Il sindacato non esiste. Per tutti quelli che sono nati dalla fine degli anni Settanta il sindacato, semplicemente, non esiste. Non hanno mai avuto una tessera sindacale in tasca, difficilmente hanno partecipato a qualche manifestazione – e comunque, se lo hanno fatto, era solo una scusa per saltare un giorno di scuola – e molto probabilmente non hanno neppure mai visto in faccia un sindacalista. Magari ne hanno sentito parlare, quando e se hanno trovato un lavoro, come di quell’ectoplasma che grazie a un circuito chilometrico di permessi riesce a presentarsi il meno possibile in ufficio.
Dunque l’articolo 18, la questione sindacale, la Cgil, la Cisl, la Uil e il broncio della Camusso, per una buona parte del Paese, sono modernariato. Peggio: sono conservazione. Della peggiore specie. Conservazione di privilegi sclerotizzati e solidificatisi in casta. Una casta che pensa di avere il potere di veto su ogni cosa, che vuol dire sempre l’ultima parola e che si mette di traverso di fronte a ogni cambiamento. Un Paese non può essere ostaggio di una pletora di burocrati che guardano nello specchietto retrovisore, ma soprattutto non può esserlo il nostro futuro. Il sindacato non parla più a nome dei lavoratori. Gli iscritti alla Triplice sono meno di un quarto del sistema produttivo nazionale (lo scriveva Stefano Liviadotti nel suo libro L’altra casta, nel 2006, quindi il divario molto probabilmente è aumentato). E tutti gli altri? La priorità, cara Camusso, non è soltanto tutelare i diritti di chi un lavoro lo ha già, ma aiutare i tre milioni di italiani che non hanno ancora un’occupazione e tutti quelli che hanno contratti precari. Ma non possono occuparsi di queste categorie, perché almeno il 50% degli iscritti al sindacato sono pensionati. Capito? Altro che Cgil, Cisl e Uil, dovrebbero chiamarsi CgiP, CisP e UiP. C’è una fetta di popolazione che non sa se avrà mai una pensione, ma i “difensori” dei lavoratori si prodigano solo in una strenua e sterile e antistorica difesa di un mondo del lavoro e di un’Italia che non esiste più. Non vederlo, non capirlo, far finta di niente e minacciare di ribaltare il tavolo non è solo stupido, ma è anche criminale. E quelli che oggi hanno trent’anni e stanno cercando di mettere insieme i mattoncini del loro futuro, vedono nel sindacato un intralcio non una possibilità. La Cgil è un circolo di canasta per pensionati di sinistra, un club privé (senza timbro, ma con la tessera) che custodisce privilegi e difende fannulloni, che fa scappare le aziende, spaventa gli investitori, ingoia un sacco di soldi (a proposito, Renzi aveva promesso trasparenza sui conti dei sindacati…) e se ne fotte dei più giovani. E ora bisogna mandarci anche la Camusso, in pensione. Ma con le regole che toccheranno a noi, non con le loro.