Articolo 18, i sindacati prendono posizione
Cgil e Cisl dicono: "I problemi sono altri". Ma dal governo arriva un sì all'abolizione
ARTICOLO 18, LA CGIL - Ma le risposte proposte dai diversi sindacati sono molto diverse. La Cgil coglie l’occasione per rispolverare una sua vecchia bandiera: l’attuazione dell’articolo della Costituzione sulla rappresentanza sindacale. “Insieme a un allargamento agli esclusi delle salvaguardie, per rendere moderno ed europeo il mondo del lavoro è urgente un’altra grande rivoluzione: dare applicazione agli articoli 39 e 46 della Costituzione. (…) Non c’è più alcun alibi alla non applicazione dell’articolo 39 della Costituzione. Finirebbe, anche nel sociale, il diritto di veto delle minoranze e si avrebbe, finalmente, un sistema di rapporti sindacali regolato, democratico, con accordi riconosciuti e validati dalla maggioranza dei lavoratori”, dice Susanna Camusso, segretaria della Cgil, in una lettera inviata al Corriere della Sera. Dopo la democrazia sindacale, si dovrebbe attuare anche la compartecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa: “Si aprirebbe anche in Italia la possibilità di avere percorsi di reale democrazia economica; si potrebbero varare, come in Germania, i comitati di gestione; il sindacato avrebbe conoscenza delle scelte d’impresa e sarebbe compartecipe di scelte positive per i lavoratori”.
ARTICOLO 18, LA CISL - Da parte della Cisl arrivano risposte simili, ma diverse. Raffaele Bonanni pone l’accento sulla necessaria concertazione con tutte le parti sociali; prima di parlare dell’Articolo 18, dice il segretario della Cisl, bisognerebbe risolvere il problema dei parasubordinati – ” false partite Iva, associati in partecipazione, co.co.co della Pubblica amministrazione e co.co.pro” – attraverso il famoso contratto unico a tutele crescenti. “L’argomento dei cosiddetti innovatori è che bisogna rivedere l’articolo 18 dopo 44 anni”, dice Bonanni: “Ma da che lato? Dicendo che da questo dipendono posti di lavoro, cosa non vera? Ripeto: che senso ha mettere le mani sulle vecchie regole del lavoro se non si è prestato un minimo di attenzione a forme di lavoro-truffa?”. La vera partita secondo Bonanni è la ripresa del dialogo con le parti sociali: “Non c’è un Paese in Europa dove non si pratichi il dialogo sociale, non vedo perché il governo non debba farlo”.
ARTICOLO 18: “ABOLIAMOLO” - Intanto arriva la prima apertura ufficiale di un esponente del governo all’abolizione dell’Articolo 18: si tratta del “vice di Pier Carlo Padoan”, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, montiano di Scelta Civica per l’Italia. “Proprio perché è un totem, a maggior ragione, va abolito. Per anni è stato oggetto di battaglie ideologiche e soprattutto di difese ottuse. Eliminarlo adesso è un messaggio di cambiamento. Un atto dovuto verso chi spera in un nuovo mondo del lavoro”; la strada da perseguire è quella del contratto unico a tutele progressive, ma in un quadro “totalmente rinnovato”. Secondo Zanetti è il caso anche di sforare il tetto del 3% fra deficit e Pil, impostoci dall’Europa: “Se sforassimo il 3% e utilizzassimo 32 miliardi di euro per tagliare le tasse alle aziende creeremmo in questo momento una leva notevole per la crescita. Ne andrebbero 20 per il taglio dell’Irap e 12 per portare l’Ires più o meno a un’aliquota del 23%. Ci si troverebbe di colpo con un sistema fiscale quasi attraente”
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