IPSE DIXIT
'Ndrangheta a Milano, i negazionisti
Da Feltri al prefetto Lombardi, fino a Letizia Moratti: chi nega la mafia lombarda.
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28 Ottobre 2014
Sapessi com'è strano trovare la 'Ndrangheta a Milano...verrebbe da fischiettare leggendo dei 13 arresti messi a segno il 28 ottobre tra Lombardia e Calabria.
Eppure, nonostante siano innumerevoli le indagini e i processi sulle infiltrazioni criminali al Nord (complete di mappature dettagliate), ammettere che la Piovra - nelle sue declinazioni - abbia le mani sulla Capitale morale d'Italia resta per tanti un tabù.
Eppure, nonostante siano innumerevoli le indagini e i processi sulle infiltrazioni criminali al Nord (complete di mappature dettagliate), ammettere che la Piovra - nelle sue declinazioni - abbia le mani sulla Capitale morale d'Italia resta per tanti un tabù.
Feltri: «Che barba la mafia. È solo Cosa loro»
Insomma la mafia c'è, ma sia chiaro è soprattutto un fenomeno del Sud. Insomma, una «Cosa loro», per citare il titolo di un editoriale di Vittorio Feltri su Il Giornale. Ancora più indicativo il sommario: «Continuare a parlarne scredita tutto il Paese».
«IL VIVAIO È IN ACQUE MERIDIONALI». «È vero. Al Centro e al Nord dello stivale la filiera mafiosa ha affondato qualche radice: ovvio, il denaro sporco si aggrega a quello pulito», scrisse il 21 luglio 2012. «Ma diciamolo chiaramente: il vivaio della piovra è in acque meridionali ed è lì che bisogna agire per eliminarlo. Ancora più crudelmente: se questo è un affare siciliano, se lo grattino i siciliani. Ma grattino forte».
«I SICILIANI CHE VOGLIONO DA NOI?». E ancora: «Un quarto di secolo fa, il sindaco di Palermo era Leoluca Orlando, critico aspro di Giovanni Falcone, ammazzato dalla mafia. Oggi il sindaco di Palermo è ancora Leoluca Orlando: eletto dai palermitani. Ma allora, si può sapere che vogliono i siciliani da noi? Vogliono lo status quo? Se lo tengano. Non ci possiamo fare niente. Libera nos a malo».
«IL VIVAIO È IN ACQUE MERIDIONALI». «È vero. Al Centro e al Nord dello stivale la filiera mafiosa ha affondato qualche radice: ovvio, il denaro sporco si aggrega a quello pulito», scrisse il 21 luglio 2012. «Ma diciamolo chiaramente: il vivaio della piovra è in acque meridionali ed è lì che bisogna agire per eliminarlo. Ancora più crudelmente: se questo è un affare siciliano, se lo grattino i siciliani. Ma grattino forte».
«I SICILIANI CHE VOGLIONO DA NOI?». E ancora: «Un quarto di secolo fa, il sindaco di Palermo era Leoluca Orlando, critico aspro di Giovanni Falcone, ammazzato dalla mafia. Oggi il sindaco di Palermo è ancora Leoluca Orlando: eletto dai palermitani. Ma allora, si può sapere che vogliono i siciliani da noi? Vogliono lo status quo? Se lo tengano. Non ci possiamo fare niente. Libera nos a malo».
Maroni: «Indignato dalle parole di Saviano»
Basta ricordare la querellescoppiata tra Roberto Saviano e l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni. L'autore di Gomorra, ospite da Fazio - novembre 2010 e la trasmissione era Vieni via con me - accennò alle possibili infiltrazioni mafiose nella Padania leghista.
Maroni sollevò un polverone ottenendo un contradittorio a Che Tempo Che fa. «Come ministro e ancora di più come leghista mi sento offeso e indignato dalle parole infamanti di Roberto Saviano, animate da un evidente pregiudizio contro la Lega», tuonò indignato il titolare del Viminale. Chi avesse sentito «Saviano parlare senza contraddittorio potrebbe essere indotto a pensare che in quelle parole c’è qualcosa di vero e siccome non è così voglio poter replicare a quelle stupidaggini».
«LA MAFIA NON È FENOMENO LOCALE». La pace tra i due fu fatta. Nessuna tesi revisionista da parte di Maroni che, anzi, ammise che le mafie non erano un fenomeno locale. Ma, soprattutto, non erano un fenomeno leghista.
Nessuno immaginava che da lì a tre anni sarebbe scoppiato l'affaire Belsito che scoperchiò diversi tentativi di avvicinamento (e avvicinamenti) - tutti da accertare - tra le 'ndrine e via Bellerio. Un dialogo ventennale, ipotizzarono gli inquirenti, e cominciato forse già sotto il tesoriere Maurizio Balocchi.
«LA LEGA HA RESPONSABILITÀ». E, infatti, puntuale Saviano rinfrescò la memoria a Maroni. «La Lega ha un profonda responsabilità del dilagare della 'ndrangheta al Nord perché ha taciuto, anzi ha attaccato chiunque parlasse di legame tra economia settentrionale e criminalità organizzata!», tuonò a Italia In Controluce su Radio 24 nel 2012 commentando tra l'altro l'arresto di Domenico Zambetti, assessore alla Casa del Pirellone. «La Lega dovrebbe stare attenta a fare certe dichiarazioni di estraneità perché prima della vicenda Belsito solo la parola 'interloquire' spaventava i leghisti, li indignava».
Tutto questo con buona pace del Senatùr Umberto Bossi che nel 1990 assicurava: «Basterebbero sei mesi, al massimo un anno di governo della Lega lombarda per far sparire anche l’odore della mafia da Milano».
Maroni sollevò un polverone ottenendo un contradittorio a Che Tempo Che fa. «Come ministro e ancora di più come leghista mi sento offeso e indignato dalle parole infamanti di Roberto Saviano, animate da un evidente pregiudizio contro la Lega», tuonò indignato il titolare del Viminale. Chi avesse sentito «Saviano parlare senza contraddittorio potrebbe essere indotto a pensare che in quelle parole c’è qualcosa di vero e siccome non è così voglio poter replicare a quelle stupidaggini».
«LA MAFIA NON È FENOMENO LOCALE». La pace tra i due fu fatta. Nessuna tesi revisionista da parte di Maroni che, anzi, ammise che le mafie non erano un fenomeno locale. Ma, soprattutto, non erano un fenomeno leghista.
Nessuno immaginava che da lì a tre anni sarebbe scoppiato l'affaire Belsito che scoperchiò diversi tentativi di avvicinamento (e avvicinamenti) - tutti da accertare - tra le 'ndrine e via Bellerio. Un dialogo ventennale, ipotizzarono gli inquirenti, e cominciato forse già sotto il tesoriere Maurizio Balocchi.
«LA LEGA HA RESPONSABILITÀ». E, infatti, puntuale Saviano rinfrescò la memoria a Maroni. «La Lega ha un profonda responsabilità del dilagare della 'ndrangheta al Nord perché ha taciuto, anzi ha attaccato chiunque parlasse di legame tra economia settentrionale e criminalità organizzata!», tuonò a Italia In Controluce su Radio 24 nel 2012 commentando tra l'altro l'arresto di Domenico Zambetti, assessore alla Casa del Pirellone. «La Lega dovrebbe stare attenta a fare certe dichiarazioni di estraneità perché prima della vicenda Belsito solo la parola 'interloquire' spaventava i leghisti, li indignava».
Tutto questo con buona pace del Senatùr Umberto Bossi che nel 1990 assicurava: «Basterebbero sei mesi, al massimo un anno di governo della Lega lombarda per far sparire anche l’odore della mafia da Milano».
Il prefetto Lombardi: «A Milano ci sono mafiosi, ma la mafia non esiste»
Qualche mese prima della lite a distanza Maroni-Saviano, il 21 gennaio 2010, a negare l'esistenza della 'ndrangheta a Milano era stato addirittura il prefetto della città Gian Valerio Lombardi. A Milano, disse, ci sono sì singole famiglie mafiose ma «la mafia non esiste».
IL POLVERONE IN COMMISSIONE. La dichiarazione, arrivata durante la prima audizione della commissione parlamentare antimafia a Milano in vista dell’Expo, scatenò le polemiche. Anche se Lombardi cercò di aggiustare il tiro specificando, per bocca del suo entourage, che non era in discussione la presenza delle organizzazioni criminali quanto il loro modo di agire. Più imprenditoriale - da colletti bianchi - che esecutivo, cioè da lupara. E dire che poche settimane prima sempre in prefettura a lanciare l'allarme infiltrazioni eraano stati Maroni e il capo della Polizia Manganelli.
IL POLVERONE IN COMMISSIONE. La dichiarazione, arrivata durante la prima audizione della commissione parlamentare antimafia a Milano in vista dell’Expo, scatenò le polemiche. Anche se Lombardi cercò di aggiustare il tiro specificando, per bocca del suo entourage, che non era in discussione la presenza delle organizzazioni criminali quanto il loro modo di agire. Più imprenditoriale - da colletti bianchi - che esecutivo, cioè da lupara. E dire che poche settimane prima sempre in prefettura a lanciare l'allarme infiltrazioni eraano stati Maroni e il capo della Polizia Manganelli.
Moratti: «Non infiltrazioni mafiose ma di criminalità organizzata»
Sempre sul filo sottile dell'interpretazione si era mossa anche l'ex sindaco di Milano, Letizia Moratti. «Io parlerei più che di infiltrazioni mafiose di infiltrazioni della criminalità organizzata», disse il 23 gennaio 2010.
L'OPERAZIONE INFINITO.Circa sei mesi dopo dalle affermazioni di Lombardi e Moratti l'operazione Infinito (le pene sono state confermate il 28 giugno 2014) portò a più di 150 arresti, concentrati per lo più in Brianza. E così vennero fugati i dubbi: la 'ndrangheta a Milano e in Lombardia c'era eccome. Da Giussano a Pavia, da Cormano a Bollate, fino a Desio, Seregno e Milano.
L'OPERAZIONE INFINITO.Circa sei mesi dopo dalle affermazioni di Lombardi e Moratti l'operazione Infinito (le pene sono state confermate il 28 giugno 2014) portò a più di 150 arresti, concentrati per lo più in Brianza. E così vennero fugati i dubbi: la 'ndrangheta a Milano e in Lombardia c'era eccome. Da Giussano a Pavia, da Cormano a Bollate, fino a Desio, Seregno e Milano.
Predolin: «La 'ndrangheta all'Ortomercato? Che io sappia no»
Ma la negazione della presenza della Piovra nella produttiva Lombardia può essere considerato uno sport tradizionale, come ben precisa il blog del negazionismo milanese di Mario Portanova.
Nel maggio 2007 Roberto Predolin, allora presidente della controllata Sogemi, la Spa che per conto del Comune gestisce tutti i mercati agroalimentari all'ingrosso, alla domanda se ci fosse la ‘ndrangheta all’Ortomercato rispose secco: «Che sappia io, no». Era informato male evidentemente il presidente della Sogemi, visto che l'Ortomercato di Milano è considerato uno dei centri di controllo della criminalità organizzata.
Nel maggio 2007 Roberto Predolin, allora presidente della controllata Sogemi, la Spa che per conto del Comune gestisce tutti i mercati agroalimentari all'ingrosso, alla domanda se ci fosse la ‘ndrangheta all’Ortomercato rispose secco: «Che sappia io, no». Era informato male evidentemente il presidente della Sogemi, visto che l'Ortomercato di Milano è considerato uno dei centri di controllo della criminalità organizzata.
Borghini: «Milano non è una città mafiosa»
Molti anni prima, nel 1992, a rassicurare circa l'assenza della mafia nel capoluogo meneghino era stato il sindaco Giampiero Borghini. «Parlandone con il questore mi sono persuaso che Milano non è affatto una città mafiosa», disse lasciando però il beneficio del dubbio: «La mafia non c’è nel senso proprio. Ci sono forse dei mafiosi. Può darsi».
LA SENTENZA DEL 1991. Tra i «negazionisti» va annoverato anche il giudice di Cassazione Corrado Carnevale. La sentenza di assoluzione dei colletti bianchi della mafia lombarda (agosto 1991) parlava chiaro: che gli imputati «si frequentassero, concludessero affari con boss del calibro dei fratelli Bono, Salvatore Enea o con società del gruppo Inzerillo, e che questi legami non fossero né privati né occasionali o sporadici, bensì per motivi e ragioni di comuni interessi, assistenza e finanziamenti e operazioni speculative… non può di per sé essere utilizzato come prova dell’organizzazione criminale, né dell’appartenenza a essa».
PILLITTERI: «LA PIOVRA È UNA FAVOLA». Dunque la mafia non esisteva Nord. Anzi, era proprio una favola. Ne era convintissimo Paolo Pillitteri, sindaco di Milano. «Nella nostra città una Piovra, sì una grande criminalità mafiosa, non esiste», dichiarò nel 1989, enfatizzando: «Il bello della Piovra è proprio che si tratta di una favola, soltanto di una favola».
Il problema, alla luce dell'ennesimo blitz lombardo, è che a volte le favole diventano realtà.
LA SENTENZA DEL 1991. Tra i «negazionisti» va annoverato anche il giudice di Cassazione Corrado Carnevale. La sentenza di assoluzione dei colletti bianchi della mafia lombarda (agosto 1991) parlava chiaro: che gli imputati «si frequentassero, concludessero affari con boss del calibro dei fratelli Bono, Salvatore Enea o con società del gruppo Inzerillo, e che questi legami non fossero né privati né occasionali o sporadici, bensì per motivi e ragioni di comuni interessi, assistenza e finanziamenti e operazioni speculative… non può di per sé essere utilizzato come prova dell’organizzazione criminale, né dell’appartenenza a essa».
PILLITTERI: «LA PIOVRA È UNA FAVOLA». Dunque la mafia non esisteva Nord. Anzi, era proprio una favola. Ne era convintissimo Paolo Pillitteri, sindaco di Milano. «Nella nostra città una Piovra, sì una grande criminalità mafiosa, non esiste», dichiarò nel 1989, enfatizzando: «Il bello della Piovra è proprio che si tratta di una favola, soltanto di una favola».
Il problema, alla luce dell'ennesimo blitz lombardo, è che a volte le favole diventano realtà.
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