sabato 1 novembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.


La sinistra italiana a divisioni crescenti

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Si spera che le manganellate virtuali fra Renzi e Camusso vengano sedate dal buon senso e che quelle materiali non si ripetano mai più di fronte a dimostranti pacifici che hanno come prospettiva la disperazione per la perdita del lavoro e della serenità esistenziale per mano tedesca, di nome Thyssenkrupp. E la "democrazia dei manganelli", è risaputo, non funziona e porta male, a tutti. Il conflitto in seno al popolo della sinistra sembra scaturire dalla necessità/impellenza d'imboccare la quarta via politica e sociale del post socialismo in contrapposizione a una componente minoritaria, nel Partito democratico e nel paese, che si configura non più come radicale, ma semplicemente fattore di conservazione, legata alla pratica politica del '900.
Archiviati il socialismo reale, Bertinotti, Vendola, l'usato sicuro di Bersani e i sindaci della società civile, lo scenario che si apre per la sinistra riguarda, ancora una volta, i corpi sociali intermedi già segnalati da Don Sturzo e poi ripresi da Adriano Olivetti sul finire degli anni '40: impresa, Comuni e famiglie. Strutture che venivano poste come asse dei ragionamenti per impiantare la società della ricostruzione seguente le due guerre mondiali. L'impresa intesa come luogo di produzione e lavoro, centro motore della ricchezza, della conoscenza professionale, sede materiale di civiltà e di sapere collettivo. Il Comune concepito come territorio antropico, fisico e mentale, con aperture cosmopolite, dove ogni componente politica e sociale si confronta dialetticamente con le altre ricercando le soluzioni più adeguate per rispondere ai bisogni sociali. La famiglia, che viene considerata la cellula vitale della struttura sociale, dentro cui si avviavano processi e stimoli cognitivi importanti e il nutrimento di condizioni affettive di vicinanza e di solidarietà, vissute spesso con spirito quasi amniotico.
Si potrebbero aggiungere due altri capisaldi sociali che hanno accompagnato, in maniera molto intrecciata, gli itinerari e le evoluzioni politiche della seconda metà del secolo scorso: i partiti e i sindacati. Il declino della grande fabbrica, la frammentazione della produzione, le alte tecnologie e la globalizzazione, nell'arco di un trentennio, hanno poi contribuito, insieme alla crisi economica, a scardinare i corpi sociali intermedi, sconvolto partiti, impresa e sindacati, disarmato operai e ceti medi. Parlamento inoperante, burocrazia paralizzante e partiti-Stato s'infilano poi in una metamorfosi sfigurante e politicamente corrotta. Ci si accorge del vuoto di pensiero, della carenza di cultura di progetto e della necessità di rivedere tutto, ma senza che nulla cambi nei tempi, nei metodi, nei contenuti e, soprattutto nella classe dirigente. Un vero disastro! E la sinistra, ferma al '900, tenta di reggere l'urto politico e sociale ancora con i soliti strumenti della cassa integrazione e della mobilità. 
I sindacati, aggrappati disperatamente ai "cancelli delle fabbriche in crisi", poco hanno capito di questi processi degenerativi arroccandosi sulla difesa dell'esistente, giocando continuamente di rimessa nei confronti dei governi, senza un progetto di nuova società del lavoro, senza una seria politica per le nuove generazioni, abbandonate a se stesse. Renzi ha ben inteso, e buona parte del paese insieme a lui, che "i boiardi" di matrice sindacale e partitica, unitamente al parassitismo e alla corruzione del tessuto imprenditoriale e della burocrazia di ogni genere, hanno destabilizzato e ferito il paese nel suo impianto portante, nei suoi fondamentali produttivi, politici, sociali e culturali. Dunque si è capito che bisogna ridisegnare uno stato moderno, costruire un nuovo clima d'impresa, rigenerare la classe politica e imprenditoriale, realizzare la semplificazione istituzionale, legislativa e fiscale per porre i cittadini e le famiglie di fronte a condizioni d'uguaglianza, di cittadinanza, di passione esistenziale, per ripristinare, nelle condizioni dell'attualità, il senso della storia per scagliarlo, con rapidità fulminea in un progetto di futuro.
La partita però non si gioca solo all'interno della sinistra. Riguarda tutte le componenti politiche e sociali. E nessuno potrà assistere da "spettatore critico" sulla soglia dell'uscio di casa altrui. Il travaglio della sinistra non è una rissa da cortile. Di mezzo c'è un cambiamento culturale d'epoca che richiama tutti alla responsabilità e tutti saremo chiamati a risponderne di fronte al paese. E forse a nulla serve che la sinistra minoritaria utilizzi la Camusso, coronata dal timbro della piazza, per disarcionare un premier che, malgrado errori di atteggiamento, d'intemperanza lessicale e di non poco altro, ha innescato un processo irreversibile di cambiamento. E inserire la retromarcia sarà veramente impossibile, a destra e a sinistra.

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