Lavoro, lettera di Renzi agli iscritti del Pd “La vecchia guardia vuole scontro ideologico” E la Cgil apre: “Discutiamo, ma basta insulti”
Il sindacato dopo lo scontro tra il premier e Camusso: niente licenziamenti senza ragione. La Cisl si sfila: nessuno sciopero. Pd spaccato. Brunetta: «Forza Italia pronta al sostegno»
ANSA
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi
20/09/2014
Dopo il botta e risposta tra Renzi e Camusso di ieri sull’articolo 18, il fronte dello scontro si sposta all’interno del Pd. Renzi torna sulla polemica del jobs act con una lettera indirizzata agli iscritti dem: «Chi oggi difende il sistema vigente difende un modello di diseguaglianze dove i diritti dipendono dalla provenienza o dall’età. Noi vogliamo difendere i diritti di chi non ha diritti. Quelli di cui nessuno si è occupato fino ad oggi». «Ci hanno paragonato - afferma ancora il premier - ai leader della destra liberista anglosassone degli anni Ottanta. A me hanno insegnato che essere di sinistra significa combattere un’ingiustizia, non conservarla. Davanti a un problema c’è chi trova soluzioni provando a cambiare e chi organizza convegni lasciando le cose come sono. Anche nel nostro partito c’è chi vuole cogliere la palla al balzo per tornare agli scontri ideologici e magari riportare il Pd del 25%. Noi no.
APERTURA DELLA CGIL
Intanto la Cgil torna all’attacco («basta insulti») ma allo stesso tempo apre uno spiraglio al dialogo con il governo sulla riforma del lavoro e sull’articolo 18, «Guardiamoci negli occhi e discutiamone», scrive il sindacato su Twitter dopo il video messaggio di ieri sera del premier. Anche la Cisl sceglie toni più soft rispetto ai giorni scorsi con Bonanni che sul nodo del reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa spiega: «È un’ossessione, meglio pensare ai disagiati». Niente sciopero, assicura il sindacato, che apre anche a una rimodulazione dell’articolo 18.
I PALETTI
La Cgil indica sei punti per la riforma del lavoro, o meglio sei paletti. Il primo, appunto, recita: «Non vogliamo che chi lavora possa essere licenziato senza una ragione». Il secondo guarda invece alle spaccature all’interno del mondo del lavoro: «Mandare tutti in serie “B” non è estendere i diritti e le tutele». Il sindacato chiede quindi di estendere a tutti malattia e maternità, boccia l’introduzione del demansionamento («stesso lavoro, stessa retribuzione») e chiarisce la sua posizione sul contratto a tutele crescenti: «Sì» ma a patto che «si cancellano i tanti contratti che producono precarietà». Da ultimo, la Cgil ricorda: «La regola più semplice: garantire la dignità di chi lavora». Il sindacato di Corso d’Italia chiude la raffica di tweet con un interrogativo: «Da sempre ci battiamo per estendere diritti e tutele. Renzi vuole fare lo stesso?». per Bonanni invece si può anche ridiscutere l’articolo 18: «È diventato un’ossessione» ma «agli imprenditori non frega nulla,il 95% aziende italiane sta sotto i 15 dipendenti e le poche migliaia di controversie sono risolte per la stragrande maggioranza attraverso la conciliazione». La distanza dalla cgil è evendente. Se non bastasse il leader della Cisl rilancia: «Dico con buona pace della Camusso, che farebbe bene ad astenersi dal dire al premier che è come la Thatcher».
Nessun commento:
Posta un commento