giovedì 3 luglio 2014

Grande Peppino Caldarola. Sono anni che scrivo le stesse cose dette da lui.

Peppino Caldarola

Cgil, Susanna Camusso e i mali del sindacato

Una forza conservatrice che pensa solo ai suoi iscritti. E non a cambiare l'Italia. Per questo servirebbe un avviso di sfratto a tutta la dirigenza.

MAMBO
editoriale
Lo scrivo con la morte nel cuore ma con la lucida consapevolezza dell’evento non più rinviabile: se deve restare Susanna Camusso alla guida della Cgil, tanto vale scioglierla (la Cgil, perché la Camusso si è già sciolta da sola).
Non era mai accaduto che il più grande sindacato italiano passasse alla clandestinità in tempi di democrazia trionfante.
Abbiamo avuto stagioni produttivistiche, altre più attente al salario, momenti in cui il sindacato rifletteva su stesso e su come riunificarsi con modelli organizzativi nuovi.
Abbiamo persino avuto un segretario confederale, Sergio Cofferati, che si era convinto - non lo pensò neppure Giuseppe Di Vittorio - che la Cgil dovesse dirigere la sinistra.
UN SINDACATO TOTALMENTE IRRILEVANTE. Mai avremmo immaginato che sarebbe arrivata la stagione dell’irrilevanza politica, del sindacato che non sa che pesci pigliare e che ogni volta che vede una brutta battaglia, tipo quella sulla Rai, ci si tuffa, non fosse mai che in questo Paese cambi qualcosa.
Perché questo sia successo è del tutto chiaro.
Il sindacato da tempo non è interessato a costruire l’Italia, tanto meno un’Italia nuova, ma bada, non riuscendovi, a difendere i suoi iscritti.
Da anni la selezione del suo gruppo dirigente avviene per vie che più interne non si può. Carriere d’apparato oscure che esplodono in nomine importanti, portando alla ribalta personaggi che nel loro ruolo precedente erano significativi mentre cresciuti di carriera diventano irrilevanti.
Camusso è una di questi. Sempre imbronciata, con lo sguardo severo di chi guarda il mondo dall’altro in basso, di chi detiene un potere di veto assoluto, di chi sa che cos’è la sinistra e cos’è la destra manco fosse Giorgio Gaber, la segretaria del più grande sindacato italiano sta portando la Cgil a fare la fine della Concordia. E neppure scende da bordo, cazzo.
I tanti militanti della Cgil, persino il premier, dovrebbero spingere il sindacato di Di Vittorio, Lama e Trentin e di tanti personaggi minori di grande storia a fare un colpo di Stato interno. Via tutti. Proprio tutti.
LA CGIL NON PUÒ VIVERE DI RIMESSA. La Cgil non può essere ridotta a una figuretta della scena pubblica italiana. Non può perdere la voce, non può tacere sulle grandi scelte, non può vivere di rimessa.
In queste settimane di renzismo dilagante una cosa si è capita: non già cosa porterà a casa il premier, ma che cosa si vuol dire quando si sostiene che una parte della sinistra è bacchettona, frenatrice, conservatrice.
È un mondo guidato dai Chiti e dai Mineo, cioè da nessuno, che dice no perchè non sa articolare un sì.
E accade lo stesso nelle varie correnti di sinistra del Pd che stanno dando uno spettacolo talmente penoso da sembrare inventate dalla fantasia di Luca Lotti, l’esuberante uomo di mano di Renzi alla ricerca di avversari finti del suo capo.
Tuttavia, finché la sinistra si fa rappresentare in politica dai “momios” passi pure, ma il sindacato?
Mandate una delegazione operaia nella sede della Cgil con un avviso di sfratto e le stanze della segreteria datele a gente fresca, giovane o no, che sappia fare il sindacato. Sono sicuro che c’è.
Domenica, 29 Giugno 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA

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