Oxfam: Il boom delle disuguaglianze
in un mondo che ha perso la retta via
Il crescente divario tra ricchi e poveri vanifica la lotta alla povertà estrema. Mentre distanze eccessive tra i redditi aumentano il rischio di conflittualità sociale e frenano la crescita economica. Così dagli anni Ottanta a oggi la società è tornata indietro
«Perché preoccuparsi dell’ineguaglianza che è naturale e c’è sempre stata, dato che per fortuna non siamo tutti uguali. Concentriamoci invece sulla povertà che invece è una condizione patologica e indirizziamo lì le risorse dello stato». Per due secoli questo è stato il credo degli economisti liberali, classici come Adam Smith o Ricardo, neoclassici come Friedman o Greenspan e Bernanke (gli ultimi due presidenti della banca centrale degli Stati Uniti). La novità è che si sbagliano.
Perché l’ineguaglianza (eccessiva) peggiora la povertà e danneggia tutta la società. Questo ci dice l’ultimo rapporto Oxfam , una delle più importanti agenzie internazionali non governative, nata subito dopo il 1945 per alleviare la fame in Europa (!). Ma questo ci dicono anche sempre più numerosi economisti formatisi alla stessa scuola liberale di Smith e Friedman. Uno per tutti: Alberto Alesina, passato dalla Bocconi ad Harvard. Già a metà anni novanta, sulla base di una ricognizione statistica a livello mondiale simile a quella messa insieme da Oxfam, Alesina avvertiva che distanze troppo lunghe tra i redditi aumentano il rischio di conflittualità sociale e quindi mettono in pericolo la crescita economica.
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