Il giorno dopo la sconfitta il blog di Beppe Grillo ancora tace. Eppure i 2400 voti, pari al 2,49% presi dal candidato sindaco di Reggio Calabria Vincenzo Giordanocolpiscono ancora di più se si ricordano le percentuali bulgare dei grillini alle elezioni politiche. Sul blog di Beppe Grillo il silenzio è d’oro. In rete c’è chi segnala che le divisioni tra i meetup dei grillini sono state decisive per il flop finale. E poi ci sono Luigi Di Maio e Dalila Nesci, che prendono la parola per sviluppare le loro teorie, tutte incentrate sul “chi non mi vuole non mi merita”.
IL MOVIMENTO 5 STELLE A REGGIO CALABRIA
Cosa è successo a Reggio Calabria? Tre meetup cittadini si sono rivolti alla Casaleggio per la certificazione, e alla fine lo staff ha deciso che il logo ufficiale sarebbe andato a chi avrebbe preso più voti in rete: chi vinceva, per essere precisi, prendeva tutto e gli altri sarebbero rimasti a guardare. Ha vinto la lista di Salvatore Serranò, e qui è scoppiato il patatrac:
Serranò sarebbe stato diffidato (e quindi impossibilitato a candidarsi) per un “uso improprio del simbolo” durante alcune uscite pubbliche. A questo punto anche la lista cui faceva capo aveva rischiato di saltare. Poi i vertici del Movimento hanno offerto al meetup reggiocalabria5stelle la possibilità di fare un secondo nome. Scelta poi ricaduta su Vincenzo Giordano, che oggi è risultato vincitore alle comunarie.“E’ stata una diffida autoritaria e imperiosa e senza nessun contraddittorio, l’ho ricevuta con grande rammarico” commenta Serranò. Ma c’è dell’altro. Sulla vicenda, secondo colui il quale si può forse ormai definire un ex attivista, vi sarebbero dei punti oscuri. “La cosa grave – sostiene – è che sono stato messo da parte durante il percorso elettorale, cosa mai accaduta in nessuna competizione comunale”.
Una diffida che già era nell’aria, ancora prima di diventare ufficiale: “Si parlava di farmi fuori ancora prima che io lo sapessi – sottolinea l’ex attivista – si vociferava attraverso le chat e attraverso facebook. Questo mi preoccupata tanto e mi fa molto male”.“Hanno voluto farmi fuori”. Serranò accusa una parte del Movimento, quel gruppetto che definisce “una banda che mi aveva preso di mira perché non voleva la mia candidatura né quella del gruppo reggiocalabria5stelle”. Poi affonda ancora: “Una parte del blog ha preso in considerazione solo delle voci, non ci sono state le giuste verifiche. Non hanno preso in considerazione né la mia voce o quella del mio gruppo, né quella dei parlamentari presenti sul territorio. Qualcuno ha fatto da tramite con i vertici, e lo staff di Casaleggio si è fidato di questi attacchi nei miei confronti, senza provarli”.
Di tutto questo caos non c’è nemmeno una riga nell’analisi dei Cinquestelle che hanno parlato dell’accaduto, se non per quanto scrive la deputata regginaFederica Dieni: «Possiamo decidere se nascondere la testa sotto la sabbia o se intendiamo imparare dai nostri errori – scrive su Facebook – C’è qualcosa che non ha funzionato. La presentazione di una lista non dovrebbe rispondere alle esigenze di visibilità di qualcuno, ma dovrebbe essere la conseguenza di un percorso naturale costruito su alcuni punti programmatici. Per queste ragioni nessun eletto al Parlamento o membro dello Staff di chicchessia può influire su questa decisione autonoma dei cittadini». Di questi litigi alla fine è stato vittima Giordano, considerato anche un candidato non di rottura perché ha ottenuto lavori dal Comune durante la gestione Scopelliti: gli stessi attivisti dei 5 Stelle avevano «denunciato» che lui aveva firmato i progetti più contestati della passata amministrazione.
SENATORI CHE NON SI AMANO: MORRA E MOLINARI
Luca De Carolis sul Fatto di oggi ha invece raccontato dei problemi tra Francesco Molinari e Nicola Morra, entrambi senatori eletti in Calabria ma non particolarmente vicini, per usare un eufemismo, e delle polemiche seguite all’arresto di Giovanni Pantano, il consigliere comunale mai iscritto al M5S ma vicino ad alcuni partecipanti del locale meet up di San Giovanni Ferdinando, e poi finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. A margine, la vicenda della candidata “ritirata” Fernanda Rombolà. Cosa si dicono Morra e Molinari sul Fatto?
Molinari: “Non siamo stati capaci di ridare delle speranze ai cittadini di Reggio, nelle liste di Falcomatà non c’è gente nuova. Ma lo scontro fratricida non ha certo spinto la gente a votarci”. E il rapporto con Morra? “Interpretiamo diversamente il ruolo di portavoce: io mi sento un portavoce degli attivisti, lui invece nell’ultima assemblea regionale ha detto che si basa sulla stima che riceve da Grillo e Casaleggio”. PAROLA a Morra: “La verità è che dove presentiamo una squadra forte con candidati a modo prendiamo molti voti, dove sbagliamo scelte veniamo puniti. Per dire, in Sicilia siamo andati malissimo a Messina e Catania, e molto bene a Ragusa”. Ma del candidato a Reggio cosa pensa? “Leggendo i siti locali mi sono un po’ preoccupato… Ma prima del voto ho fatto un’iniziativa pubblica in città con Di Battista e altri deputati”. E su Molinari? “La sfido a trovare una riga dove lo attacco. Lui in campagna elettorale ha insistito sul bene della Calabria: ma per me il M5S deve sempre ragionare in termini nazionali”.
Infine, e lo ricorda sempre il Fatto, tira aria pesante per il pentastellato Cono Cantelmi, reo secondo alcuni meet up di essersi candidato sia come presidente che come consigliere. In tutto ciò, cosa è successo per i deputati 5 Stelle? L’analisi di Luigi Di Maio è politichese puro:
Lo scorso 25 maggio ci sono stati comuni in cui nello stesso giorno abbiamo ottenuto il 29% alle elezioni europee e il 4% alle elezioni comunali. I media parlano del caso Reggio Calabria come un’anomalia. Ma ormai le dinamiche territoriali sono ben note e ci guardiamo bene dall’entrarci: non abbiamo “porta-voti” e non ci interessa averli. Quando i cittadini vorranno, noi saremo pronti per realizzare un cambiamento autentico.
Ma il tema dei cittadini che devono voler realizzare un cambiamento tradisce ancora un retropensiero ben preciso: chi non ci ama non ci merita. Sostanzialmente, è colpa dei calabresi.
IL POST DI DALILA NESCI SUL SUO BLOG
Dalila Nesci sul suo blog invece scrive un post nel quale si avventura in improbabili conteggi:
A Reggio ha votato il 65.06%, di cui Falcomatà ha preso il 60.99%. Questo significa due cose: 1) un terzo degli elettori non ha votato; 2) il primo cittadino è stato scelto da un popolo pari a quello che ha disertato le urne.
Il che è tanto vero quanto lapalissiano. Meno lapalissiano è quanto vorrebbe suggerire la Nesci, ovvero che quel potenziale di non votanti sia appannaggio del MoVimento 5 Stelle: basta fare i conti per notare che sono andate a votare più persone alle elezioni per il sindaco rispetto alle politiche: se il M5S non ha convinto gli astenuti alle politiche, quando era all’apice del suo boom, perché dovrebbe guadagnare voti da quel bacino adesso? La Nesci conclude dicendo che hanno sbagliato nei modi e negli strumenti:
M5S non ha governato in Calabria, mentre in sede parlamentare ha combattuto contro sprechi e mortificazioni assistenzialistiche. Noi abbiamo individuato obiettivi e risorse per garantire ai calabresi servizi e prospettive. Ancora, però, qui conta molto la promessa individuale, a discapito di un progetto politico che sganci la nostra terra da logiche utilitaristiche e clientelari.
Le persone stanche e disincantate sono rimaste a casa, a Reggio. Il nostro torto è di non aver trovato modi e strumenti per farle sperare, dimostrando i tanti fatti che abbiamo compiuto con coraggio. Adesso, però, abbiamo imparato la lezione.
Anche qui, nemmeno una riga dedicata al caos interno che ha preceduto la campagna elettorale. Per essere un movimento trasparente, i grillini tendono a nascondersi troppe cose.
Foto da Socialsud
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