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Regione Piemonte, la beffa del grattacielo
Costato milioni, rischia di rimanere inutilizzato
Il consiglio regionale non vuole trasferirsi nella nuova torre dell'ente, costata circa 260 milioni. Il motivo è quasi surreale: Il trasloco sarebbe troppo costoso
DI MICHELE SASSO
Il grattacielo di Torino da 260 milioni di euro rischia di restare vuoto. Progettato, finanziato e costruito per avere sotto lo stesso tetto giunta, parlamentino e uffici della regione Piemonte, per ora non ospiterà il consiglio. Motivo? Lo "spostamento sarebbe anti-economico".
«Niente trasferimento, non ci sono le condizioni economiche per farlo», spiegano i consiglieri del centrosinistra che danno per certa una decisione che arriverà in settimana, dopo il sopralluogo nell’area dell’ex Fiat Avio dove sorge il grattacielo.
Il presidente democratico Mauro Laus interpellato da La Stampa rimanda la comunicazione alla prossima decisione dell’ufficio di presidenza «dove ai numeri in nostro possesso si aggiungeranno quelli forniti dalla giunta in modo da avere un quadro complessivo di informazioni». Dietro il burocratese si nasconde l’imbarazzo.
Laus ammette infatti «che con la ristrutturazione delle sedi di nostra proprietà ci sarebbero spazi sufficienti per dare un adeguato posto di lavoro a chi è alle dipendenze del Consiglio regionale». In tutto circa 500 persone, tra dipendenti, politici e collaboratori dei gruppi. E ci sarebbero spazi sufficienti anche per ospitare il Corecom, le consulte, gli uffici del difensore civico e quelli degli ex consiglieri.
MENTRE SI COSTRUISCE, SI AFFITTA
A girare il coltello nella piaga dello sperpero è Vittorio Bertola, capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale a Torino: «I politici regionali, dopo aver deciso di costruire un nuovo grattacielo a spese nostre non ci si vogliono trasferire. Motivo? Secondo loro è antieconomico, ma vogliamo scommettere che quello vero è "laggiù al Lingotto è scomodo, ci vadano i dipendenti, noi stiamo tanto bene nei nostri uffici aulici in pieno centro"? E se invece è veramente antieconomico, perché l'hanno costruito, e perché a progetto del grattacielo già avviato la Regione ha comprato due palazzi in pieno centro per ospitare gli uffici dei consiglieri?».
Un controsenso: mentre si costruisce la grande casa per tutti, si comprano tante piccole stanze. Per capire meglio cosa è successo sotto la Mole è necessario un passo indietro. È il 2007 quando la giunta di centrosinistra di Mercedes Bresso dà il suo ok per acquistare il palazzo di via Arsenale 14. Costo: 9 milioni di euro. Oggi qui ci sono tutti i gruppi regionali del centrosinistra. Negli stessi mesi si annuncia anche la grande opera da 42 piani con tanto di bosco pensile. A pochi passi all’angolo tra via Arsenale e via Alfieri il palazzo che ha ospitato l’ex banco di Sicilia, viene acquistato per 14 milioni, ma aspetta ancora di essere ristrutturato. Il conto totale è di 23 milioni di euro.
Difficile anche trovare acquirenti per i tre piani di proprietà del consiglio regionale di via san Francesco d’Assisi 35. E ancor più difficile potrebbe essere mettere sul mercato Palazzo Lascaris (attuale sede del parlamentino regionale) vincolato perché «esempio significativo di dimora signorile della Torino barocca». Ora servirebbe un miracolo per rivendere questi immobili a prezzi di mercato con il valore del mattone in caduta libera. E spostare tutti al Lingotto.
UN’OPERA TRAVAGLIATA
Il sogno di grandeur di Torino è un’opera travagliata cominciata con la giunta di centrodestra di Enzo Ghigo, nel lontano 2000. L’idea era quella di riunificare tutti gli edifici regionali sparsi per la città.
A vincere il concorso internazionale è stato l’archistarMassimiliano Fuksas che progettò una torre a parallelepipedo da centro metri nell’area ex Materferro, a borgo San Paolo. Con l’elezione a governatore di Mercedes Bresso si cambiò sede e progetto, decidendo di riqualificare l’area dove un tempo sorgevano gli impianti della Fiat Avio, comprando i terreni da casa Agnelli per 50 milioni di euro. Il grattacielo con il cambio d’indirizzo lievita da 100 a 209 metri.
Nel 2011 partono poi i lavori e la torre faraonica va avanti tra feroci polemiche anche durante la giunta leghista di Roberto Cota, che presentò un esposto contestando il costo del progetto: troppi 22,5 milioni di euro per la matita di Fuksas. Vicenda della quale si sta occupando la Corte dei Conti dopo gli accertamenti sulla progettazione della Guardia di Finanza di Torino e dell’ordine degli architetti di Milano.
Secondo le verifiche l’ente pubblico ha subito un danno erariale di 4 milioni e mezzo. E oggi la voglia di gigantismo dei governatori potrebbe rivelarsi un flop per il neo presidente Sergio Chiamparino.
«Niente trasferimento, non ci sono le condizioni economiche per farlo», spiegano i consiglieri del centrosinistra che danno per certa una decisione che arriverà in settimana, dopo il sopralluogo nell’area dell’ex Fiat Avio dove sorge il grattacielo.
Il presidente democratico Mauro Laus interpellato da La Stampa rimanda la comunicazione alla prossima decisione dell’ufficio di presidenza «dove ai numeri in nostro possesso si aggiungeranno quelli forniti dalla giunta in modo da avere un quadro complessivo di informazioni». Dietro il burocratese si nasconde l’imbarazzo.
Laus ammette infatti «che con la ristrutturazione delle sedi di nostra proprietà ci sarebbero spazi sufficienti per dare un adeguato posto di lavoro a chi è alle dipendenze del Consiglio regionale». In tutto circa 500 persone, tra dipendenti, politici e collaboratori dei gruppi. E ci sarebbero spazi sufficienti anche per ospitare il Corecom, le consulte, gli uffici del difensore civico e quelli degli ex consiglieri.
MENTRE SI COSTRUISCE, SI AFFITTA
A girare il coltello nella piaga dello sperpero è Vittorio Bertola, capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale a Torino: «I politici regionali, dopo aver deciso di costruire un nuovo grattacielo a spese nostre non ci si vogliono trasferire. Motivo? Secondo loro è antieconomico, ma vogliamo scommettere che quello vero è "laggiù al Lingotto è scomodo, ci vadano i dipendenti, noi stiamo tanto bene nei nostri uffici aulici in pieno centro"? E se invece è veramente antieconomico, perché l'hanno costruito, e perché a progetto del grattacielo già avviato la Regione ha comprato due palazzi in pieno centro per ospitare gli uffici dei consiglieri?».
Un controsenso: mentre si costruisce la grande casa per tutti, si comprano tante piccole stanze. Per capire meglio cosa è successo sotto la Mole è necessario un passo indietro. È il 2007 quando la giunta di centrosinistra di Mercedes Bresso dà il suo ok per acquistare il palazzo di via Arsenale 14. Costo: 9 milioni di euro. Oggi qui ci sono tutti i gruppi regionali del centrosinistra. Negli stessi mesi si annuncia anche la grande opera da 42 piani con tanto di bosco pensile. A pochi passi all’angolo tra via Arsenale e via Alfieri il palazzo che ha ospitato l’ex banco di Sicilia, viene acquistato per 14 milioni, ma aspetta ancora di essere ristrutturato. Il conto totale è di 23 milioni di euro.
Difficile anche trovare acquirenti per i tre piani di proprietà del consiglio regionale di via san Francesco d’Assisi 35. E ancor più difficile potrebbe essere mettere sul mercato Palazzo Lascaris (attuale sede del parlamentino regionale) vincolato perché «esempio significativo di dimora signorile della Torino barocca». Ora servirebbe un miracolo per rivendere questi immobili a prezzi di mercato con il valore del mattone in caduta libera. E spostare tutti al Lingotto.
UN’OPERA TRAVAGLIATA
Il sogno di grandeur di Torino è un’opera travagliata cominciata con la giunta di centrodestra di Enzo Ghigo, nel lontano 2000. L’idea era quella di riunificare tutti gli edifici regionali sparsi per la città.
A vincere il concorso internazionale è stato l’archistarMassimiliano Fuksas che progettò una torre a parallelepipedo da centro metri nell’area ex Materferro, a borgo San Paolo. Con l’elezione a governatore di Mercedes Bresso si cambiò sede e progetto, decidendo di riqualificare l’area dove un tempo sorgevano gli impianti della Fiat Avio, comprando i terreni da casa Agnelli per 50 milioni di euro. Il grattacielo con il cambio d’indirizzo lievita da 100 a 209 metri.
Nel 2011 partono poi i lavori e la torre faraonica va avanti tra feroci polemiche anche durante la giunta leghista di Roberto Cota, che presentò un esposto contestando il costo del progetto: troppi 22,5 milioni di euro per la matita di Fuksas. Vicenda della quale si sta occupando la Corte dei Conti dopo gli accertamenti sulla progettazione della Guardia di Finanza di Torino e dell’ordine degli architetti di Milano.
Secondo le verifiche l’ente pubblico ha subito un danno erariale di 4 milioni e mezzo. E oggi la voglia di gigantismo dei governatori potrebbe rivelarsi un flop per il neo presidente Sergio Chiamparino.
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