Emilia Romagna, parlamentari M5s scrivono a Casaleggio: "Non ci fidiamo, risultati delle primarie vengano certificati da ente terzo"
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AGGIORNAMENTO DELLE 18.54 Nonostante l'espresso divieto di Beppe Grillo, il M5S di Parma ha raggiunto un accordo con Pd e centrodestra per eleggere un esponente Pd (o il sindaco di Fidenza o quello di Salsomaggiore) alla presidenza della Provincia di Parma. Federico Pizzarotti sarà candidato come consigliere provinciale nella lista unitaria.
Ieri sera si è giunti al punto di non ritorno. Ancora prima che venisse formalizzata l'esclusione dalle primarie online dell'attuale capogruppo in Regione Emilia-Romagna del Movimento 5 stelle, Andrea De Franceschi, un gruppetto di suoi corregionali che siede in Parlamento ha vergato un documento e l'ha spedito alla Casaleggio Associati. Con una richiesta ben precisa: che la procedura e gli esiti del voto degli attivisti che dovrà scegliere il candidato presidente per le prossime elezioni venga certificato da un ente terzo, e che tale certificazione venga resa pubblica. "Proprio come è successo in occasione delle quirinarie", spiega uno dei firmatari.
Nella grammatica del variopinto mondo a 5 stelle il messaggio è dirompente: non ci fidiamo del blog, non ci fidiamo dei risultati che verranno mandati in rete con un click da un dipendente di Gianroberto Casaleggio, ma soprattutto "a questo punto non crediamo che Beppe Grillo possa essere il garante di tutti". Una sconfessione in piena regola, che arriva dopo l'improvvisa defenestrazione del più quotato dei candidati alla corsa per la successione di Vasco Errani.
Ricapitolando i precedenti della vicenda: come requisito per la candidatura è stato inserita la clausola che il candidato non sarebbe dovuto essere iscritto al registro degli indagati. Subito gli sguardi si sono rivolti al capogruppo e il suo presunto coinvolgimento nell'affaire dei rimborsi pazzi del Consiglio regionale. "Una norma ad hoc", hanno protestato in tanti. Ma, per quanto il suo nome circoli spesso a mezzo stampa in relazione all'indagine, De Franceschi, allo stato attuale, non risulta iscritto nel registro degli indagati. Tant'è che è andato avanti, e ha presentato formalmente allo staff il plico dei documenti richiesti per essere messo in lizza. E aveva spiegato che "nel caso risultassi effettivamente indagato in quanto capogruppo, va reso noto a chi vuole strumentalizzare la cosa che è un atto d'ufficio obbligatorio se si vuole accedere al bilancio di un gruppo consiliare, di cui io sono responsabile penalmente". Ma nulla da fare, il suo nome, nella lista dei candidati, non compare.
Una decisione presa unilateralmente tra Milano e Genova, che sta facendo ribollire i parlamentari emiliano-romagnoli. Che, su Facebook come nelle chat interne, indirizzano parole al vetriolo nei confronti del modo in cui è stata gestita la vicenda. A Roma si vocifera di un "interessamento alla vicenda" di Max Bugani, lo storico uomo di Casaleggio a Bologna e dintorni: "È noto che tra i due non corre buon sangue, deve essere stato lui a caldeggiare questa soluzione, altrimenti non si spiega questa forzatura delle regole appositamente creata per colpirlo".
E dire che tra gli aspiranti candidati un posto l'ha trovato anche Dario Pattacini, candidato nel 2009 con l'Idv, pur proibendo le regole interne del Movimento la candidatura a chi ha avversato le liste stellate in precedenti tornate elettorali. E che non più tardi di qualche mese fa è stato candidato a guidare la Regione Piemonte Davide Bono, raggiunto da un avviso di garanzia per una vicenda analoga a quella in cui risulterebbe coinvolto De Franceschi. Una vicenda poi archiviata, che portò Bono a spiegare che iIn effetti questo dovrà farci ben riflettere e imparare a distinguere nettamente tra indagini e rinvio a giudizio”.
Per ora, tuttavia, le tensioni si fermano nel perimetro regionale, essendo gli altri esponenti nazionali divisi tra chi fa spallucce e spiega di non aver seguito la vicenda e chi spiega che "staremo a vedere come va a finire". L'unico che potrebbe piantare un cuneo e allargare la frattura ad assumere contorni nazionali potrebbe essere Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma ha già preso le difese di De Franceschi (prima della definitiva notizia della sua esclusione), e oggi è tornato ad incalzare Grillo sulla necessità di un cambio di rotta nella strategia politica. Parole significativamente concesse a Europa, giornale d'area del Partito democratico.
Il primo sindaco grillino di un grande comune continua per il momento con la sua tattica di frenate e accelerazioni. "Io con Grillo e Casaleggio non ho mai avuto problemi – spiega – semmai sono loro che ne hanno avuti con me", si giustifica Pizzarotti, consapevole del fatto che, preso dal punto di vista dei due diarchi, il discorso potrebbe essere facilmente ribaltato senza tema di smentita. Oggi c'è chi lo accredita semplicemente come il grillo parlante dei 5 stelle, chi invece ventila sue volontà di rottura e di progetti autonomi. Difficile capire dove sia il vero. Ma potrebbe darsi che l'adagio che a mezza bocca sussurra un parlamentare possa riassumere i timori che pervadono oggi una buona parte del Movimento: "È in Emilia che è iniziato tutto, ed è in Emilia che tutto finirà".
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