venerdì 15 agosto 2014

Il problema della crescita è ormai presente in tutta l'Europa. Occorre cambiare politica economica.

Italia, Germania, Francia: un calo che fa male a tutti

Domande e risposte per capire i motivi della discesa e gli effetti che avrà sul futuro dell'Europa
Daniel Berehulak/Getty Images

Daniel Berehulak/Getty Images

  
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I numeri, prima di tutto, cosa dicono?
Dicono che i dati sul Pil del II trimestre 2014 sono stati una doccia fredda per Italia, Francia e Germania, le tre principali economie di Eurolandia. Il Pil italiano è calato dello 0,2%, dopo la frenata dello 0,1% del I trimestre, facendoci precipitare di nuovo in quella che in gergo economico viene definita «recessione tecnica» (due trimestri consecutivi di Pil negativo). La Francia ha fatto registrare il secondo trimestre di crescita zero. Il Pil tedesco, invece, dopo un I trimestre relativamente positivo, +0,7%, è calato di 0,2 punti percentuali nel secondo, un risultato inatteso, fino a qualche giorno fa, e sotto le aspettative, così come sotto le aspettative erano stati i dati degli ultimi mesi sulla produzione industriale.
Quali sono le cause di questo triplice calo?
In estrema sintesi, le cause della frenata sono simili per tutti e tre i Paesi: stabile la domanda interna, giù le esportazioni e, soprattutto, giù gli investimenti, pubblici e privatiPer l’Italia il calo dipende soprattutto dal calo dell’export e degli investimenti privati, mentre la crescita del contributo della domanda interna nel trimestre è stato pressoché nullo. Per la Francia, a fronte di una modesta crescita dei consumi interni si è assistito a un perdurante calo degli investimenti in beni capitali e a un leggero calo dell’export. Per la Germania, infine, si è trattato di un incremento delle esportazioni inferiore a quello delle importazioni e di un calo del settore delle costruzioni, laddove invece la domanda interna è cresciuta di 0,2 punti percentuali.
È stato un calo inatteso?
Per la Germania, sì. Per la Francia e l’Italia, meno. Il più recente aggiornamento del Rapporto del Fondo Monetario Internazionale sull’economia mondiale segnalava buone prospettive soprattutto per la Germania, che avrebbe dovuto crescere, nel corso dell’anno, di 1,9% percentuale. Una crescita che, rispetto alle previsioni di aprile, era stata addirittura rivista al rialzo di 0,2 punti percentuali. La Francia, invece, era data in crescita dello 0,7% su base annua, mentre per l’Italia la crescita era stata rivista al ribasso dallo 0,6% di aprile allo 0,3% di luglio.
I tre cali sono in qualche modo collegati tra loro?
È molto probabile che lo siano, ma è difficile dirlo ora, con i pochi dati a disposizione. Di sicuro, tutti e tre pagano lo scotto del rallentamento dell’economia mondiale, in particolare di Usa, Cina e Russia, che sono cresciute al di sotto delle attese in questi primi mesi dell’anno. Va allo stesso modo ricordato come le economie di Francia, Italia e Germania sono molto legate: tanto per fare un esempio l'Italia è il principale partner commerciale per la Germania, e viceversa. In Germania è diretto circa il 12,5% dell'export totale italiano e l’Italia importa circa il 14,6% dell'export totale tedesco. Un interscambio che in buona parte è fra industrie: l’Italia e la Germania sono due delle principali manifatture al mondo e si scambiano macchinari e semilavorati. Considerevole – in entrambi i sensi - è anche l’interscambio di prodotti destinati al consumatore finale, come prodotti alimentari e autoveicoli.
commercio estero italia
Per dire: il nemico tedesco...
Il calo del Pil tedesco del II trimestre è il segnale di un cedimento strutturale della loro economia?
Le opinioni sono diverse. Secondo il Sole24Ore, sì: «Gli indicatori più recenti (Zew sulla fiducia degli analisti Ifo sulla fiducia delle imprese) puntano a un indebolimento ulteriore dell'attività economica nei prossimi mesi  - si legge - e gli ultimi dati fortemente negativi su ordini e produzione industriale lasciano intravedere un terzo trimestre altamente problematico. A ciò si aggiungeranno i primi effetti concreti della guerra delle sanzioni economiche in atto tra Russia e Occidente». Secondo altri, come ad esempio il blogger Mario Seminerio di Phastidio, uno dei più autorevoli commentatori economici online, no. O perlomeno non è detto: «Dopo la forte crescita del settore delle costruzioni nel primo trimestre, imputata al clima eccezionalmente mite che ha consentito di accelerare l’apertura di nuovi cantieri, nel secondo trimestre è arrivata la “restituzione” di quanto “preso in prestito”. Non vi è nulla di strano né di anomalo, in ciò. Riguardo il commercio estero netto, nel secondo trimestre le importazioni sono state superiori alle esportazioni (e) questo dato è positivo, visto che la Germania in tal modo ha esportato domanda».
Indice Zew sulla Germania
Diciamo che la fiducia del mondo economico sulla Germania non è ai massimi storici...
Chi ha ragione?
In entrambe le letture c’è un fondo di verità. Così è, per l’appunto, perché non si sa cosa succederà il prossimo trimestre. Basti pensare che fino a poco tempo fa tutti gli outlook sulla Germania erano positivi. Chi fa le previsioni sbaglia, insomma. E se le fa sulla base di ciò che più gli piacerebbe, rischia di offuscare ancor di più la sua capacità di giudizio.
C’è chi dice che il calo del Pil tedesco sia una buona notizia per l’Italia. Ha ragione?
Chi pensa sia una buona notizia, ritiene che in seguito a questo calo la Germania possa rivedere le sue idee in merito all’austerità, che conceda all’Italia di sforare il 3% del rapporto deficit/Pil, che chieda insieme anche lei alla Bce uno stimolo quantitativo alla domanda interna per rilanciare i consumi e per far salire i prezzi (che la Bce peraltro ha già annunciato di voler attuare se l'inflazione dovesse rimanere troppo bassa troppo a lungo). Non è certo sia così, in realtà. O meglio: un calo del Pil di 0,2 punti percentuale dopo due anni di fila di trimestri positivi è troppo poco per piegare la Germania al volere italiano. 
Quindi è una cattiva notizia?
Al netto dei rapporti di forza relativi – la Germania ha una struttura economica tale che sopportare le difficoltà italiane più di quanto noi possiamo sopportare le loro -  a nessuno conviene che l’altro soffra, né all’Italia, né alla Germania e nemmeno alla Francia.Come dice ancora il Sole24Ore, giustamente, «dentro l’export tedesco c’è tantissimo made in Italy di qualità». Così come, aggiungiamo noi, dentro l’export italiano c’è tantissimo made in Germany di qualità. Sono cali di export e Pil, quelli della Germania e dell’Italia, ma anche quello della Francia, che si spiegano attraverso un calo diffuso della competitività dell’Eurozona verso l’esterno, che si riverberano su un mercato interno intra-europeo già di per sé asfittico, per motivi congiunturali e strutturali, struttura demografica in primis.
E quindi?
Quindi non sarà la frenata tedesca, insomma, a liberarci del problema del nostro debito pubblico. Al contrario, potrebbe ulteriormente acuirlo. 
Nibali davanti all’Arco di Trionfo (JEFF PACHOUD/AFP/Getty Images)

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