Crisi, i dati di Germania e Francia rafforzano la richiesta italiana di maggiore flessibilità nelle regole europee
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Mal comune mezzo gaudio? Non proprio. Ma certamente i numeri negativi per le economie di due partner fondamentali come Francia e Germania rafforzano alla vigilia di Ferragosto la richiesta italiana di una maggiore flessibilità nelle regole europee. Non c'è nessun caso Italia, "non siamo il vagone di coda" e tutta "l'Eurozona è in stagnazione" dice apertamente Matteo Renzi. Anzi, "l'Italia è in condizione di trascinare l'Eurozona fuori dalla crisi". Ma sarà possibile?
"I numeri di Francia e Germania sono la prova che le nostre tesi non sono infondate: dopo la tempesta economica abbiamo tenuto le cinture del rigore allacciate troppo a lungo, e ora rischiano di soffocare l'Eurozona", dice Sandro Gozi, sottosegretario a palazzo Chigi con delega agli Affari europei. "È evidente che le politiche seguite finora a Bruxelles non danno i frutti sperati, anzi. Queste politiche di eccessivo rigore accentuano gli stessi problemi che avrebbero dovuto risolvere, come il deficit francese e il debito italiano, che senza crescita peggiorano". Per il sottosegretario all'Economia,Pier Paolo Baretta, inoltre "questi dati dimostrano che nessuno ne esce da solo".
"Servono subito azioni più coraggiose di stimolo monetario da parte della Bce, per portare l'inflazione al livello previsto dai trattati e contribuire a rilanciare la crescita. E di stimolo fiscale a livello dell'eurozona: il rischio di deflazione è più alto che mai", gli fa eco Roberto Gualtieri, Pd, presidente della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo. "Draghi fa benissimo a stimolare i governi sulle riforme, ma anche la Bce deve fare la sua parte. Non possiamo permetterci di aspettare oltre, abbiamo bisogno di azioni subito, non tra mesi”. Più diplomatico Gozi, ma il concetto non cambia: "La Bce si muove nella sua piena autonomia, ma è chiaro che una maggiore immissione di liquidità, come è avvenuto negli Usa, aiuterebbe le esportazioni europee. Un euro troppo forte ci penalizza".
Cosa fare? L'Italia chiede flessibilità e politiche orientate alla ripresa economica. "Serve una applicazione più intelligente di quelle regole per favorire la crescita, ad esempio consentendo riforme costose nell'immediato, come giustizia, pubblica amministrazione e un'ulteriore diminuzione delle tasse sul lavoro", spiega Gozi, che parla di una "amara conferma" dai dati sul Pil tedesco e conferma "piena sintonia" con il ministro francese Michel Sapin che chiede di "allentare la stretta sui conti". Anche perché, aggiunge Gozi, "sono venute meno le condizioni preliminari del 2% di inflazione e del 2% di crescita nell'Eurozona".
"L'utilizzo pieno della flessibilità prevista nei trattati è l'unico modo per salvaguardare le regole europee, altrimenti, con una gestione burocratica, rischiamo un rompete le righe", avverte Gualtieri. Che aggiunge: "Qui non si parla più di singoli paesi che fanno più o meno bene i compiti a casa, c'è un deficit di domanda che riguarda tutta l'eurozona: senza politiche europee per gli investimenti e adeguati stimoli monetari non si inverte questa tendenza".
Per l'Italia, alla guida del semestre Ue, si apre un varco: "Ora anche altri paesi saranno più incisivi nel chiedere quelle correzioni di linea che apparivano irrealistiche quando eravamo i soli a proporle, e che invece ora sono ancora più necessarie ed urgenti", rincara il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta, che punta sul maggiore peso della Spd per ammorbidire la linea Merkel. "Questi dati dimostrano che nessuno ne esce da solo e che ci vuole una politica economica più incisiva", chiarisce Baretta. Il caso francese è emblematico. In base agli ultimi dati pare assai improbabile che la Francia rispetti i suoi impegni sul deficit, nonostante i tagli effettuati per 50 miliardi. E pare altrettanto improbabile attendersi nuovi tagli.
Nessun caso Italia, dunque, ragionano nel Pd e a palazzo Chigi. L'Italia può "trascinare l'eurozona fuori dalla crisi". I primi appuntamenti chiave per capire se questo sarà possibile sono il Consiglio europeo del 30 agosto, dedicato però soprattutto alle nomine, e soprattutto l'Ecofin informale previsto a Milano il 13 settembre. La richiesta del governo italiano sarà quella di "incentivi" per quei Paesi che le riforme le fanno davvero. Incentivi che prevedono più tempo nell'abbattimento del deficit e del debito e maggiori margini di manovra sui conti senza incorrere nelle sanzioni. "Consentire deviazioni temporanee dagli obiettivi di medio termine in caso di riforme strutturali e di stagnazione dell'economia", scandisce Gualtieri, "come prevede lo stesso Patto di stabilità". Secondo Gozi un primo risultato del semestre italiano è il piano di investimenti da 300 miliardi annunciato dal neopresidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker all'Europarlamento, i cui dettagli saranno noti a febbraio 2015. E il rapporto con cui, entro fine 2014, la nuova Commissione valuterà i risultati delle politiche fiscali condotte fin qui. "Con la Francia c'è piena intesa, con la Germania un dialogo in corso che può dare frutti, visto che anche la loro economia sta rallentando", insiste il sottosegretario renziano. "I loro numeri confermano che le nostre tesi sono fondate". E non solo: "Un'ipotesi inesistente, come l'arrivo della Troika in Italia, con questi numeri dell'economia tedesca è ancora più inesistente...".
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