lunedì 11 agosto 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Un miliardo di risparmi dalla riforma costituzionale: ecco i tagli

Abolizione Province e Cnel, senatori senza indennità, Regioni

TMNews
Roma, 11 ago. (TMNews) - Sfiora il miliardo secondo le prime stime approssimative e considerando l'abolizione delle Province, il risparmio di spesa pubblica derivante dalla riforma costituzionale approvata dal Senato in prima lettura venerdì scorso, 8 agosto. E bisogna inoltre considerare le forti semplificazioni del processo legislativo per il superamento del bicameralismo paritario e la riduzione dell'enorme contenzioso Stato-Regioni dovuto alla riforma del titolo V con la ridefinizione delle competenze dello Stato e delle Regioni: queste semplificazioni non comportano immediati risparmi di spesa pubblica, ma non c'è dubbio che dovrebbero rendere assai più veloci, e dunque anche più economici, i processi decisionali nazionali e regionali.

Ma vediamo in dettaglio i risparmi di spesa e le semplificazioni, che diventeranno ovviamente effettivi una volta approvata definitivamente la riforma costituzionale che richiederà ancora tre o quattro letture parlamentari (dipende se la Camera apporterà delle modifiche al testo approvato dal Senato) e il referendum confermativo che potrebbe aver luogo nella primavera del 2016.

ABOLIZIONE DELLE PROVINCE Con la riforma approvata al Senato si cancellano definitivamente le Province, che scompaiono dalla Costituzione, completando il processo di abolizione già avviato con il provvedimento Delrio che le ha commissariate evitando che il 25 maggio scorso, insieme alle elezioni europee, votassimo anche per il rinnovo di alcune decine di Province. L'abolizione ha cancellato circa 4 mila posti di presidenti, assessori e consiglieri provinciali con relative indennità, spese per gli staff e soprattutto spese per le funzioni non strettamente istituzionali. In sostanza, le Province hanno quattro funzioni fondamentali (strade provinciali, politiche ambientali, scuole superiori e formazione-lavoro). Ma tutte le Province avevano più assessori, che si occupavano di funzioni non essenziali, per esempio la cultura.

Oggi queste funzioni e i relativi costi dovrebbero essere del tutto azzerati, mentre i 60 mila dipendenti dovrebbero essere redistribuiti tra le Regioni, i Comuni e i futuri enti intermedi come le Città metropolitane. I risparmi debbono dunque tener conto di tutti questi elementi, dall'abolizione degli emolumenti per presidenti, assessori e consiglieri, all'azzeramento dei costi per gli staff dei politici e all'azzeramento dei costi per funzioni non essenziali. Poichè le Province spendevano circa 12 miliardi l'anno e il costo dei 60 mila dipendenti su può valutare in circa 4 miliardi, i risparmi di spesa possono variare da alcune centinaia di milioni ai 2-3 miliardi stimati qualche tempo fa dalla Fondazione liberale Bruno Leoni. Secondo il sottosegretario Delrio i risparmi saranno dell'ordine di 850 milioni l'anno.

RIFORMA DEL SENATO La riforma del Senato prevede la sostituzione dei 315 senatori attuali, eletti direttamente dal popolo, con 74 consiglieri regionali e 21 sindaci (eletti dai consigli regionali) più 5 senatori nominati dal Capo dello Stato che non saranno più a vita ma resteranno in carica 7 anni (tanto quanto il Presidente della Repubblica che li ha eletti). Solo gli ex Presidenti della Repubblica resteranno senatori a vita. Dal punto di vista economico, i nuovi senatori non avranno indennità, ma tireranno avanti con i loro stipendi di consiglieri regionali e sindaci (più forse un rimborso spese per venire a Roma). Tenendo conto che gli attuali 315 senatori hanno un'indennità lorda pari a 14 mila euro al mese, il risparmio per l'abolizione delle indennità dovrebbe ammontare a circa 40 milioni l'anno. A questi bisognerà aggiungere i risparmi per le strutture del Senato (uffici e staff dei senatori, gestione delle strutture insieme a quelle della Camera...) per un totale stimato in circa 10 milioni almeno all'inizio. Dalla riforma del Senato dovrebbero dunque arrivare 50 milioni.

ABOLIZIONE DEL CNEL La riforma prevede poi l'abolizione del Cnel, il Consiglio nazionale per l'economia e per il lavoro formato da 64 consiglieri (esponenti di organizzazioni sociali, datoriali, sindacali e studiosi di materie economiche e sociali). Il Cnel costa circa 20 milioni l'anno, che verranno risparmiati. Se poi lo Stato metterà in vendita la sede del Cnel, la splendida Villa Lubin a Villa Borghese potrebbe ricavarne altre decine di milioni.

RIDUZIONE INDENNITA' CONSIGLIERI REGIONALI La riforma prevede anche che i consiglieri regionali non possano guadagnare più del sindaco del Comune capoluogo di Regione. Qui i calcoli degli eventuali risparmi sono molto difficili, perchè bisogna analizzare le situazioni delle singole Regioni. Si può fare però qualche simulazione: il sindaco di Milano Pisapia, per esempio, guadagna meno di 4 mila euro netti al mese, mentre i consiglieri regionali (compresi rimborsi spese) sono attorno ai 6-7 mila netti (6.300 di indennità lorda più 4.200 di rimborso spese). Se la riduzione media fosse, come in Lombardia, di circa duemila euro, moltiplicata per i circa mille consiglieri regionali e per i 12 mesi di stipendio, ne uscirebbe un risparmio di 24 milioni l'anno.

ABOLIZIONE FINANZIAMENTI GRUPPI REGIONALI La riforma prevede infine l'abolizione dei finanziamenti ai gruppi regionali, dopo gli scandali che, dal Suv di 'Batman' Fiorito in Lazio alle mutande verdi di Cota in Piemonte, hanno affollato le cronache degli ultimi anni. Anche qui è difficile quantificare il possibile risparmio per le casse pubbliche, anche perchè negli ultimi anni le Regioni avevano già cominciato a ridurre i finanziamenti ai gruppi. La Lombardia, sulla base della legge 3 del 24 giugno 2013 finanzia i gruppi con circa 850 mila euro l'anno. Se questa fosse la media per le 19 Regioni più le princie autonome di Trento e Bolzano, avremmo un'altra ventina di milioni di risparmi.

Se sommiamo gli 850 milioni di risparmi per l'abolizione delle Province, i 50 del Senato, i 20 del Cnel e i 44 provenienti dalle Regioni (24 per la riduzione delle indennità e i 20 per l'abolizione dei finanziamenti ai gruppi), arriviamo a 964 milioni l'anno.

Poi c'è l'importante capitolo delle semplificazioni che può avere un effetto notevolissimo sul dinamismo del settore pubblico e dunque dell'economia. Qui i capitoli fondamentali della riforma sono due: il superamento del bicameralismo paritario e la riforma del titolo V sulle competenze Stato-Regioni.

SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO Durante il dibattito sulla riforma del Senato alcuni politici e commentatori hanno notato che non sarebbe il Senato il responsabile delle lungaggini legislative, perchè negli ultimi anni ha licenziato le leggi a lui affidate in un tempo variabile da 40 a 200 giorni. Questo è vero, ma il problema del bicameralismo paritario non sta qui: sta nel fatto che una legge deve essere approvata nel medesimo testo sia dalla Camera sia dal Senato e dunque anche una piccola modifica introdotta da una delle due Camere obbliga a riapprovarla nell'altra secondo quella che in gergo viene definita 'navetta'.

Ci sono state leggi, negli ultimi anni che per essere approvate hanno richiesto sei, sette, addirittura otto letture nelle due Camere. Il 'Collegato lavoro' dell'agosto 2008 ha richiesto otto passaggi tra Camera e Senato ed è stato approvato solo nel 2010. Sette letture ha richiesto la legge sul finanziamento ai partiti del 1998 e sei letture, nel 1999, la legge sull'elezione diretta dei presidenti di Regione. Cinque letture hanno richiesto leggi come il divieto di infibulazione femminile del 2005, la legge di Contabilità dello Stato del 1999 oppure la legge di costituzione della commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel 2006. Un buon numero di leggi richiede quattro passaggi, due alla Camera e due al Senato che tempi che non di rado si prolungano per molti mesi.

Con il superamento del bicameralismo perfetto, i tempi sono molto accelerati perchè ciascuna Camera si occuperà delle sue materie e la 'navetta' ci sarà solo per alcune categorie di leggi (come quelle costituzionali) oppure per leggi di cui il Senato potrà chiedere alla Camera una modifica entro 30 giorni dalla prima approvazione, ma poi la Camera potrà accettare o rifiutare la proposta del Senato. Quindi, al massimo, una legge ordinaria potrà avere solo tre letture in tempi contingentati.

CONTENZIOSO STATO-REGIONI Ultimo capitolo importante è quello della riduzione del contenzioso Stato-Regioni che è esploso dopo l'approvazione del titolo V della Costituzione, che aveva definito numerose materie con competenze concorrenti dello Stato e delle Regioni. Ciò ha provocato negli ultimi anni centinaia di ricorsi alla Corte Costituzionale (200 solo nel 2013). Ora la ridefinizione delle competenze che dovrebbero essere esclusive sia per lo Stato sia per le Regioni, dovrebbe far diminuire drasticamente i contenziosi, con forte snellimento e velocizzazione della legislazione nazionale e regionale.

Pma

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