mercoledì 17 settembre 2014

Guardate quanti fessi ci sono in giro per l'Europa.

Oltre la Scozia, il «patchwork» 

degliindipendentisti europei

Il caso catalano e i sogni dei popoli che vorrebbero autodeterminazione e maggiore autonomia. E che commentano con attenzione il caso di Glasgow

di Francesca Gambarini

shado
Non solo Scozia. E nemmeno solo Catalogna. Da non confondersi (o per lo meno non del tutto) con gli euroscettici, gli indipendentisti che vivono tra i confini del Vecchio Continente in questi giorni guardano con attenzione alle sorti dei due casi emblematici del momento, in bilico tra volontà di autodeterminazione e sentimenti patriottici. Pronti, se servisse, a farsi forti proprio del successo scozzese. E a disegnare una mappa di un’Europa quasi medioevale, come mostra la carta della European Free Alliance, a cui appartengono ben 40 movimenti tra separatisti, autonomisti e nazionalisti. Ecco i più in vista.
In Italia
Il sogno della “Padania libera” non è mai tramontato nei cuori dei leghisti della prima ora e rimane uno dei punti programmatici della Lega di Matteo Salvini, che il 17 settembre è partito alla volta della Scozia con una delegazione del partito per seguire da vicino il referendum.
Maroni: «Dopo la Scozia e la Catalogna penso alla Lombardia»
Non ha nascosto la sua ammirazione per la Scozia Roberto Maroni, il leghista presidente della Lombardia, galvanizzato dal referendum, che ha commentato: «Gli Stati hanno perso e stanno progressivamente perdendo sempre di più la loro funzione, non controllando più i confini e non battendo moneta. Se vogliamo andare verso l’Europa delle Regioni e dei popoli questa è la strada e non vedo nessun dramma, io naturalmente tifo per la Scozia, poi tocca alla Catalogna e siccome non c’è due senza tre non vedo perché poi non pensare a Lombardia o Veneto». E tra i leghisti, ultimamente si sono fatti sentire con parecchio ardore i separatisti veneti.
In Sardegna il fronte per l’indipendenza è attivo, plurale e ben rappresentato a livello delle istituzioni. A Edimburgo si è recata una delegazione che sarà ricevuta nei prossimi giorni nella sede del parlamento scozzese e che parteciperà all’Assemblea degli indipendentisti europei insieme ai rappresentanti della Scozia, Corsica, Catalogna e Paesi Baschi. I cinque consiglieri regionali “inviati speciali” leggeranno un documento in tre lingue (sardo, italiano e inglese) per
Una delegazione sarda è volata a Glasgow
esprimere la vicinanza del popolo sardo a quello scozzese.
Anche l’opposizione di lingua tedesca in Alto Adige tifa per il movimento indipendentista in Scozia. Per Eva Klotz (Suedtiroler Freiheit), il referendum dovrebbe essere da esempio per l’Alto Adige, ma «al governatore Kompatscher e alla Svp mancano la forza e il coraggio. Senza Roma risolviamo più facilmente i nostri problemi». 
Non è da meno la Sicilia, che proprio il 18 settembre, giorno del referendum scozzese, riflette sulle istanze separatiste del territorio con un seminario dal titolo “Sicilia, Scozia, Catalogna alla prova dell’autodeterminazione”, che si terrà a Palermo e che coinvolgerà alcuni dei movimenti che spingono per l’indipendenza dell’isola.
Nel Regno Unito
Bandiera della Cornovaglia
Bandiera della Cornovaglia
In Gran Bretagna, oltre alla Scozia, istanze separatiste non si nascondono dallaCornovaglia al Galles, passando per l’Irlanda del Nord, dove non si sono mai smorzate del tutto le spinte tra unionisti e nazionalisti del partito Sinn Fein.
In Francia
Non è mai davvero tramontato l’irridentismo corso: nell’isola è attivo dal 1976 il Fronte di liberazione nazionaledella Corsica, che sembra avere deposto le armi proprio a giugno di quest’anno, per aprire una strada di risoluzione politica e sopratutto pacifica al conflitto che li vede opporsi al governo di Parigi. Una decisione dovuta anche alle divisioni che hanno minato dall’interno il partito.
In Francia non mollano nemmeno i separatisti occitani, che
Valle dell’Occitania tra Francia e Italia
Valle dell’Occitania tra Francia e Italia
storicamente vorrebbero l’indipendenza per quel territorio che va dalla Spagna all’Italia, così come quelli bretoni, che hanno salutato l’organizzazione del referendum scozzese come un ritorno della «parola donata ai popoli», anche se non nutrono vere speranze su una sua possibile replica in territorio francese: per Troadec, leader dei Berretti rossi bretoni, movimento ”regionalista” nato nel 2013, «difficilmente vedremo un referendum così in Francia, paese ipercentralizzato che non riconosce i diritti alle sue minoranze».
Non solo Catalogna
Si è spento negli ultimi anni il fuoco dei separatisti baschi, ma la Spagna rimane agitata da correnti interne che vanno dalla Galizia alle Canarie, passando per Andalusia e Aragona. E per tornare ai Paesi baschi, il presidente
I baschi guardano alla Scozia come esempio di “dialogo”
lehendakari Inigo Urkullu ha avuto negli ultimi giorni parole molto chiare, pur senza pronunciare il termine indipendenza: «Siamo in un contesto nuovo - ha detto- e quello che potrà succedere in Scozia dovremo prenderlo come riferimento, come modello per lasciar decidere i cittadini, che permetta di consultare i cittadini su un modello basato su un accordo tra governi. Il riferimento è il dialogo, l’accordo e la consultazione».
In Belgio
Una nazione divisa in tre: Fiandre, Vallonia e regione di Bruxelles. Ebbene, gli autonomisti fiamminghi del N-Va sono diventati dalla ultime elezioni di maggio la principale forza del paese. Il referendum scozzese, alimentando il nazionalismo fiammingo, potrebbe rendere ancora più difficile la formazione di un governo che potrebbe essere guidato da Bart De Wever, il leader del N-Va insieme con i liberali fiamminghi e francofoni, e i cristiano sociali francofoni.
In Germania
Anche la Germania ha i suoi indipendentisti, per marginali che siano, e il referendum in Scozia dà nuove speranze pure a loro: i bavaresi
Nella Germania del sud, il sogno di una Baviera autonoma
del Beyernpartei. «Il mio sogno è diventare ministro degli Esteri della Baviera; questo significherebbe che il mio obiettivo politico è stato raggiunto», spiega Florian Weber, presidente di un piccolo partito che dalla fondazione, nel 1946, si batte per lo sganciamento della regione del sud. Con il referendum in Scozia, Weber vede il suo sogno realizzabile: «Fino a poco tempo fa il separatismo bavarese non era preso sul serio, da quando è iniziato il dibattito in Scozia, proprio in vista del referendum, il tema è diventato legittimo, se ne discute». E anche se la maggioranza dei bavaresi resta contraria all’indipendenza di Monaco, secondo un sondaggio recente «il 29% sarebbe a favore: un dato chiaramente in crescita se si pensa che un rilevamento di un anno fa dava conto di un 23% di favorevoli. In dieci anni potrei immaginare una Baviera autonoma in Europa», conclude.
Europa dell’Est e oltre
Strascichi del referendum in Scozia non sono da escludere anche fuori dall’Unione europea. In Serbia è ancora aperta la ferita del Kosovo, indipendente dal 2008, ma non riconosciuto da tutti i paesi dell’Unione europea (e tra questi c’è la Spagna). Mentre il caso ucraino apre nuovi inquietanti scenari. «Se ci sarà il riconoscimento dell’indipendenza della Scozia, questo vorrà dire che la Crimea deve essere
Anche il Quebec studia i separatisti delle Highlands
riconosciuta, in modo automatico, senza alcun problema e senza alcun dubbio», sostiene per esempio Serghiei Axionov, presidente ad interim della penisola sul Mar Nero annessa dalla Russia dopo un referendum plebiscitario. E c’è anche chi teme la Polonia possa rivendicare di nuovo Leopoli e la Galizia, in caso di smantellamento dell’Ucraina.
Sono agguerriti pure i separatisti della Transilvania, la regione della Moldavia che ha dichiarato unilateralmente la sua indipendenza nel 1990, senza però ottenere alcun riconoscimento dagli organismi internazionali.
I separatisti del Quebec
E oltre oceano guardano con attenzione alle sorti scozzesi i separatisti del Quebec, che ha inviato in Scozia una delegazione per studiare la campagna dei separatisti. Un viaggio che fecero, all’incontrario, proprio i rappresentati scozzesi nel 1995 quando in Quebec si tenne un referendum per l’indipendenza che, però, vide vincere i no per 49.9 a 50.6.

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