Mafia, ‘ndrangheta, camorra: la nuova mappa dei clan
Droga, estorsioni, appalti. Nell'Italia che arranca sotto i colpi della crisi centinaia di gruppi criminali continuano a macinare intimidazioni e profitti. L'ultima relazione semestrale della Dia, organo investigativo del Ministero dell'Interno, indica i loro nomi e le loro zone di influenza
Ecco la mappa dei principali gruppi criminali che operano in Sicilia, Calabriae Campania.
PALERMO – Per quanto riguarda la mafia siciliana, la Dia rivela che «Cosa Nostra è tuttora alla ricerca di nuovi equilibri e appare protesa a recuperare il predominio sul territorio». In questo senso si rivela che «a fronte del basso profilo adottato da tempo per eludere l’attenzione investigativa» si sta verificando ora «un innalzamento del livello di ‘sfida’» anche «attraverso ripetuti atti intimidatori e minacce nei confronti di esponenti della magistratura siciliana e delle istituzioni locali, nonché di rappresentanti di organizzazioni pubbliche e private impegnati, a vario titolo, nella lotta antimafia». La struttura di Cosa Nostra rimane comunque piramidale, anche se risente di rimodulazioni dovute alle attività di contrasto e ai mutamenti della realtà economico-sociale. Nellaprovincia di Palermo il territorio risulta suddiviso in 15 mandamenti, 8 dei quali in città, e 80 famiglie, di cui 34 in centro.
La Dia fa sapere che nel secondo semestre 2013 alcune collaborazioni trafamiglie, anche di diversi mandamenti, hanno smussato qualche contrasto e vecchio rancore. Mentre la necessità di proiettarsi fuori regione ha indotto l’intera organizzazione a concorrere con altri gruppi criminali di ‘ndrangheta,camorra o Sacra corona unita per trovare appoggi. Il traffico di droga si conferma business in crescita, anche in considerazione dei maggiori rischi legati all’attività estorsiva, sempre molto praticata in provincia ma non più agevole, considerata la maggiore propnsione degli imprenditori a denunciare le vessazioni subile. La città di Palermo rappresenta il centro di smistamento e di rifornimento per l’intera regione.
AGRIGENTO – Nella gerarchia criminale siciliana conserva un ruolo importanteCosa Nostra agrigentina, anche in virtù dei consolidati rapporti con lefamiglie mafiose presenti all’estero, come il ramo canadese della famiglia Rizzuto. La ripartizione in mandamenti e famiglie di fine 2013 rispecchia quella già emersa nel primo semestre dello stesso anno.
TRAPANI – Anche in provincia di Trapani la mafia, spiega la Dia nella relazione presentata in Parlamento, mantiene un assetto stabile. L’organizzazione criminale conferma la struttura verticistica con impostazioni strategiche unitarie e una suddivisione del territorio in 4 mandamenti, di cui fanno parte 17 famiglie. Va rilevata in questo caso la supremazia del bossMatteo Messina Denaro, la cui cattura rimane obiettivo primario dell’attività investigativa. Un obiettivo non irraggiungibile, considerata la sistematica erosione delle connivenze e del favoreggiamento. Settori d’interesse di Cosa Nostra trapanese sono in aprticolare il traffico di stupefacenti e di armi, l’infiltrazione nel sistema degli appalti pubblici, la grande distribuzione agroalimentare, gli insediamenti turistico-alberghieri e le energie alternative.
CALTANISSETTA – Nell’area di Caltanissetta, intanto, si registra ancora la nonvivenza tra Cosa Nostra e la Sidda. I gruppi criminali mafiosi si distribuiscono su 4 mandamenti. In questo caso le principali fonti di approviggionamento sono estorsioni ed usura, ma persistono lo spaccio e iltraffico di sostanze stupefacenti attraverso personaggi e canali attivi in altri territori.
ENNA – Ad Enna poi, in assenza di personaggi carismatici in libertà, si continua a sentire l’influsso di gruppi mafiosi di altre province, soprattuttocatanesi e nisseni, che da sempre, ricorda la Dia, colmano il vuoto di poterenel capoluogo.
CATANIA – Nella provincia di Catania si continua a registrare una situazione estremamente complessa e poliedrica in virtù dell’elevato grado di instabilitàche caratterizza la maggior parte dei gruppi mafiosi, in particolare nelcapoluogo. I sodalizi criminali in sostanza si mostrano restii ad accettare un inquadramento gerarchico.
Gli schieramenti dei clan restano comunque pressoché invariati. Da una parte ci sono il clan Santapaola-Ercolano, Mazzeo e Laudani, dall’altra il clanCappello-Bonaccorsi, che sostanzialmente controlla i reduci dei clan Sciuto,Pillera e Cursoti.
SIRACUSA – Come nel caso di Enna, anche a Siracusa Cosa Nostra risente dell’influenza dei clan di altre province, in particolare quella esercitata da potenti referenti dell’organizzazione criminale catanese. La recente scoperta di armi nella disponibilità dei clan e recenti fatti di sangue, inoltre, lasciano ritenere che i rapporti tra i gruppi mafiosi possa degenerare verso una manifesta belligeranza.
RAGUSA – Per quanto concerne la provincia di Ragusa, invece, la Dia nella sua relazione semestrale sottolinea la presenza di «fenomeni criminali di tipo organizzato con connotazioni mafiose» non assimilabili a quelle di Cosa Nostra. nell’area si registra ancora l’influenza di sodalizi nisseni, con particolare riferimento a quelli di Gela, ma le organizzazioni estranee al circuito mafioso sembrano essere riuscite a conservare ancora un alto grado di autonomia operativa. La principale attività di queste consorterie resta quella estorsiva, e si segnala l’attività del clan Piscopo.
MESSINA – La provincia di Messina, intanto, continua a sunire l’influenza sia dei gruppi mafiosi di Palermo che di Catania. Ma non solo. La vicinanza alla Calabria genera l’influsso della ‘ndrangheta, che si manifesta, in particolare nell’aggregato urbano del capoluogo, attraverso la gestione di attività illecite e l’infiltrazione in quelle lecite. In questo caso i maggiori proventi dei gruppi criminali provengono da estorsioni e infiltrazione negli appalti, nonché dalla gestione degli stupefacenti.
REGGIO CALABRIA – In Calabria la grande criminalità organizzata si contraddistingue soprattutto per la sua capacità di infiltrazione negli enti locali. Anche nel secondo semestre del 2013, ricorda la Dia, sono emersi «i legami e le contiguità di amministratori e funzionari pubblici infedeli con cosche ‘ndranghetiste radicate sul territorio». Non è un caso, dunque, se la Calabria si conferma, come ricorda la Dia, regione con il più elevato numero di Comuni sciolti per mafia. Ma si denota nello stesso tempo anche un crescente interesse delle cosche calabresi verso il settore dell’edilizia privata, che sfugge ai controlli antimafia, e si conferma la loro spiccata vocazione transnazionale relativamente al traffico di droga.
La pervasiva capacità della ‘ndrangheta a infiltrarsi nel settore degli appalti pubblici è emersa soprattutto nella provincia di Reggio Calabria, dove le cosche compongono una struttura imperniata su un organismo direttivo, dettoProvincia, e tre mandamenti. Per quanto riguarda il mandamento Tirrenicova rilevato che il porto di Gioia Tauro si conferma come uno dei luoghi di transito per l’introduzione sul territorio nazionale di cocaina proveniente dal Sudamerica e che nella piana di Gioia Tauro si conferma la posizione di rilievo della cosca Piromalli. Nel comprensorio di Rosarno e San Ferdinando, intanto, risulta indebolita da alcuni sviluppi giudiziari la cosca Pesce-Bellocco. Mentre a Palmi sono ancora attive le cosche Gallico e Parrello-Bruzzise. La famiglia Alvaro fa valere la propria influenza nell’area di Sinopoli,Sant’Eufemia d’Aspromonte e Cosoleto. Nel territorio di Oppido Mamertinasono attive le cosche Polimeni-Mazzagatti-Bonarrigo e Ferraro-Raccosta. Nel comune di Scilla, infine, è attivo il gruppo Nasone-Gaietti.
Nel mandamento Centro, ovvero nella città di Reggio Calabria, sembra immutata la supremazia delle cosche De Stefano, Condello, Libri e Tegano, mentre la cosca Serraino risulta attiva nel comune di Cardeto e frazioni vicine. I gruppi Borghetto-Caridi-Zindato e Rosmini operano nei quartieri Modena eCiccarello. Mentre nel rione Gebbione, invece, nell’area a Sud, opera la cosca Labate. Per quanto concerne, infine, il mandamento Ionico, la Dia segnala un indebolimento della famiglia Iamonte, che mantiene la sua influenza criminale nel territorio di Melito Porto Salvo, in seguito a provvedimenti cautelari nei confronti di dodice esponenti della cosca.
CATANZARO – Relativamente alla provincia di Catanzaro si registra nella seconda parte del 2013 un elevato tasso di omicidi, secondo la Dia indicativi di «una forte fibrillazione che continua a caratterizzare l’area, in parte già interessata dalla ‘seconda faida dei boschi’».
COSENZA – Nella provincia di Cosenza si registra una netta riduzione del numero di denunce per estorsione, che resta comunque il più alto rispetto alle altre zone della regione. Gli equilibri dell’area cosentina restano sostanzialmente stabili rispetto ai mesi precedenti, ma, come rivela la Dia,potrebbero subire mutamenti in seguito alle dichiarazioni che sta rilasciando all’autorità giudiziaria la vedova dell’elemento di spicco della cosca Bruni.
CROTONE – Risulta invariata anche la dislocazione delle cosche inprovincia di Crotone.
VIBO VALENTIA – Infine, nell’area di Vibo Valentia continua a spiccare la presenza della cosca Mancuso di Limbadi, che la Dia definisce «in grado di influenzare gli equilibri criminali ed affermare le proprie strategie». «La cosca – si legge nella relazione semestrale al Parlamento – svolge un ruolo di riferimentonei confronti di altre famiglie locali, anche grazie alla persistente capacità di inserirsi nelle sfere istituzionali, e di esercitare, quindi, un forte condizionamento ambientale». Si registrano poi ancora dinamiche conflittuali tra i cosiddetti ‘piscopisani‘ della frazione Piscopio e i Patania diStefanaconi, sostenuti dai Mancuso.
NAPOLI – Sul fronte della camorra la Dia rileva lo spiccato interesse per iltraffico illegale di rifiuti, attività che, come emerso da alcune indagini, è stata praticata anche in altre regioni, non solo in Campania, e all’estero, grazie a sinergie con la criminalità cinese. Ma emerge, si legge nella relazione del Viminale al Parlamento, anche «un interesse strategico per l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici, che proseguono con modalità ampiamente collaudate». Vanno inoltre segnalati «il ricorso sistematico all’attività estorsiva e all’usura», e al narcotraffico, che insieme agli appalti rappresentano le maggiori fonti di guadagno dei clan. Senza dimenticare poi la commercializzazione dei prodotti contraffatti e il ritorno all’attività delcontrabbando. Tutto il business è infine favorito dalla condizione economica complicata per famiglie e imprenditori. «Le piccole imprese in difficoltà – spiega la Dia – si rivolgono alla criminalità organizzata per acquisire liquidità, impossibile da ottenere attraverso i normali canali creditizi. Gli interessi usurari che poi gli imprenditori sono costretti a pagare, diventano costi insostenibili, determimando così la conseguente acquisizione delle imprese, in via diretta o indiretta, da parte dei clan».
Per quanto riguarda gli assetti criminali a Napoli, in città emerge ancora una situazione di «parcellizzazione territoriale» dei clan camorristici, mentre inprovincia si riscontra che la tradizionale solidità dei gruppi criminali delle aree vesuviane e costiere a sud del capoluogo «è stata incrinata da fenomeni di scissione interna, originati dall’indebolimento di storiche figure apicali, non più in grado di svolgere una funzione aggregante». Nelle zone centrali e litorali di Napoli, spiega la Dia, i clan sono molto attivi nelle estorsioni e manifestano la tendenza all’acquisizione diretta di esercizi commerciali per finalità diriciclaggio. Nelle zone di Forcella, Duchesca, Maddalena, Mercato e Case Nuove si registra, tramite la famiglia Caldarelli, la presenza del clan Mazzarella, storico antagonista del gruppo Contini. La posizione del gruppo camorristico Mazzarella sembra essersi rafforzata dopo il ridimensionamento del clan Sarno, originario di Ponticelli. Questi clan sono molto attivi nell’ambito della contraffazione, dello spaccio, delle estorsioni e del reinvestimento deldenaro di provenienza illecita in attività commerciali e vivono una fase di instabilità. Dopo un periodo di tranquillità, infatti, nelle aree di Forcella e deiTribunali gli equilibri preesistenti sono stati compromessi dal pentimento dei boss del clan Giuliano. Nel frattempo un nuovo gruppo del clan Giuliano, rivela ancora la relazione del Ministero dell’Interno, starebbe tentando, integrato da nuovi e giovani affiliati, di riconquistare il controllo delle piazze di spaccio e delle attività estorsive. A questo gruppo, che opererebbe in contrapposizione ai Mazzarella, sarebbero solidali le famiglie Stolder, Ferraiuolo, Brunetti eRinaldi. Quest’ultima, famiglia di San Giovanni a Teduccio, si espande verso Forcella e la zona delle cosiddette Case Nuove anche con l’appoggio dei Contini. Nel quartiere di Poggioreale, intanto, si sente la fibrillazione che attraversa i quartieri orientali confinanti come Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio. Il clan Cuccaro sta esercitando da quell’area una sensibile spinta espansionistica verso la provincia, insieme al gruppo De Micco, espansione alla quale si oppone un nuobo gruppo camorristico, composto da affiliati al clan Sarno ed esponenti del gruppo Casella. Alla Sanità, invece, l’indebolimento del clan Misso ha generato contrapposizione tra un gruppo criminale che fa riferimento alla famiglia Lo Russo ed un sodalizio che fa capo a due pregiudicati ex affiliati dei Misso. Il neo sodalizio costituito, Savarese-Sequino, si sarebbe avvicinato al gruppo legato ai Giuliano a Forcella, con l’intento di «cementare», come afferma la Dia, un’alleanza contro i rispettivi antagonisti, i Lo Russo e i Mazzarella. Nello stesso quartiere emergerebbe poi l’aspirazione di alcuni membri del gruppo Tolomelli-Vastarella, legato ai Licciardi diSecondigliano ed antagonista dei Misso, a riappropriarsi di una parte del rione, cercando funzionali appoggi da parte anche di elementi del clan Contini. Nella frazione Pallonetto, infine, le attività illecite sono gestite dalla famiglia Elia, collegata ai Misso. Mentre a Posillipo si registrano diverse attività di riciclaggio poste in essere sia dalle famiglie di Secondigliano, ovvero dal clan Licciardi tramite il gruppo Piccirillo, sia dai Mazzarella.
Per quanto riguarda l’area settentrionale della città di Napoli, si registra una riaffermazione del clan Cimmino nella parte bassa del Vomero, nella zonaArenella e Conte della Cerra, mentre nella cosiddetta parte alta del Vomero risulta attivo il gruppo camorristico Caiazzo, retto dalla figlia del boss e dedito soprattutto alle estersioni ai commercianti e ai cantieri della zona. Nella stessa area è poi presente il clan Polverino, impegnato in attività diricilcaggio. Nella zona di Secondigliano, intanto, che comprende i quartieri diScampia, Miano, Piscinola e San Pietro a Patierno emerge un assetto stabile dovuto alla scelta strategica dei gruppi criminali di orientarsi verso una coesistenza pacifica. In ogni caso le fratture interne non sono escluse. Più nel dettaglio, a Secondigliano operano: il clan Di Lauro, che controlla lo spaccio nel Rione dei Fiori, il cosiddetto Terzo Mondo; il sodalizio Amato-Pagano, ovvero i cosiddetti ‘scissionisti’ del clan Di Lauro, che hanno trovato spazio anche nei comuni di Melito, Arzano e Mugnano, dove le piazze di spaccio sono meno vigilate; il gruppo Abete-Abbinante-Aprea-Notturno, presente nella zona di Scampia conosciuta come Sette Palazzi e Case dei Puffi; il clan Vanella-Grassi, costituito da soggetti legati a vincoli di parentela con lefamiglie Petriccione-Magnetti-Guarino ed alleato con le famiglie Leonardi eMarino; il clan Leonardi, che per anni ha svolto il ruolo di importatore di droga grazie ai contatti con trafficanti olandesi, spagnolo e dell’est europeo; il gruppo Licciardi, originario della Masseria Cardone, alleato con i napoletani Moccia,Mallardo, Nuvoletta e Polverino e con i clan casalesi; e infine i Lo Russo diMiano, il cui boss è attualmente collaboratore di giustizia e che, come detto, alla Sanità si contrappongono al sodalizio Savarese-Sequino.
Nell’area orientale, intanto, stando a quanto riporta la Dia, il clan De Micco si è imposto a Ponticelli in sequito al ridimensionamento del clan Sarno, oramai presente solo all’interno del Rione De Gasperi. Il gruppo De Micco, collegato al clan Cuccaro di Barra, è considerato tra i principali referenti per la fornitura di stupefacenti nell’area orientale di Napoli e nell’hinterland vesuviano e sembra essersi imposto anche con azioni violente. A Barra, dunque, si registra l’egemonia del clan Cuccaro, proiettato anche nei comuni di Cercola, San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma. Ma la Dia rileva anche una forte tensione tra i Cuccaro e il clan D’Amico, sfociata in atti intimidatori tra gli associati. Viene poi confermata l’alleanza tra i Cuccaro ed il sodalizio Abbinante-Abete-Notturno di Secondigliano. Per quanto concerne il quartiere di San Giovanni a Teduccio si rileva un ridimensionamento del clan D’Amico, costola dei Mazzarella, da non confondere con i D’Amico di Ponticelli. Intanto i clan Rinaldi e Reale, tradizionalmente opposti ai D’Amico, avrebbero raggiunto un accordo con la locale famiglia Formicola.
Nell’area occidentale si rileva la presenza dei gruppi Baratto e Zazo nel quartiere Fuorigrotta. Il clan Zazo in particolare è legato alle famiglie Mazzarella, Grimaldi e Frizziero. Si segnala intanto il ritorno nel Rione Traiano del clan Puccinelli. A Soccavo emerge la supremazia del sodalizio Grimaldi-Scognamillo, con mire espansionistiche verso il Rione Traiano ePianura, grazie all’alleanza con il clan Zazo e al ridimensionamento dei clan Lago e Leone-Cutolo. Dunque, ci sarebbero nuovi equilibri a Pianura, a causa del ridimensionamento sia dei Lago che del clan Marfella-Pesce. Si rileva poi la presenza del clan D’Ausilio a Bagnoli, nella frazione di Agnano e su parte della zona Cavalleggeri d’Aosta, nonostante difficoltà legate all’arresto di alcuni affiliati. Il clan D’Ausilio estende la propria influenza anche su piccole porzioni dei comuni di Villaricca e Qualiano, in virtù dell’alleanza con iMallardo di Giugliano in Campania.
È fitta la rete di clan camorristici anche nell’hinterland napoletano. Nellaprovincia occidentale, ad esempio, si segnala la presenza del sodalizio Longobardi-Beneduce a Pozzuoli e Quarto, dove è presente anche il clan Polverino, un sodalizio che si contraddistingue per la presenza in diversi territori. I Polverino operano ai Camaldoli e al Vomero, così come a Villariccae Calvizzano, ma anche in altre regioni come Toscana, Puglia, Sicilia eCalabria, e all’estero. Il clan è attivo nel traffico di stupefacenti, rifornendo anche mercati gestiti da gruppi criminali siciliani, pugliesi o calabresi, ed è presente pure nel campo dell’edilizia e nel settore alimentare, con investimenti effettuati nella penisola iberica: a Barcellona, Alicante, Malaga,Marbella. Nei comuni di Bacoli e Monte di Procida, invece, è presente ilgruppo Pariante, legato agli Amato-Pagano di Secondigliano.
A differenza di quanto emerge in città e nella sua periferia, in provincia clan della camorra sono spesso strutturati su una base familiare. Accade anche nell’area a nord del capoluogo. Marano di Napoli, un tempo regno dei Nuvoletta, è oggi un feudo dei Polverino, mentre Giugliano in Campaniaricade sotto il controllo del clan Mallardo, che esercita la sua egemonia criminale anche nei vicini comuni di Villaricca e Qualiano. e che dimostra, spiega la Dia, «sistematica capacità di penetrazione nel tessuto politico-amministrativo» (con riferimento a Giugliano). Per quanto riguardaSant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano, si segnala un indebolimento dei clan attivi, Verde, Ranucci, Puca, Marrazzo, D’Agostino-Silvestre edAversano, mentre ad Afragola opera uno dei gruppi criminali campani più potente, quello dei Moccia, presente anche nei comuni di Casoria, Arzano,Caivano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore. Ad Acerra, intanto, la disarticolazione dei gruppi Crimaldi, De Sena e Mariniello, sembra di aver dato spazio a nuove eleve impegnate in attività estorsive. Nella stessa zona i gruppi Mele e Tedesco gestiscono un fiorente spaccio di stupefacenti. ACasalnuovo e Pomigliano d’Arco, intanto, non si registra la presenza di organizzazioni criminali strutturate. Mentre infine a Volla, tramite il gruppo Rea, agisce il clan Veneruso, impegnato nel traffico e nella vendita di droga nel quartiere noto come ’219′.
L’area nolana e quella vesuviana risultano tra più colpite dal fenomeno degli sveramenti dei rifiuti tossici, chimici, speciali e industriali. Ma si segnala come principale fonte di introiti il traffico di sostanze stupefacenti acquisite attraverso rotte internazionali. Allo stato, secondo la Dia, nella provincia orientale di Napoli il gruppo camorristico più forte va identificato nel clan Fabbrocino, egemone in gran parte del Nolano e del Vesuviano ed operante in particolar modo nei comuni di Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno,Poggiomarino, Palma Campania e San Gennaro Vesuviano. Nell’area nolana confinante con la provincia di Avellino si registra poi la presenza delclan Cava, originario di Quindici (Av), che gestisce attraverso propri referenti attività criminali e il reimpiego del denaro di provenienza illecita nei comuni diSan Vitaliano, Scisciano, Cicciano, Roccarainola, Cimitile, Carbonara di Nola e Saviano. A Scisciano, Nola, Tufino, Roccarainola e San Paolo Belsito opera poi anche un gruppo emissario del clan Moccia di Afragola.
Per quanto riguarda la provincia meridionale di Napoli, a Portici e San Sebastiano al Vesuvio è egemone il clan Vollaro, impegnato in attività estorsive, traffico di droga, lotto clandestino, usura, infiltrazioni in appalti pubblici, mentre ad Ercolano mantengono un profilo più basso i clan avversiAscione e Birra-Iacomino. A San Giorgio a Cremano, intanto, si registrano contrasti interni al clan Abate, divergenze che hanno generato la nascita di un nuovo gruppo criminale autonomo che sarebbe subentrato proprio agli Abate in alcune aree del comune (grazie anche alle alleanze stipulate con i sodalizi camorristici di Barra e San Giovanni a Teduccio). Si rivela inoltre la presenza nell’area di un’organizzazione riconducibile ai Mazzarella. Nella zona oplontino-stabiese, poi, risulta ridimensionato il gruppo Falanga-Di Gioia diTorre del Greco, mentre a Torre Annunziata è preponderante la presenza delclan Gionta, un’organizzazione camorristica considerata quasi impenetrabile per la sua connotazione familiare e che esercita un controllo capillare del territoria tramite altri sodalizi alleati, come i Chierchia e i De Simone. Il clan Gionta è impegnato soprattutto sul fronte del traffico di sostanze stupefacenti, che vengono importate anche dalla Spagna e dall’Olanda. Si tratta di un business il cui controllo è diventato uno dei motivi di contrasto con il gruppo Gallo-Limelli-Vangone originario di Boscoreale e Boscotrecase. A Boscoreale è presente anche il clan Aquino-Annunziata. A Castellammare di Stabia e nei comuni vicini, infine, sono presenti due storici sodalizi camorristici, ovvero i clan D’Alessandro e Cesarano, caratterizzati da notevoli capacità economiche determinate dall’ampia fetta di territorio che riescono a controllare.
CASERTA – Nella provincia di Caserta nel secondo semestre 2013 viene confermata ancora l’egemonia del noto cartello dei Casalesi, cioè di una struttura camorristica contraddistinta «da stretti vincoli familiari che ne determinanto – fa sapere la Dia – una forte coesione interna ed una notevole capacità intimidatoria all’esterno». Nello stesso tempo si persegue «una strategia pacifica di spartizione degli affari» per limitare i danni delle numerose azioni investigative e giudiziarie. «Il clan – si legge nella relazione del Viminale presentata in Parlamento – ha, nel tempo, conseguito notevoli potenzialità economiche grazie all’acquisizione dei posizioni predominanti, attraverso proprie imprese, dei principali settori imprenditoriali. Tale forza permane nonostante i continui mutamenti al vertice determinati dall’arresto e dalle pesanti condanne di numerosi elementi apicali a pene detentive, intervenute anche di recente». Con la crisi il gruppo dei Casalesi avrebbe dunque cercato di diversificare le fonti di profitto orientandosi verso business criminali a più immediato guadagno. Maggiore interesse sarebbe stato rivolto al traffico e allo spaccio di droga nell’area domitiana e aversana. Sul fronte organizzativo, invece, è invece emersa secondo la Dia la capacità del clan di rigenerarsi con l’arruolamento di nuove leve, spesso discendenti diretti dei boss. Per quanto concerne i gruppi criminali attivi, invece, nell’area aversana si rileva la presenza delle famiglie federate Russo, Panaro e Caterino, mentre nell’area capuana si registra l’operatività dei Papa e dei Mezzero. Al vertice della federazione casalese la fazione Schiavone risulta ancora la più numerosa, pericolosa e meglio organizzata. Il gruppo Zagaria, invece, rivolge maggiore attenzione alla gestione degli interessi economico-imprenditoriali avendo consolidato posizioni di controllo di alcuni settori dell’economia, come la grande distribuzione e gli appalti pubblici. Per quanto concerne il gruppo Iovine, invece, la Dia segnala, relativamente al secondo semestre 2013, l’affidamento della leadership al figlio del vecchio boss, oggi pentito. Stessa sorte per l’altra componente storica del clan dei Casalesi, il gruppo Bidognetti, coinvolto in diverse inchieste sul traffico di rifiuti, che si starebbe compattando oggi intorno ad alcune figure tra le quali un congiunto dello storico leader. Nelle altre aree della provincia si nota la vitalità del gruppo Belforte di Marcianise, legato ai Casalesi da un «funzionale rapporto di non belligeranza». Lungo il litorale domitio, dopo i colpi inferti al clan La Torre, alcun iaffiliati si sono riorganizzati intorno al gruppo Fragnoli-Gagliardi-Boccolato, tradizionalmente, dice ancora la Dia, legato ai Bidignetti.
SALERNO – Nella provincia di Salerno si conferma un modello organizzativo orizzonale. Tra le attività illecite che nella vasta area della Campania i gruppi criminali intendono sfruttare c’è sicuramente lo spaccio di droga, che avviene in consorterie criminali con altri gruppi camorristici della regione, ma non manca l’infiltrazione del settore degli appalti pubblici. Per quanto riguarda l’insediamento di clan di altre zone si rileva l’operatività di gruppi dei Casalesi ma anche dei clan Cava e Graziano della provincia di Avellino. Nel capoluogo opera il gruppo D’Agostino, mentre l’agro nocerino-sarnese offre uno scenario decisamente più complesso. Si segnala la presenza di un gruppo camorristico legato alla famiglia Sorrentino a Sant’Egidio del Monte Albino,mentre a Pagani si afferma il sodalizio D’Auria-Fezza, interessato tra le altre all’attività dell’ususra. A Scafati opera poi il clan Matrone, legato ai Cesarano di Pompei, e nella zona della Piana del Sele, si affermano gruppi emergenti che occupano e si spartiscono le piazza di spaccio che potrebbero compattarsi intorno alla famiglia Esposito di Eboli, che avrebbe sostituito il clan Maiale.
AVELLINO – Nell’Avellinese la presenza della camorra sembra più fortein quel lembo dell’Irpinia al confine tra la zona del Nolano e il Vallo di Lauro e dove a luglio e a novembre 2013 si sono verificati due fatti di sangue ai danni di due imprenditori attivi nel campo dell’edilizia. Le attività criminali nell’area in questione, spiega la Dia nei suoi rapporti, sono sotto il controllo del clan Cava, originario di Quindici ma presente anche nel comune capoluogo, nell’agro vesuviano, nonché nella zona di Nola, tramite la famiglia Sangermano, che si è imposta in seguito allo scompaginamento del clan Russo. Va rilevata poi l’operosità del clan Graziano, storico nemico dei Cava, anch’esso originario di Quindici e attivo nel Vallo di Lauro e nell’agro nocerino-sarnese. nella Valle Caudina, intanto, agisce il gruppo Pagnozzi. Ad Avellino città, infine, sembra riorganizzarsi il sodalizio camorristico Genovese grazie a nuove leve e si segnala il tentativo di espansione di un gruppo criminale relativo alla famiglia Galdieri.
BENEVENTO – La provincia di Benevento risulta essere l’area della Campania meno afflitta da fenomeni di criminalità organizzata e dalle tensioni che ne derivano.Va segnalata però l’egemonia nell’area del gruppo Sperandeo, alleato del clan Pagnozzi, operanti nella Valle Caudina, e con alcuni sodalizi del casertano, di Casal di Principe o di Marcianise. La Dia rileva che anche in questa fetta di regione si verifica, seppur in misura minore, il fenomeno dell’illecito smaltimento di rifiuti.
NOTA – La relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’operato e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia non riguarda eslusivamente la criminalità siciliana, calabrese e campana, ma anche le organizzazioni presenti in altre regioni del paese, come la Puglia e laBasilicata, e fornisce informazioni anche sulle proiezioni extraregionali dei clan. Sono presenti, inoltre, riferimenti alle principali organizzazioni criminali straniere che operano sul nostro territorio nazionale: quelle albanesi, romene, russe, nordafricane, centrafricane, cinesi e sudamericane.
(Foto copertina di Marco Cantile da archivio LaPresse. Mappe da:Interno.gov.it)
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