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LA RABBIA torna a casa. Gli italiani hanno più fiducia in Matteo Salvini che in Beppe Grillo. E va bene che i sondaggi sono gli oroscopi della democrazia, ma tutti, anche quest'ultimo commissionato per la trasmissione Agorà di Raitre, confermano che a destra retrocede il vaffa e risale il dito medio. E torna sorprendentemente a crescere, sino al nove per cento dei voti, la Lega che pareva morta e sepolta sotto gli scandali del familismo sgangherato del Bossi vecchio e malato, decaduta insieme al corpo dello sciamano che era stato duro e puro ma poi, politicamente imbalsamato, aveva trasformato tutto il partito in una banda di terroni padani, avidi, corrotti e soprattutto ridicoli. Ma poi è entrato in scena, come risorsa disperata e marginale, Matteo Salvini, nuovo gabbamondo di talento, milanese di 41 anni, ex studente fuoricorso com'era Bossi, ex cameriere in un Burghy, con la barba l'orecchino e i capelli sempre scomposti, neodivo della televisione, rustico e ruvido in perenne opposizione estetica, com'era ai tempi il Senatur. Ebbene adesso quest'uomo nuovo del nativismo sta per ribattezzare "Lega dei Popoli" la carcassa resuscitata di quella gagliofferia con il corno celtico e l'ampolla del dio Po. La nuova idea vincente? Puntando sullo stesso Salvini sindaco di Milano e su Giorgia Meloni sindaco di Roma questa Lega ha sostituito lo scissionismo con il "sovranismo", che è il neologismo sciamannato della nuova "destra di popolo".

Definitivamente rottamando gli implosi del berlusconismo, da La Russa a Fitto, da Storace ad Alemanno, Salvini sta dunque confusamente riorganizzando in tutta Italia, da Milano a Palermo, la protesta plebea del popolo piccolo piccolo non più attorno all'ideale "nobile" di non pagare le tasse a Roma ladrona, ma allo slogan "difendiamo i confini". Si sono radicati così nella Lega, a riprova che il populismo è fondato sugli spasmi del più volubile cattivo umore e mai sulla politica, l'odiatissima Patria e quell'inno di Mameli al quale tutta la nomenklaura, Salvini compreso, reagiva con il gesto dell'ombrello. Ma ora contro la Germania e contro l'invasione dei clandestini quella disprezzatissima Patria è valsa a Salvini un tasso di fiducia del venti per cento: più di Grillo, più di quanto Bossi avesse mai avuto.