venerdì 19 settembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Il Papa: no al clericalismo di regole e istruzioni, non chiudiamoci

 
 
PAPA FRANCESCO
(©LaPresse)
(©LAPRESSE) PAPA FRANCESCO

All’udienza al pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione saluta Jean Vanier. Torna a dire che la Chiesa è un “ospedale da campo”: il popolo di Dio è ferito e ci chiede vicinanza

IACOPO SCARAMUZZIROMA
“Davanti a tante esigenze pastorali, davanti a tante richieste di uomini e donne, corriamo il rischio di spaventarci e di ripiegarci su noi stessi in atteggiamento di paura e difesa. E da lì nasce la tentazione della sufficienza e del clericalismo, quel codificare la fede in regole e istruzioni...”. Papa Francesco ha ricevuto nel pomeriggio i partecipanti ad un incontro organizzato dal pontificio consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione, in aula Paolo VI, e, sullo sfondo del dibattito in vista del sinodo straordinario sulla famiglia, pur senza mai citarlo espressamente, Jorge Mario Bergoglio è tornato a insistere sull’idea che la Chiesa è un “ospedale da campo” per un “popolo di Dio” ferito che chiede alla Chiesa “prossimità”.

Il Papa argentino è partito dal brano del Vangelo di Matteo nel quale si dice che Gesù “vedendo le folle, ne sentì compassione perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”: “Quante persone, nelle tante periferie esistenziali dei nostri giorni – ha chiosato Jorge Mario Bergoglio – sono stanche e sfinite e attendono la Chiesa, attendono noi! Come poterle raggiungere? Come condividere con loro l’esperienza della fede, l’amore di Dio, l’incontro con Gesù? E’ questa la responsabilità delle nostre comunità e della nostra pastorale”. E ancora: “Quanta povertà e solitudine purtroppo vediamo nel mondo di oggi! Quante persone vivono in grande sofferenza e chiedono alla Chiesa di essere segno della vicinanza, della bontà, della solidarietà e della misericordia del Signore. Questo è un compito che in modo particolare spetta a quanti hanno la responsabilità della pastorale: al vescovo nella sua diocesi, al parroco nella sua parrocchia, ai diaconi nel servizio alla carità, ai catechisti e alle catechiste nel loro ministero di trasmettere la fede… Insomma, quanti sono impegnati nei diversi ambiti della pastorale sono chiamati a riconoscere e leggere questi segni dei tempi per dare una risposta saggia e generosa. Davanti a tante esigenze pastorali, davanti a tante richieste di uomini e donne, corriamo il rischio di spaventarci e di ripiegarci su noi stessi in atteggiamento di paura e difesa. E da lì nasce – ha scandito il Papa – la tentazione della sufficienza e del clericalismo, quel codificare la fede in regole e istruzioni, come facevano gli scribi, i farisei e i dottori della legge del tempo di Gesù. Avremo tutto chiaro, tutto ordinato, ma il popolo credente e in ricerca continuerà ad avere fame e sete di Dio. Ho detto alcune volte – ha proseguito a braccio Jorge Mario Bergoglio – che la Chiesa mi sembra un ospedale da campo, tanta gente ferita, tanta gente ferita, che chiedono a noi vicinanza, chiedono a noi quello che chiedevano a Gesù: vicinanza, prossimità, e con questo atteggiamento degli scribi, dei dottori della legge e dei farisei mai, mai faremo una testimonianza di vicinanza”. Il Papa aveva usato per la prima volta l’espressione “ospedale da campo” nell’intervista alla Civiltà cattolica.

Con una punta di humor, il Papa si è poi soffermato su un altro episodio evangelico, quello del padrone della vigna che esce in cerca di operai in diverse ore del giorno: “Non è uscito una sola volta. Nella parabola Gesù dice che è uscito almeno cinque volte: all`alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre e alle cinque del pomeriggio…”. Papa Francesco, che aveva preso la parola attorno alle 16.30, ha controllato l’ora e, suscitando le risate dei presenti, ha aggiunto: “Ancora abbiamo tempo che venga da noi…”. Poi, serio, ha commentato: “Pensate a quelli dell`ultima ora: nessuno li aveva chiamati; chissà come si potevano sentire, perché alla fine della giornata non avrebbero portato a casa niente per sfamare i loro figli. Ecco, quanti sono responsabili della pastorale possono trovare un bell`esempio in questa parabola”.

Jorge Mario Bergoglio ha voluto mettere in guardia da un ultimo rischio: “Non rincorriamo, per favore, la voce delle sirene che chiamano a fare della pastorale una convulsa serie di iniziative, senza riuscire a cogliere l’essenziale dell’impegno di evangelizzazione. A volte sembra che siamo più preoccupati di moltiplicare le attività piuttosto che essere attenti alle persone e al loro incontro con Dio. Una pastorale che non ha questa attenzione diventa poco alla volta sterile”. Sull’esempio di Gesù, servono “pazienza e perseveranza”, ha detto il Papa, che ha aggiunto: “Non abbiamo la bacchetta magica per tutto, ma possediamo la fiducia nel Signore che ci accompagna e non ci abbandona mai”.

“Seminiamo e diamo testimonianza”, ha concluso il Papa. “La testimonianza è l`inizio di un`evangelizzazione che tocca il cuore e lo trasforma. Le parole senza testimonianza non vanno, non servono. La testimonianza è quella che porta e dà validità alla parola”. Poi, salutando, Bergoglio ha ringraziato i presenti per il loro impegno: “Vi benedico e, per favore non dimenticatevi di pregare per me... perché – ha aggiunto a braccio – io devo parlare tanto, ma anche io dia un po di testimonianza cristiana!”. Introdotto all’udienza da mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero vaticano che, tra gli applausi, ha ringraziato il Papa per l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il Papa ha salutato alla fine con particolare cordialità Jean Vanier, fondatore della comunità dell'Arca.

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