Renzi a La Stampa: “Liberiamo la possibilità di assumere, ma meno rigidità sul lavoro”
Colloquio con il premier in visita al nostro giornale: “Maternità anche a chi ha la partita Iva o a chi non è coperto dalle casse della categorie”
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi con il direttore de La Stampa Mario Calabresi
17/09/2014
TORINO
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sorride quando entra in redazione a La Stampa e vede sul sito del nostro giornale i flash sull’emendamento del governo per un contratto a tutele crescenti per i neo assunti. “È lì che vogliamo andare”, dice spiegando cosa poi significhi concretamente smetterla di dividere i lavoratori di serie A e di serie B come ha detto ieri alle Camere.
“Dobbiamo dare regole che siano sostanzialmente uguali per tutti”. Parte dall’attenzione verso le donne, ormai chiodo fisso del suo governo. “Oggi non tutte le lavoratrici hanno la maternità. Dobbiamo garantirla anche a chi ha la partita Iva o a chi non è coperto dalle casse della categorie”.
E, ovviamente, superare “l’articolo 18” significa prendersi cura del lavoratore nel momento in cui esce dal mercato del lavoro. “Il concetto di fondo è che noi dobbiamo liberare la possibilità di assumere e, per chi non ce la fa, non avere le rigidità che ha avuto il mercato del lavoro fino a oggi”.
Avere le stesse regole. “Che tu abbia lavorato in una azienda che abbia più di quindici dipendenti o meno, devi avere le stesse garanzie. Per un anno puoi fare un corso di formazione o un investimento su di te. Non c’è solo un indennizzo, ma è lo Stato che ti accompagna per un periodo”. Che costerebbe allo Stato tra 1,5 e due miliardi.
Il modello a tendere è quello già contenuto nella legge delega di marzo. Però “dobbiamo avere tempi certi”, avverte Renzi. “Entro l’anno, dobbiamo avere chiaro l’iter normativo”. Altrimenti, il messaggio è chiaro: è già pronto un decreto.
Un mercato del lavoro più flessibile e più sicuro. La Flexsecurity alla danese cui si ispira il premier. “Non certo un mercato del lavoro “alla spagnola”. Il nostro modello non può essere un Paese che ha il 25% di disoccupazione, con tutto il rispetto per gli sforzi di Rajoy”.
“Alcuni pensano che dovremmo fare come la Spagna. Ma l’Italia ha effervescenza e dinamismo. È un’altra cosa”.
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