lunedì 27 ottobre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

«Il voto non è servito, in Tunisia manca la libertà»

Lina Ben Mhenni, blogger della rivoluzione dei gelsomini. «Gli uomini del regime restano al potere»
Fadel Senna/Afp/Getty Images

Fadel Senna/Afp/Getty Images

   
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Lina Ben Mhenni, blogger tunisina e protagonista della “rivoluzione dei gelsomini” che ha portato alla caduta di Ben Ali, attivista sotto scorta per le minacce ricevute, commenta le prime proiezioni che danno il partito laico Nidaa Tounès in testa nelle elezioni politiche tunisine con circa il 37,1 per cento dei voti (ottenendo circa un’ottantina di seggi). Il partito di Essebsi non ha la maggioranza (per governare sono necessari 109 seggi) e dunque sarà necessaria una coalizione. Dal canto suo il partito islamista Ennahdha, che le proiezioni danno al 27,9 per cento (circa 67 seggi), ha ammesso pubblicamente la sconfitta. Le reazioni sono contrastanti. In Italia il governo celebra il voto, anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso «viva soddisfazione per la prova di democrazia offerta dal popolo tunisino che ha affrontato con spirito democratico la campagna elettorale e il voto delle elezioni legislative». «Il sogno delle primavere arabe può essere realizzato» ha confermato la titolare degli Esteri Federica Mogherini. Ma la blogger Lina Ben Mhenni non è altrettanto ottimista. «Fin quando non ci sarà piena giustizia sui crimini commessi dal regime di Ben Ali, fin quando gli ex membri di quel regime saranno al potere, fin quando non saremo messi in condizione di decidere da soli, non si potrà parlare di reale democrazia in Tunisia». 
Nidaa Tounès è il primo partito ma non ha la maggioranza e sarà necessaria un’alleanza politica con altri partiti. Qual è la sua opinione su questo risultato? 
In quanto giovane tunisina che ha partecipato alla rivoluzione non credo si possa considerare il risultato di Nidaa Tounès come un giusto prosieguo del processo rivoluzionario che ha portato alla caduta di Ben Ali. Non credo che questo partito possa rappresentare coloro che hanno manifestato e sono scesi per strada per chiedere le dimissioni di Ben Ali. Voglio ricordare poi che Ennahda s’è piazzato secondo, dunque l’Islam politico è tutt’altro che sconfitto. In più non conosciamo ancora le vere intenzioni di Nidaa Tounès e a che tipo di coalizione darà vita e se in questa coalizione ci sarà o meno Ennahda. Per questo dico che è fin troppo presto per affermare che ci siamo finalmente sbarazzati dell’Islam politico. E poi bisogna dire una cosa importante: molta gente che ha votato per Nidaa Tounès l’ha fatto non per vera convinzione ma perché si trattava di un voto utile per sconfiggere Ennahda. La gente in Tunisia ha così paura dell’Islam politico, del terrorismo ed ha votato per il male minore ovvero un partito laico che aveva più chances di vincere. Mi aspettavo questo risultato. Per me non è una sorpresa.
Lina Ben Mhenni
La blogger Lina Ben Mhenni (Lionel Bonaventure/Afp/Getty Images)
Il tasso di partecipazione al voto ha superato il 60 per cento e sembra un dato positivo. Nel 2011 si trattava di votare per un’assemblea costituente. Ora si è votato per un parlamento che durerà 5 anni. Vede progressi democratici per la Tunisia?
I tunisini hanno votato più che nel 2011 e questo è un dato positivo. L’affluenza dimostra che i tunisini si sono resi conto che gli islamisti non sono stati in grado di gestire in questi anni il paese perché incompetenti e, spaventati dal terrorismo, hanno votato in massa per salvare la Tunisia. Ma nonostante ciò non credo si possa parlare di vero progresso per la democrazia in Tunisia, almeno fin quando non saranno chiare le intenzioni dei partiti. Essebsi (presidente di Nidaa Tounès ndr) è stato primo ministro dopo la caduta di Ben Ali e non si è comportato in maniera certo democratica. Ricordo tanta violenza da parte della polizia, membri del regime di Ben Ali non arrestati che hanno potuto lasciare tranquillamente il paese grazie al governo di Essebsi. 
In Nidaa Tounès sono confluiti anche diversi ex membri del regime di Ben Ali.
Questo è un motivo per il quale, come molti altri giovani tunisini che hanno partecipato alla rivoluzione, non sono per nulla ottimista riguardo le sorti del paese. Continuo a considerare Nidaa Tounès come un partito conservatore, di destra, che non apporterà i cambiamenti necessari, un partito nel quale una parte dell’ex regime ha voluto riciclarsi. Forse assisteremo alla fine del dibattito politico su argomenti religiosi ma per il resto non vedo cambiamenti di sorta all’orizzonte. Dal punto di vista economico ma anche delle libertà non cambierà nulla.     
La nuova alleanza politica che verrà fuori dovrà intraprendere una serie di riforme politiche. Cosa è urgente in questo momento per la Tunisia?
Tutto. Dall’economia alla politica la Tunisia ha bisogno di una vera e propria svolta. Penso ad esempio al fatto che occorre portare avanti la transizione democratica ma il fatto che ci siano ex membri del regime di Ben Ali nel parlamento la dice tutta. Anche la lotta al terrorismo è diventata una priorità per la maggior parte dei tunisini ma, ripeto, dubito che Nidaa Tounès possa imprimere una vera svolta al paese. 
A che punto solo le libertà di espressione e di stampa in Tunisia?
Oggi in Tunisia puoi dire quello che vuoi, anche se devi aspettarti pure di ricevere minacce ed intimidazioni. Quando si parla della stampa occorre ricordare però che la stampa tunisina non è una stampa indipendente, è una stampa manipolata dai partiti politici, dalle lobbies, da influenti uomini d’affari. Negli ultimi tempi poi ne abbiamo avuto una riprova lampante. La stampa non fa assolutamente gli interessi del popolo ma esclusivamente quelli di pochi ed influenti privati e dei partiti politici.
Malgrado la scorta assegnatale, ciò non ha impedito a dei poliziotti di aggredirla fisicamente. Cosa significa vivere con una scorta?   
Intanto debbo dire che non credo che questa situazione continuerà a lungo. Con la sconfitta di Ennahda mi si dirà forse: “Gli islamisti non sono più al potere, ora non c’è più pericolo” e verrò lasciata senza scorta. Da più di un anno però vivo una vita orribile, ho una sensazione di perenne insicurezza. Non ho la libertà di movimento che avevo prima. È inoltre difficile e complesso continuare ad essere una blogger di denuncia ed avere contemporaneamente una scorta di polizia che ti segue come un’ombra. È difficile anche effettuare interviste perché gli intervistati sono reticenti davanti ad una scorta o sono meno diretti. E poi quello che mi è accaduto è grave e grottesco. Pur essendo scortata da poliziotti sono stata aggredita proprio da poliziotti. Il ministero degli interni ha voluto assegnarmi una scorta e degli agenti del ministero degli interni mi hanno aggredita ed hanno aggredito un agente della mia scorta. Ciò dimostra che ci sono divisioni anche all’interno del ministero, che quest’ultimo è influenzato da diverse correnti e partiti politici, da poliziotti che giurano fedeltà a diversi partiti politici. 
Rispetto ad altri paesi del mondo arabo attraversati da rivolte, la Tunisia ha avuto un percorso tormentato ma meno sanguinoso. Quanto è lontana la democrazia?
Intanto occorre dire che ogni paese fa storia a sé ed è difficile fare paragoni. È certo che la Tunisia, tra i paesi in cui il popolo si è rivoltato contro le dittature, è quella in cui s’è versato meno sangue. Nonostante ciò non credo che la Tunisia si stia incamminando sulla strada che la porterà a diventare una democrazia compiuta. Fin quando non ci sarà piena giustizia sui crimini commessi dal regime di Ben Ali, una giustizia di transizione, fin quando gli ex membri del regime di Ben Ali saranno al potere, fin quando non sarà fatta luce e piena giustizia, fin quando ci saranno ingerenze esterne ed i tunisini non saranno messi in condizione di decidere da soli non si potrà parlare di reale democrazia in Tunisia. 

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