domenica 24 agosto 2014

Questo articolo lo dedichiamo a Palumbo e Lucibello da Minori, due poveri ignoranti che avendo vissuto per tutta la vita in un puntino del planisfero pensano di sapere tutto del mondo. Se la cantano e se la suonano come se quello che accade nel mondo non rientra nei loro interessi. Per questi piccoli uomini il centro del mondo è Minori. E se uno straniero ricorda loro che dicono sciocchezze diventano insofferenti e razzisti. Lamentano che chi se ne andato da Minori non ha fatto niente per il suo paese. Chi va via senza certezze dice A. Sen è sempre il più coraggioso. E se chi va rinuncia a raccomandazioni per aver un posto da ragioniere è sicuramente meglio di chi rimane. Io chiedo con forza: " E voi, i vari Palumbo, Lucibello, Di Capua, Dipino, Esposito oltre a mangiarsi una bella briosce da Gambardella e guardare foto d'epoca che cosa hanno fatto per Minori. Niente di niente. Noi che siamo partiti al massimo l'abbiamo lasciata uguale. Loro certamente o l'hanno peggiorata o l'hanno portato al degrado totale. Mentre continuavano a ripetere su internet quanto siamo belli.

Il mondo sta davvero crollando a pezzi?

Esperti del Carnegie Endowment fanno previsioni sui principali conflitti, dall’Ucraina all’Iraq

(John Moore / Getty Images)

  
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Sono tanti i fronti di guerra aperti in questo momento a livello mondiale. La crisi tra Ucraina e Russia non è ancora risolta, le minacce degli jihadisti dell’Isis sconvolgono il Medio Oriente, il conflitto Israelo-palestinese sta vivendo una nuova escalation. Non si ferma il conflitto per il controllo dei mari orientali. «Is the World falling apart?» si chiede il Carnegie Endowment, uno dei più noti e seguiti think thank internazionali (Il mondo sta cadendo a pezzi?,ndr).
Analisti e ricercatori prevedono il futuro delle principali zone calde rispondendo a poche semplici domande. 
 
1) L’instabilità che vediamo oggi nel mondo è storicamente significativa?
Thomas Carothers: [...] Nessuno degli attuali scontri sta minando l’ordine internazionale a livello generale. Ma sono tutti significativi perché sono manifestazione di trend di lungo termine e di profondo respiro nel sistema internazionale.  
Le tensioni nel Mare Cinese Meridionale sono un riflesso della crescita attuale della Cina e del riequilibrio dell’ordine di sicurezza di base in Asia. La crisi in Ucraina è il colpo di grazia dato agli sforzi statunitensi di costruire una ampia cooperazione con la Russia. 
La guerra civile in Iraq e in Siria sono parte di una spirale di conflitti del mondo arabo e un chiaro indice che i centri del jihadismo radicale si sono spostati da al-Qaeda di base nel Sud Asia verso nuovi gruppi in Medio oriente. Le lotte tra Israele e Gaza evidenziano che il fallimento del processo di pace tra Israele e Palestina lascia in campo non uno status quo malleabile ma un conflitto fondamentale che continuerà a sfociare in violenza [...].
 
2) Putin invaderà davvero l’Ucraina?
Andrew S. Weiss: Davvero non sappiamo quanto essere preoccupati sul rischio di una invasione russa [...]. Mosca sta rafforzando la sua presenza militare al confine con l’Ucraina e le forze di Kiev stanno facendo forte pressione sui separatisti nelle due roccaforti dell’Est Ucraina (Donetsk e Lugansk, ndr). Putin abbandonerà i suoi “delegati” (i separatisti ucraini, ndr)? Putin verrebbe umiliato se i separatisti ucraini fossero sconfitti da un nemico (Kiev, ndr) che è stato fortemente demonizzato dai media di Stato russi? 
Mosca potrebbe avere altri strumenti oltre l’invasione per prendere tempo o per mantenere l’Ucraina in subbuglio nelle regioni di Donetsk e Lugansk. C’è il sospetto crescente che Putin in realtà non voglia portarsi a casa i leader separatisti o i nazionalisti russi più radicali andati a combattere in Ucraina. Perché essi potrebbero costituire un fattore destabilizzante nel suo Paese.

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Il presidente ucraino Petro Poroshenko non vede l’ora di chiudere le operazioni militari nell’Est per concentrarsi sull’agenda di riforme, sulla pessima situazione economica del Paese, e sulle elezioni parlamentari del prossmo ottobre [...].
 
3) Ci sarà una fine al conflitto tra Israele e Gaza?
Marwan Muasher: Sfortunatamente non c’è in vista una fine duratura al conflitto tra Israele e Gaza. 
Israele sta perseguendo obiettivi tattici per tranquillizzare i timori dell’opinione pubblica interna e dei fondamentalisti del Parlamento israeliano, a spese dei palestinesi. Se l’obiettivo di Israele è di disarmare o indebolire Hamas, è probabile che si ritroverà a mani vuote. Tre incursioni di terra negli ultimi sei anni (e una guerra contro Hezbollah in Libano nel 2006) sono falliti nel tentativo di raggiungere l’obiettivo di disarmare e indebolire gli avversari. 
Infatti Hamas sta dimostrando di essere stata capace di rafforzare nel tempo le sue capacità militari. È chiaramente meglio preparata questa volta rispetto alle precedenti. Sebbene i lanci di razzi verso Israele non abbiano provocato danni fisici, potrebbero iniziare a frantumare il senso di sicurezza provato da molti israeliani. E soldati israeliani hanno perso la vita nei combattimenti. 
israele soldati

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Hamas sta raccogliendo popolarità dopo le ultime mosse Israeliane. Per la prima volta dopo anni, Hamas è più popolare di Fatah nei sondaggi. Le foto di civili uccisi, soprattutto di donne e bambini, sui network arabi sono stati raccapriccianti e hanno chiaramente spostato il sentimento pubblico a favore di Hamas. L’affermazione israeliana di muoversi con cautela per limitare le perdite di civili è stata ampiamente ignorata nel mondo arabo. 
Senza affrontare il tema chiave del conflitto, cioé l’occupazione israeliana, ci sono poche speranze che questo ciclo non si ripeterà [...]. 
4) Lo Stato Islamico continuerà la sua marcia in Siria e Iraq?
Lina Khatib: con la sua avanzata in Iraq negli ultimi mesi, lo Stato Islamico è riuscito a unire i territori sotto il suo controllo in Iraq e in Siria, cancellando la frontiera e dichiarando la nascita del Califfato. È probabile che il controllo del gruppo su entrambi i Paesi duri, ma non necessariamente si espanderà in modo significativo. 
Lo Stato Islamico usa un mix di violenza e negoziazione per conquistare i territori. La sua strategia ibrida è stata usata sia in Siria che in Iraq, compresa la decisione di siglare alleanze con i clan e le tribù locali. 
In Iraq, l’attrattiva suscitata da Isis sulle tribu sunnite (utile alla sua rapida avanzata) proviene dall’ampia insoddisfazione contro il governo iracheno. I sunniti sono stati discriminati da tutti i livelli del governo, e l’Isis ha offerto a queste tribù l’opportunità di vendicarsi. Ha deliberatamente incitato l’odio settario dei sunniti contro gli sciiti.  
Gli attacchi aerei statunitensi contro l’Isis nell’area curda impediranno al gruppo di avanzare a nord, ma non risolveranno il problema della vicinanza tra Isis e tribu locali. La formazione di un governo di unità nazionale dovrebbe essere la priorità del primo ministro iracheno. Finché il governo iracheno non si impegnerà in veri sforzi di riforma che ripensino la struttura politica del Paese, lo Stato islamico continuerà a usare la carte settaria a suo vantaggio. 

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