giovedì 30 ottobre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Ascesa e declino di Maroni, un leader mancato

Doveva diventare premier, ora rischia la poltrona. Il Pd pensa a Guerini e Alfieri in Lombardia

Andreas Solaro/ Afp Getty Images

   
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È probabile che Roberto Maroni, attuale governatore di regione Lombardia, passerà alla storia della Lega Nord per la rivoluzione delle “scope”. Correva l’anno 2012. Primavera. E Bobo - già avvocato della multinazionale di cosmetici Avon, poi cofondatore del Carroccio e primo ministro dell’Interno non democristiano - si era appena preso il partito dilaniato da scontri e polemiche. Sulle cronache nazionali tenevano banco le indagini sul tesoriere Francesco Belsito, con il Senatùr in lacrime per i figli Renzo e Riccardo, "utilizzatori finali" dei soldi del movimento. Da allora ne è passata molta di acqua sotto i ponti. E a distanza di quasi tre anni i riflettori si sono spenti sul "Bobo salvatore". Nel 2013 Maroni è diventato presidente di regione Lombardia, dopo aver fatto cadere Roberto Formigoni dallo scranno più alto di un Pirellone devastato dalle inchieste, persino sulla ’Ndrangheta. Tra i leghisti qualcuno pensava (e sperava) potesse diventare persino presidente del Consiglio. Ma a poco a poco la stella ha iniziato a offuscarsi. Colpa di un’amministrazione regionale sempre più in difficoltà in vista dell’Expo 2015 ma anche dall’attivismo di Matteo Salvini, divenuto nel frattempo l’unico vero leader della Lega Nord.
Per Maroni, indagato per concussione in una vicenda di favori e assunzioni in regione, c’è il rischio - in caso di processo e poi di condanna - della mannaia della legge Severino
E Bobo? Gli spifferi del Pirellone raccontano le difficoltà degli ultimi mesi. Le indagini del pm Eugenio Fusco, prima a Busto Arsizio ora a Milano, fanno paura. Indagato per concussione in una vicenda di favori e assunzioni in regione, c’è il rischio - in caso di rinvio a giudizio e di condanna - della mannaia della legge Severino, che potrebbe estrometterlo dai pubblici uffici come accaduto poche settimane fa al sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Chi ha parlato con lui negli ultimi giorni racconta che «Roberto è sereno. In ogni caso non si farà logorare, quindi potrebbe fare un passo indietro prima che la situazione precipiti». Al momento in procura tutto tace. Nello stesso Partito democratico non danno per scontata “una frana regionale” nel breve periodo. O meglio non prima dell’Expo 2015. Eppure i nomi dei possibili candidati alla presidenza della Regione hanno già iniziato a girare. Primo è Alessandro Alfieri, attuale segretario regionale dem, ma c’è anche chi spinge per Lorenzo Guerini, ex sindaco di Lodi, tra i più ascoltati alla corte del presidente del Consiglio Matteo Renzi. 

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Non solo. A quanto pare Salvini vorrebbe "una marcia in più da parte della regione", anche se i due dirigenti leghisti negano attriti tra loro. Di certo c'è che Bobo in passato aveva tifato per il sindaco di Verona Flavio Tosi come possibile leader del centrodestra, altra stella caduta lungo l'autostrada della politica italiana, rimasta invischiata persino in un'inchiesta di Report di Milena Gabanelli, tra ombre e querele. D'altra parte da quando Maroni è diventato governatore a farne le spese è stato soprattutto il suo “cerchio magico”, le persone a lui più vicine, a detta di diversi leghisti “dall’impronta decisamente meridionale”. Isabella Votino, la storica portavoce di origini beneventane, Domenico Aiello, l’avvocato della Lega di origini calabresi e sua moglie Anna Tavano, ormai ex potente direttore generale di Infrastrutture Lombarde, sono finiti sui giornali per scandali di ogni tipo. La prima per una vicenda di un uso indiscriminato di carte di credito con soldi pubblici ai tempi del ministero dell’Interno, poi smentita. Mentre il secondo è finito intercettato nell’inchiesta Breakfast di Reggio Calabria (caso vuole indagine che fece tremare proprio Belsito e Bossi ai tempi della battaglia per la conquista del Carroccio).
L'avvocato di casa Lega Nord, Aiello, è considerato “soggetto di interesse investigativo” dalla procura di Reggio Calabria
La pietra l’ha lanciata L’Espresso nel suo ultimo numero: «Una procura antimafia del sud» intercetta al telefono il pm di Milano Alfredo Robledo, in guerra aperta con il suo procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, e l’avvocato di casa Lega, Aiello appunto. Il legale dell’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua si lamenta con Robledo per le sue indagini che colpiscono la Lega Nord, in particolare per quanto riguarda i rimborsi ai consiglieri di Regione Lombardia. Robledo fa sapere da parte sua (le intercettazioni sono state inviate a Brescia che ha competenza sulla magistratura milanese) che colpirà tutti, come poi effettivamente avviene. Parlano anche dell’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, che con il pubblico ministero ha in ballo una causa per calunnia. Tuttavia le conversazioni non sembrano di grande interesse investigativo (si parla già di una archiviazione dal tribunale di Brescia che indaga sui colleghi milanesi), e la notizia sembra stare altrove, nonostante lo status di inquisito di Robledo.

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Se una notizia c’è, però, è quella che sta tra le righe. E cioè che Aiello, considerato uno dei manovratori della battaglia intestina alla Lega Nord, lacerata dal caso dell’ex tesoriere Francesco Belsito, è “soggetto di interesse investigativo” per una procura antimafia. A quanto risulta a Linkiesta, e come anticipato in questi giorni dal Corriere della Calabria, la procura è quella di Reggio Calabria, la stessa che sta appunto ricostruendo, tramite l’inchiesta “Breakfast” quel legame tra la Lega Nord e alcuni soggetti e colletti bianchi riconducibili alla ‘ndrangheta. Soggetti che avrebbero permesso il transito di fondi neri derivanti dalle operazioni di Belsito sui canali del clan De Stefano.
Tra le intercettazioni che i pm della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria mettono agli atti dell’indagine, quelle tra il pm Alfredo Robledo e l’avvocato Domenico Aiello sarebbero una piccola parte delle conversazioni intercettate sui telefoni dello stesso Aiello. Conversazioni che al momento rimangono top-secret ed entrano nell’inchiesta Breakfast, di cui lo stesso Robledo è stato protagonista di striscio, quando nell’aprile del 2013 fece arrestare Belsito con l’accusa di truffa, e con lui il faccendiere legato a doppio filo alle famiglie di ‘ndrangheta calabresi Romolo Girardelli, detto “l’ammiraglio”.

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Come spiegarono però gli stessi pm di Reggio in trasferta negli uffici della Direzione Investigativa Antimafia (circa un mese prima della richiesta di arresto della procura di Milano) durante l’interrogatorio all’ex tesoriere del Carroccio «l’indagine di Milano è diversa dalla nostra», e in questi ultimi due anni è andata avanti spedita. Proprio nel corso di quell’interrogatorio Belsito costruisce un quadro della lotta intestina nella Lega Nord e porta in primo piano questo «avvocato calabrese che vive a Milano», la cui moglie era «il Direttore, della Regione Calabria, di un Dipartimento». Niente nomi, ma oggi quell’avvocato calabrese che vive a Milano la cui moglie lavorava per la Regione Calabria (una “signora dei Fondi comunitari” la definisce il Corriere della Calabria) sembra essere lo stesso Domenico Aiello.
L'inchiesta dei pm reggini punta a dimostrare il legame tra la Lega Nord e alcuni soggetti e colletti bianchi riconducibili alla ‘ndrangheta. Soggetti che avrebbero permesso il transito di fondi neri derivanti dalle operazioni dell'ex tesoriere Belsito sui canali del clan De Stefano
Uomo del “cerchio magico” di Maroni, tanto che quella stessa moglie, Anna Tavano, siedeva in Infrastrutture Lombarde sulla sedia di direttore generale la società, interamente partecipata dalla Regione: ha coordinato fino a questa estate la realizzazione di nuove infrastrutture e la valorizzazione delle esistenti, incluse le opere pubbliche della Sanità, come gli ospedali. Quella stessa Infrastrutture Lombarde falcidiata dagli arresti nell’ambito delle indagini su Expo 2015, casus belli della lotta intestina alla procura di Milano proprio tra Robledo e il suo capo Bruti Liberati. Da lì si parte e lì si ritorna. E in regione c’è chi parla già della maledizione di Formigoni. Maroni rischia di fare la stessa fine? 

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