domenica 24 agosto 2014

E pensare che ci sono politici e non politici che pensano ai dazi doganali. Ma dove vivono. Non hanno capito come si muovono liberamente i capitali nel mondo?

Le amare sorprese del vino in Cina

Crollano le vendite, soprattutto dei vini francesi. E per i cinesi è ora i comprare i vigneti in Usa
(WANG ZHAO/AFP/Getty Images)

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VINO / CINA / EXPORT / ARCHEA / NAPA VALLEY
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Mai pensare di aver capito tutto della Cina. Lo hanno scoperto gli operatori del vino che erano già rimasti perplessi sul calo del 2013 quando il mercato locale aveva fatto segnare -0,5% sul valore. Ma pochi avrebbero pensato al crollo del primo trimestre 2014, con una perdita di circa il 20% sia a volume (-62 milioni di litri) che a valore (-312 milioni di dollari). Il maggior calo (-30%) lo registrano i vini francesi (i mitici Bordeaux nel primo trimestre 2014 hanno perso il 20% in volume e il 22% in valore!) ma notevoli riduzioni le registrano anche Australia e Usa (-20% in volume). Si salva il Cile, che si difende soprattutto con la sua politica aggressiva sul fronte prezzi, mentre l’Italia e la Spagna "galleggiano" con una riduzione a valore rispettivamente del 2% (grazie ad aumento dei prezzi medi delle nostre bottiglie esportate in Cina del 5%) e del 4 per cento.
Indubbiamente la politica di "austerity" voluta dal Governo Cinese, soprattutto per far fronte al dilagare della corruzione istituzionale (che coinvolgeva anche le vendite di vino, grazie alle regalie immense realizzate con soldi pubblici degli ultimi anni), ha inciso su questa diminuzione ma da sola non sarebbe sufficiente per giustificarla in questa misura. La verità è che l’economia cinese nel suo complesso sta crescendo ad una velocità molto più ridotta rispetto al passato. Non a caso, nel periodo d’oro dell’ascesa economica cinese (dal 2004 al 2008) si è registrato un aumento dell’import del vino dell’81,9% mentre nel periodo 2009/2013 l’aumento si è più che dimezzato (38,4%).
(SAMANTHA SIN/AFP/Getty Images)

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Gabriele Battaglia/China-Files
Il periodo complicato però non ha smontato assolutamente gli investitori cinesi, tanto è vero che è nata la prima grande opera dedicata al vino, firmata dagli italiani. Sorge a Yanquin (Pechino), a poca distanza dalla Grande Muraglia: un parco di 200 ettari con laghi artificiali, serre, orti, ponti, centri per i visitatori e ponti panoramici dai quali si potranno vedere i padiglioni a forma circolare, metafora di un grappolo steso sul territorio. Da notare che gli edifici dell’International Grape Exibition Garden sono stati realizzati in 18 mesi, un intervento gigante a confronto con i 2.000 mq che l’Italia dedicherà al vino all’Expo 2015. Il progetto è diArchea Associati, lo studio fiorentino che ha firmato anche la nuova cantina di Antinori a San Casciano Val di Pesa. Intorno agli edifici ci sono i vigneti da tutto il mondo, con una parte didattica per spiegare ai visitatori le tecniche, storia e occasioni di enoturismo. I laghi artificiali servono ad irrigare le piante, con un sistema di corsi d’acqua. Un’opera che conferma la volontà dei cinesi di non fermarsi al consumo di fascia alta dei vini europei ma di diventare protagonisti mondiali nella produzione di vino.
Archea
Un’immagine dell’International Grape Exibition Garden di Yanquin, vicino a Pechino
Difatti, c’è la chiara volontà di fare shopping nel mondo. Lo sguardo del Dragone si sposta sulla Napa Valley. Concluso – almeno per il momento – l’acquisto di vigneti a Bordeaux, inizia il periodo americano. Pare, infatti, che il gruppo di proprietà cinese Jinta Vineyards and Winery (dopo aver comprato nello scorso anno la Hannah Nicole Vineyards&Winery di Brentwood) abbia appena comprato per 29 milioni di dollari la Napa Quixote Winery: 29 ettari di vigneto per la produzione biologica di Petite Syrah e Cabernet Sauvignon. Ma il valore aggiunto della cantina è il suo progetto che risale agli anni ’90, l’unico negli Usa firmato dall’austriaco Friedensreich Hundertwasser con pavimenti volutamente irregolari, piastrelle in ceramica colorate e una grande cupola dorata. Questo è il secondo acquisto asiatico in Napa Valley nelle ultime sei settimane. Il primo riguarda un impianto di Michael Mondavi in Carneros, venduto per un milione di dollari a Kieu Hoang, un uomo d’affari vietnamita-americano, che opera esclusivamente in Asia.

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Così in totale le presenze asiatiche “in valle” arriverebbero a una decina. Meno della metà rispetto a Bordeaux, ma potrebbe essere solo un inizio. D’altronde anche il vino americano sta attecchendo sempre più in Cina, come ricorda Patsy McGaughy, direttore della comunicazione dell’associazione Napa Valley Vintners: «Forse queste persone che stanno facendo investimenti guardano al futuro: di certo noi non faremo mai la quantità di vino che produce Bordeaux, ma se si guardano ai problemi attuali francesi - prezzi e condizioni meteorologiche - Napa Valley potrebbe rivelarsi per loro un ottimo investimento».
L’Italia, invece, dal canto suo resiste alle avance del Dragone che da anni è alla continua ricerca di investimenti da fare nello Stivale: fino ad ora l’unica azienda ad essere finita in mano cinese è Casanova-La Ripintura di Greve in Chianti (8 ettari di cui 5 vitati), venduta lo scorso anno ad un imprenditore farmaceutico di Hong Kong per 1,8 milioni di euro. Ma anche qui, facilmente i venti muteranno a loro favore. 

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