GUERRA & TECNOLOGIA
Dati personali rubati. Password svelate. E conti correnti violati. La guerra dell'Is (Stato islamico) passa anche dal web grazie agli hacker. Che spesso arrivano da lontano per arruolarsi nelle fila dei miliziani neri e rimpolpare le casse dei jihadisti rubando milioni dagli istituti di credito.
Per esempio, online circola da qualche tempo il «Lizard Squad», lo squadrone di Lizard, il cui nome è mutuato da uno dei nemici di Spiderman.
ATTACCHI AL VATICANO. Il gruppo di hacker ha da poco rivendicato un attacco informatico contro il Vaticano sul proprio profilo Twitter. «L'abbiamo mandata offline, tutti gli infedeli moriranno», hanno scritto sul loro profilo del social network.
Potrebbe essere una semplice goliardata di qualche giovane, ma nel dubbio il Fbi, che dà la caccia agli hacker al soldo dell'Is, sta investigando. Anche perché, oltre ad aver messo nel mirino il Vaticano, il gruppo ha rivendicato l’attacco ai server di Sony e ad altri network, come Battle.net.
Per esempio, online circola da qualche tempo il «Lizard Squad», lo squadrone di Lizard, il cui nome è mutuato da uno dei nemici di Spiderman.
ATTACCHI AL VATICANO. Il gruppo di hacker ha da poco rivendicato un attacco informatico contro il Vaticano sul proprio profilo Twitter. «L'abbiamo mandata offline, tutti gli infedeli moriranno», hanno scritto sul loro profilo del social network.
Potrebbe essere una semplice goliardata di qualche giovane, ma nel dubbio il Fbi, che dà la caccia agli hacker al soldo dell'Is, sta investigando. Anche perché, oltre ad aver messo nel mirino il Vaticano, il gruppo ha rivendicato l’attacco ai server di Sony e ad altri network, come Battle.net.
PURE SONY NEL MIRINO. Non solo: gli hacker hanno segnalato alla compagnia American Airlines che il volo in cui si era imbarcato John Smedley, presidente di Sony online entertainment aveva esplosivi a bordo. L'aereo, a quel punto, è stato immediatamente dirottato verso Phoenix per effettuare tutti i controlli necessari.
I RIFERIMENTI ALL'IS. Come spiega a Lettera43.it Veryan Khan del Trac, il Consorzio di ricerca e analisi sul terrorismo con sede negli Usa, potrebbe trattarsi solo di «ragazzini», ma nei loro attacchi si rifanno ai jihadisti: «Interessante notare l’uso che fanno di termini come 'Kafir' (letteralmente «infedele», ndr) e il riferimento allo Stato islamico (Is). Da valutare anche il modo in cui stanno usando Sony», è la tesi dell'esperta.
I RIFERIMENTI ALL'IS. Come spiega a Lettera43.it Veryan Khan del Trac, il Consorzio di ricerca e analisi sul terrorismo con sede negli Usa, potrebbe trattarsi solo di «ragazzini», ma nei loro attacchi si rifanno ai jihadisti: «Interessante notare l’uso che fanno di termini come 'Kafir' (letteralmente «infedele», ndr) e il riferimento allo Stato islamico (Is). Da valutare anche il modo in cui stanno usando Sony», è la tesi dell'esperta.
HACKER E GIUSTIZIERE. Ciò che preoccupa, infatti, è il richiamo costante all’Is nei loro messaggi: il gruppo continua a cinguettare, con toni provocatori, inneggiando ai combattenti islamici e alla jihad.
Se, come dice Khan si trattasse di «usare la tattica del piggybacking (in pratica la trasmissione di un messaggio attraverso un altro messaggio, ndr)» sfruttando l’interesse mediatico per l'Is per attirare l’attenzione sulle proprie gesta non ci sarebbe troppo da preoccuparsi.
Se, come dice Khan si trattasse di «usare la tattica del piggybacking (in pratica la trasmissione di un messaggio attraverso un altro messaggio, ndr)» sfruttando l’interesse mediatico per l'Is per attirare l’attenzione sulle proprie gesta non ci sarebbe troppo da preoccuparsi.
Junaid Hussain: arrestato nel 2012 e poi trasferitosi in Siria
Ma se il «Lizard Squad» volesse seguire le gesta di Junaid Hussain, altro nome noto all'intelligence, allora sarebbe un problema. Visto che voci di corridoio, fa sapere Trac, indicano l'hacker nel gruppo delgli esecutori della decapitazione di James Foley.
Nel 2012, il 20enne di Birmingham finì in prigione per aver rubato e pubblicato online informazioni personali sull'ex premier britannico Tony Blair. Ma, rilasciato un anno dopo, decise di trasferirsi in Medio Oriente.
TUTOR DEI JIHADISTI. Mentre si trovava ancora sotto la supervisione della polizia, Hussain partì per la Siria. E gli esperti sospettano che la sua missione fosse quella di insegnare ad altri hacker come aggirare il codice usato per proteggere le password e i dati sensibili. Il tutto per permettere ai jihadisti di saccheggiare i conti in banca e comprare più armi.
MINACCE ALL'OCCIDENTE. Ma non è finita. Perché Hussain, sotto lo pseudonimo di Abu Hussain al Britani e celandosi dietro a una sciarpa, pubblicò alcune foto mentre imbracciava un fucile. Inoltre, a inizio 2014, su Twitter lanciò la sua minaccia: «Un giorno la bandiera dell'Is sventolerà a Downing Street e alla Casa Bianca».
Tuttavia, Hussain è solo uno dei tanti hacker pro jihad.
TECNICHE APPRESE IN UK. Secondo il Daily Mirror, negli ultimi tre mesi diverse istituzioni finanziarie sarebbero state hackerate da utenti con un indirizzo Ip (l'etichetta numerica che identifica univocamente un dispositivo e la sua ubicazione) di Siria e Iraq.
I jihadisti, ha spiegato Anthony Glees professore del Centro per gli studi di sicurezza e intelligence, avrebbero usato tecniche apprese nelle università del Regno Unito. Mentre brillanti geni dell'informatica sarebbero stati reclutati dall'Is per derubare milioni da banche e imprese con sede in Gran Bretagna.
BOOM DEL CYBER SPIONAGGIO. Che i miliziani neri puntino sul web l'hanno confermato anche i ricercatori di IntelCrawler, con sede in California. Il gruppo di studiosi ha, infatti, rilevato un sensibile incremento nell’uso di strumenti di cyber spionaggio, botnet e malware in Iraq, e in particolare a Baghdad, Erbil, Bassora e Mosul. La 'guerra santa' dei jihadisti passa anche da internet.
Nel 2012, il 20enne di Birmingham finì in prigione per aver rubato e pubblicato online informazioni personali sull'ex premier britannico Tony Blair. Ma, rilasciato un anno dopo, decise di trasferirsi in Medio Oriente.
TUTOR DEI JIHADISTI. Mentre si trovava ancora sotto la supervisione della polizia, Hussain partì per la Siria. E gli esperti sospettano che la sua missione fosse quella di insegnare ad altri hacker come aggirare il codice usato per proteggere le password e i dati sensibili. Il tutto per permettere ai jihadisti di saccheggiare i conti in banca e comprare più armi.
MINACCE ALL'OCCIDENTE. Ma non è finita. Perché Hussain, sotto lo pseudonimo di Abu Hussain al Britani e celandosi dietro a una sciarpa, pubblicò alcune foto mentre imbracciava un fucile. Inoltre, a inizio 2014, su Twitter lanciò la sua minaccia: «Un giorno la bandiera dell'Is sventolerà a Downing Street e alla Casa Bianca».
Tuttavia, Hussain è solo uno dei tanti hacker pro jihad.
TECNICHE APPRESE IN UK. Secondo il Daily Mirror, negli ultimi tre mesi diverse istituzioni finanziarie sarebbero state hackerate da utenti con un indirizzo Ip (l'etichetta numerica che identifica univocamente un dispositivo e la sua ubicazione) di Siria e Iraq.
I jihadisti, ha spiegato Anthony Glees professore del Centro per gli studi di sicurezza e intelligence, avrebbero usato tecniche apprese nelle università del Regno Unito. Mentre brillanti geni dell'informatica sarebbero stati reclutati dall'Is per derubare milioni da banche e imprese con sede in Gran Bretagna.
BOOM DEL CYBER SPIONAGGIO. Che i miliziani neri puntino sul web l'hanno confermato anche i ricercatori di IntelCrawler, con sede in California. Il gruppo di studiosi ha, infatti, rilevato un sensibile incremento nell’uso di strumenti di cyber spionaggio, botnet e malware in Iraq, e in particolare a Baghdad, Erbil, Bassora e Mosul. La 'guerra santa' dei jihadisti passa anche da internet.
Martedì, 26 Agosto 2014
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