscito ad avere effetti sul cambio euro/dollaro. Solo il giorno dell’annuncio si è visto un piccolo scossone. Ci vorrebbe impegno forte con dichiarazione di capi di governo e dell’Unione Europea a far svalutare l’euro. Sarebbe un fatto molto importante. Anche un modo per creare inflazione".
"La politica monetaria si trasmette difficilmente in modo unfirome nei vari paesi. Purtroppo, ed è uno dei dati più rilevanti, Draghi non è riuscito ad avere effetti sul cambio euro/dollaro. Solo il giorno dell’annuncio si è visto un piccolo scossone. Ci vorrebbe impegno forte con dichiarazione di capi di governo e dell’Unione Europea a far svalutare l’euro. Sarebbe un fatto molto importante. Anche un modo per creare inflazione".
Il peggioramento del quadro economico e il rischio di mancare gli obiettivi europei rendono necessaria una manovra?
"Non credo. Penso che l’Italia per quest’anno debba evitare qualsiasi tipo di manovra correttiva. Certo per il raggiungimento del pareggio di bilancio il nostro Paese deve fino ad ora attrezzarsi in modo molto serio e fare passi decisi".
"Non credo. Penso che l’Italia per quest’anno debba evitare qualsiasi tipo di manovra correttiva. Certo per il raggiungimento del pareggio di bilancio il nostro Paese deve fino ad ora attrezzarsi in modo molto serio e fare passi decisi".
Le raccomandazioni del Consiglio ci hanno chiesto di anticipare al 2015 questo traguardo. Siamo nella condizioni di potere rispettare questo obiettivo?
"Fondamentalmente con un quadro di crescita di questo tipo ci sono i margini per chiedere alla Commissione di interpretare in modo diverso il pareggio strutturale, che è calcolato sulla base di una disoccupazione di equilibrio attorno al 12%. Su questo dato credo che si possa aprire una trattativa".
"Fondamentalmente con un quadro di crescita di questo tipo ci sono i margini per chiedere alla Commissione di interpretare in modo diverso il pareggio strutturale, che è calcolato sulla base di una disoccupazione di equilibrio attorno al 12%. Su questo dato credo che si possa aprire una trattativa".
Vuol dire che un primo banco di prova concreto della flessibilità di cui si parla può essere proprio una diversa modalità di calcolo del pareggio di bilancio strutturale?
"Esatto. Con questo andamento dei prezzi in Italia ci sono margini per dire all’Europa che la disoccupazione di equilibrio, che concorre al calcolo del saldo strutturale, così come calcolata va in qualche modo corretta. Certo se facessimo anche qualche riforma saremmo anche più forti".
"Esatto. Con questo andamento dei prezzi in Italia ci sono margini per dire all’Europa che la disoccupazione di equilibrio, che concorre al calcolo del saldo strutturale, così come calcolata va in qualche modo corretta. Certo se facessimo anche qualche riforma saremmo anche più forti".
Non stiamo facendo abbastanza?
"Il punto è che i tedeschi non si accontentano dell’approvazione di un disegno di legge delega. Vogliono vedere i decreti attuativi. Insomma dobbiamo fare uno sforzo in più, soprattutto sul fronte della rassegna della spesa. Avevamo promesso 15 miliardi per il 2015, mi risulta che si stia lavorando solo su 5".
"Il punto è che i tedeschi non si accontentano dell’approvazione di un disegno di legge delega. Vogliono vedere i decreti attuativi. Insomma dobbiamo fare uno sforzo in più, soprattutto sul fronte della rassegna della spesa. Avevamo promesso 15 miliardi per il 2015, mi risulta che si stia lavorando solo su 5".
Si è parlato tanto di flessibilità in questi giorni. Eppure la prima, vera, richiesta del governo Renzi – il rinvio del pareggio di bilancio – è stata bocciata. È stata sopravvalutata la presunta vittoria del governo in Europa?
"Ad essere sinceri la flessibilità nel comunicato ufficiale non si vede. Si dice soltanto che le regole sono già flessibili, ed in effetti sono già flessibili. I margini, se ci sono, sono quelli di cui si parlava prima. C’è poi la questione dei cofinanziamenti comunitari, su cui si può fare qualcosa. Ma il punto centrale riguarda il ruolo delle Germania.
"Ad essere sinceri la flessibilità nel comunicato ufficiale non si vede. Si dice soltanto che le regole sono già flessibili, ed in effetti sono già flessibili. I margini, se ci sono, sono quelli di cui si parlava prima. C’è poi la questione dei cofinanziamenti comunitari, su cui si può fare qualcosa. Ma il punto centrale riguarda il ruolo delle Germania.
In che senso?
"La vera svolta arriverà nel momento in cui anche la Germania si attiverà perché l’aggiustamento non sia concentrato solo sui paesi periferici ma anche lei cominci a fare la sua parte. E poi una strada importante sarebbe quella di un grande piano per i beni pubblici europei su cui impegnarsi, anche emettendo titoli di stato a livello comunitario, finanziandoli in questo modo".
"La vera svolta arriverà nel momento in cui anche la Germania si attiverà perché l’aggiustamento non sia concentrato solo sui paesi periferici ma anche lei cominci a fare la sua parte. E poi una strada importante sarebbe quella di un grande piano per i beni pubblici europei su cui impegnarsi, anche emettendo titoli di stato a livello comunitario, finanziandoli in questo modo".
Una sorta di project bond?
“Ci sono tanti strumenti a disposizione. In ogni caso noto una cosa. Il governo si sta preoccupando moltissimo delle nomine ma se ha un peso politico da esercitare lo deve esercitare soprattutto rispetto ai commissari che contano. Se c’è una certa discrezionalità sui parametri tecnici, questa discrezionalità spetta al Commissario per gli Affari Economici e Monetari”
“Ci sono tanti strumenti a disposizione. In ogni caso noto una cosa. Il governo si sta preoccupando moltissimo delle nomine ma se ha un peso politico da esercitare lo deve esercitare soprattutto rispetto ai commissari che contano. Se c’è una certa discrezionalità sui parametri tecnici, questa discrezionalità spetta al Commissario per gli Affari Economici e Monetari”
Sta dicendo che l’Italia dovrebbe puntare al posto di Olli Rehn anziché all’Alto Rappresentante per la Politica Estera?
"Diciamo che l’Italia dovrebbe almeno condizionare quella scelta. Non necessariamente mettendo un italiano, potrebbe essere anche il francese Pierre Moscovici. In ogni caso, qualcuno con una mentalità più aperta rispetto ai Paesi che sono in difficoltà".
"Diciamo che l’Italia dovrebbe almeno condizionare quella scelta. Non necessariamente mettendo un italiano, potrebbe essere anche il francese Pierre Moscovici. In ogni caso, qualcuno con una mentalità più aperta rispetto ai Paesi che sono in difficoltà".
Insomma, la trattativa più che sui trattati dev’essere su chi li interpreta.
"Penso che l’Italia non possa andare molto in là su quella strada. Deve trattare soprattutto per ottenere un impegno diverso da parte della Germania, rispetto a quello che ho detto prima. La battaglia sulla flessibilità ci può dare al massimo lo 0,1%, 0,2%. Non è questo 0,2 che ci cambierà la vita".
"Penso che l’Italia non possa andare molto in là su quella strada. Deve trattare soprattutto per ottenere un impegno diverso da parte della Germania, rispetto a quello che ho detto prima. La battaglia sulla flessibilità ci può dare al massimo lo 0,1%, 0,2%. Non è questo 0,2 che ci cambierà la vita".
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