Ue - Matteo Renzi si prepara al semestre di passione, vorrebbe poco rigore ma arriva l'alt della Germania: no alla flessibilità
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Se prima non era chiaro, da ieri è diventato lapalissiano. Matteo Renzi si prepara a un semestre italiano di presidenza europea di passione. “Sarà un semestre fatto anche di fango”, mettono in conto i suoi all’indomani del discorso del premier a Strasburgo, all’indomani della guerra scatenata dai più rigoristi del Ppe contro tutto il blocco socialista che chiede maggiore flessibilità nell’interpretazione del Patto di stabilità e crescita. Mentre all’Europarlamento parte la trattativa tra il Pse e il popolare Jean Claude Juncker sul programma della prossima commissione Ue sotto la sua presidenza (martedì l’incontro), a Roma il premier mette in fila tutti i segnali raccolti nella prima giornata di presidenza italiana dell’Unione. Proprio per prepararsi alla battaglia. Schema tattico, pro e contro, punti di forza e di debolezza. Il fronte è uno solo: quello che contrappone il nord rigorista di Germania, Olanda, Finlandia e vari satelliti all’est - tipo la Polonia - contro il sud di Italia, Francia Spagna, Grecia. E’ un fronte che spacca anche lo stesso Ppe. E questo per Renzi è il primo punto di forza. Quello di debolezza: il rischio di arrivare all’autunno con la sola approvazione in seconda lettura della riforma costituzionale del Senato. Chissà se basterà a fugare il fantasma di una manovra correttiva o quello decisamente peggiore di una procedura di infrazione Ue per debito eccessivo nel 2015. Intanto, con tutto il Pse il premier cerca di piazzare un popolare non rigorista, francese o spagnolo, al posto del potente commissario agli Affari economici Olli Rehn, per bloccare la proposta dei falchi del Ppe: il finlandese Jyrki Katainen.
Debito, tallone d'Achille - La scommessa renziana è che non ci sarà né la manovra correttiva, né la procedura di infrazione. Anche se oggi desta preoccupazione lo studio di Mediobanca, che prevede una manovra pesante, da almeno 10 miliardi dopo l'estate. Ma il premier punta a mettere in cantiere anche la legge delega sul lavoro, la riforma della pubblica amministrazione e magari anche quella della giustizia. Cioè materie che incidono davvero sul bilancio dello Stato e che quindi sono di forte impatto sia in termini di risposte all’Ue che si riorganizzazione della macchina statale italiana. Il punto è che però il tempo stringe. L’asse del Nord esige segnali concreti prima di aprire all’uso pieno della flessibilità dei trattati previsto dall’Agenda strategica approvata dal Consiglio europeo la scorsa settimana.
Il richiamo puntualissimo al rigore arriva infatti dalla Germania. Proprio oggi Jes Weidmann, presidente della Bundesbank, ha detto chiaramente che "le riforme non devono essere solo annunciate ma anche realizzate". "I tassi sui titoli di Stato italiani e spagnoli non sono mai stati così bassi": la crisi può dare "contraccolpi" e dunque meglio non invocare la flessibilità. Weidmann non ha risparmiato il sarcasmo nei confronti di Matteo Renzi, dandogli indirettamente del presuntuoso: "Il premier italiano dice che la fotografia dell'Europa è il volto della noia e ci dice cosa dobbiamo fare". A Weidmann si è aggiunto il ministro delle Finanze Schaeuble ricordando che i sei miliardi messi a disposizione dall'eurozona non sono stati utlizzati: "Rifiuto il tema della flessibilità. Abbiamo bisogno di crescita questo sì, e di investimenti".
Il sostegno di Napolitano - Innanzittutto in Italia Renzi conta su un sostegno molto importante: quello di Giorgio Napolitano. Oggi il presidente della Repubblica ha incontrato i commissari Ue come di prassi all'inizio di ogni nuovo semestre. Per il capo dello Stato è stata l'occasione per sottolineare che in fatto di conti pubblici "abbiamo fatto molto negli ultimi anni: l'aggiustamento della finanza pubblica che c'è stato in Italia negli ultimi anni può sfidare qualsiasi termine di paragone". E poi Napolitano ha lodato il discorso di Renzi a Strasburgo: "Molto appassionato". Ora, "dobbiamo riuscire a combinare la coerenza dei nostri impegni per il risanamento della finanza pubblica con l'obiettivo diventato ormai imperioso del rilancio della crescita e dell'occupazione".
Pse compatto sulla flessibilità - Innanzitutto, Renzi sa di poter contare su tutto il gruppo socialista. Ieri, alla fine del dibattito in aula a Strasburgo, il capogruppo Gianni Pittella ha riunito gli eurodeputati del Pse e nessuno ha messo in discussione la linea. Che è quella di esigere da Juncker “parole chiare sulla flessibilità”, prima di accordargli il voto il 15 luglio, quando l’Europarlamento lo eleggerà alla presidenza della Commissione. Sarà anche un’arma spuntata, nel senso che difficilmente il Pse potrà sfilarsi dall’intesa con Ppe e Liberali su Juncker, ormai l’intesa è blindata. Però il negoziato con lui è iniziato e non si ferma alla sua elezione ma andrà avanti su ogni proposta della commissione: destinata a non passare in Parlamento senza i voti socialisti.
Ppe spaccato sul rigore - Gli altri punti di forza che Renzi vede davanti a sé sono la spaccatura interna ai Popolari, ma anche l’isolamento della Germania. A Strasburgo, per dire, nel Pse si chiedono “a nome di chi parli il Ppe”, che oggi ha diffuso un documento sul programma della prossima commissione chiedendo che le regole di governance economica non subiscano “alcun cambiamento o concessione motivata da ragioni politiche” e chiedendo l’istituzione di un “supercommissario all’economia che sia anche presidente dell’Eurogruppo”. L’impressione diffusa tra i socialisti è che i Popolari francesi e spagnoli non siano sulla stessa linea dei tedeschi in fatto di flessibilità. E esibiscono le parole del commissario uscente al mercato interno, il Popolare francese Michel Barnier, che oggi, in visita a Roma dove ha tenuto un’audizione in Parlamento e incontrato Giorgio Napolitano al Quirinale, si è detto entusiasta di Renzi: “Dinamismo, volontà” e “fonte di fiducia”. E poi ci sono i Popolari italiani: sono in difficoltà, tanto che dentro Forza Italia è già iniziata la discussione sull’opportunità di uscire dal Ppe, se la linea resta quella rigorista.
Dopo Olli Rehn - Ora, dopo aver chiuso l’accordo su Juncker, la battaglia si sposta sul prossimo commissario agli Affari Economici. I popolari tedeschi, olandesi e finlandesi vorrebbero metterci il rigorista di Helsinki Katainen. L’Italia insieme a Francia e Spagna punta invece ad un popolare francese o spagnolo, il che suggellerebbe l’alleanza con Madrid e Parigi nella battaglia sulla flessibilità (e spiega anche perché Roma per sé ha sempre chiesto solo l’Alto rappresentante agli Affari Esteri candidando Federica Mogherini). Proprio per suggellare l’intesa con la Francia, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz è volato oggi da Francois Hollande all’Eliseo: più flessibilità è il messaggio per Berlino.
Merkel isolata? - Perché l’isolamento della Germania è un fattore su cui Roma scommette molto. Fino a ieri, si ragiona nella cerchia del premier, Berlino poteva contare su Parigi. Ora fa squadra con Olanda e Finlandia. Certo, è un quadro che non dà garanzie certe. Ma delinea margini di azione sulla flessibilità, dicono fonti di governo, certi che anche solo il primo segnale della riforma del Senato sarà sufficiente per bloccare le rappresaglie rigoriste meditate al nord. La battaglia è appena iniziata. E lo specchio dell’inizio dei giochi è sui giornali del continente, all’indomani del discorso di oggi.
I media stranieri - Da una parte l’entusiasmo dei francesi e spagnoli, dall’altra le critiche dei tedeschi. Si va da "Renzi sveglia l'Europa" di Liberation, secondo cui "Bruxelles ha ceduto, senza troppe resistenze, alla renzimania”, alla “Nuova odissea europea di 'Telemaco' Renzi", per Le Monde, secondo cui l'ex sindaco di Firenze "ha chiesto all'Europa di ritrovare la propria anima e spinge per la crescita". E poi: "La Renzimania si impossessa dell'Ue", scrive Le Figaro che rincara: "L'infatuazione per il presidente del consiglio italiano dimostra anche l'attuale declassamento della Francia". Lo spagnolo El Pais: "Renzi chiama a recuperare l'anima dell'Europa per lasciare alle spalle la crisi". Poi però ci sono i tedeschi. La Sueddeutsche Zeitung scrive che “Renzi deve far seguire alle sue animate parole i fatti. Su questo è manchevole". Ma c’è da dire che l'Handelsblatt, giornale vicino agli imprenditori tedeschi, parla di “Rinascimento italiano dopo il bunga bunga”. Guardando oltreoceano, l’International New York Times registra che Renzi si è “messo in rotta di collisione con la Germania”: premier “carismatico e riformista". Tanto da stimolare la feroce rappresaglia degli avversari, come la Merkel, non solo l’acquiescenza degli alleati, come Hollande.
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