domenica 24 agosto 2014

Questi secondo il grande Di Battista sarebbero quelli che stanno facenti la lotta di liberazione del loro paese contro l'imperialismo americano. Cosa hanno in comune questi deficienti assassini con i vietcong?

LA STORIA DEI RAVER "PIÙ PERICOLOSI D'INGHILTERRA"

Di Scott Oliver 


Nel 1990, il  DiY—un collettivo di Nottingham—prese dischi e attrezzature e andò al Free Festival, a due passi dal Glastonbury, senza la più pallida idea di quello che sarebbe successo. La gente che aveva organizzato l'evento era figlia di quella generazione 'chimica' che li aveva preceduti, amante degli Hawkwind, dello speed e degli acidi, e all'inizio si dimostrò piuttosto scettica di fronte a questi giovani cittadini fatti di pasticche e house.

Ma nonostante questo, il DiY mise su dischi per tre giorni di fila, si unì agli Happy Mondays e a Bill Drummond dei KLF che arrivavano dal festival principale, e il weekend finì con Bez che ballava come un pazzo vicino ad un pony, in un campo, all'alba, indossando poco più di un paio di stivaletti gialli di gomma. 72 ore consecutive di festa e gente.

Facciamo un salto in avanti, di più o meno di 9.030 giorni, è il venticinquesimo compleanno del DiY e bisogna festeggiarlo nel modo più appropriato: gente ubriaca che si diverte sinceramente, senza che si debba pagare per il privilegio di farlo. Proprio come ha affermato Harry, membro fondatore del DiY: “il nostro obiettivo è sempre stato quello di portare la musica da discoteca in campagna, e la campagna in discoteca. Eravamo entusiasti di applicare il concetto di 'libero' ai festival e alle feste. Nessun inizio, nessuna fine, nessun recinto, niente sicurezza. Niente fregature insomma, solo il piacere di ballare nei campi fino all'alba.”

Se mai un nome ha incarnato una tendenza, questo è il DiY. Schierati contro i piaceri effimeri della società consumistica—i discotecari pignoli, le loro richieste, quello per cui pagavano, il loro sentirsi consumatori—il DiY ha dato vita ad una nuova esperienza musicale e allo stesso tempo mentale e sociale. Un esperimento di felicità e di stare bene, senza alcun progetto o manifesto, diverso da quel semplicissimo Do It Yourself.

La sottocultura di evasione è sempre in qualche modo il riflesso di quella cultura dominante da cui vuole scappare, e lo spauracchio dei primi anni del DiY si chiamava Thatcher. Ironia della sorte, sia la Thatcher che i quasi-anarchici del movimento 'free-party' desideravano uno stato meno autoritario—peccato che la lady di ferro sostenesse che “la società non esiste” mentre il DiY provasse a sviluppare una nuova forma di comunità, mobile e unita da interessi comuni. Da una parte i tatcheristi e il loro divide-et-impera riducevano la vita sociale ad una mera rete di docili lavoratori e consumatori rispettosi, dall'altra il DiY era pervaso dalla convinzione che fosse possibile un legame sociale mediato dalle proprietà psicotrope dell'ecstasy.

 “Era una sorta di Situazionismo amplificato,” dice Harry “mi riferisco alle Zone Autonome Temporanee e alla 'evasione chimica' degli anni Sessanta. Come i dadaisti o i situazionisti, pensavamo che la politica convenzionale avesse esaurito le proprie risorse e che avremmo potuto fare la differenza solamente sfidando lo status quo con modi del tutto nuovi. Credevamo nella tacita ideologia della libertà attraverso il divertimento. E ancora lo crediamo.”

Il cuore del collettivo—Harry, Simon DK, Jack, Emma, Digs and Woosh—si è formato a Nottingham nei tardi anni Ottanta; sono diventati amici ballando nelle sale del Garage, un influente club della città, dove sono stati sedotti da quello strano ritmo voodoo chiamato house music. Presto decisero di cimentarsi in questo stile per conto loro. Chiesero dei soldi in prestito per comprare una “Black Box” con la quale nel 1989 iniziarono ad organizzare feste per le case dei sobborghi interni alla città, poi poco alla volta passarono a occupare temporaneamente alcuni magazzini, fino a quando venne il momento del felicissimo incontro con gli itineranti del Big Glasto's Little Brother l'estate successiva.


Questi ultimi non solo erano spiriti affini a loro, ma sono stati anche di ineguagliabile utilità nel diffondere la magia inscritta nei loro 33 giri. Possedevano padiglioni, generatori e conoscevano i posti ideali per organizzare le feste in campagna. I DiY ricambiavano impiegando le loro tecniche e sonorità. La mentalità, gli stimoli e le attitudini erano perfettamente in sintonia.

È stata simbiosi, e per di più tempestiva, dato che i DiY erano rimasti delusi dalle loro partecipazioni, sempre più frequenti, ai rave degli Orbital o alle serate acid-house di Londra. Il loro destino era cambiato, sarebbero stati l'antitesi di quegli anarco-capitalisti dell'ultim'ora. “Mentre tanti altri stavano guadagnando a palate dall'esplosione dei rave, e li stavano trasformando in merda,” afferma Harry, “noi abbiamo organizzato una festa di Capodanno 1992-1993 vicino a Bath, e un mare di gente incazzata confluiva dal vicino festival di Fantazia, per il quale avevano pagato 50 sterline e che valeva meno della metà del nostro gratis, dicevano. Se non hai pagato, non può essere una fregatura.”

Nei tre anni successivi di feste attraverso il sud-ovest, i DiY hanno trasmesso al paese di Re Artù un po' di folclore di Nottingham. “I primi anni ci siamo certamente sentiti un po' come Robin Hood; ignorare la legge, sfidare le autorità, ballare per tutta l'Inghilterra scomparendo all'alba, sarebbe potuto essere diversamente?”


A questo punto però entrò in gioco la polizia con la Pay Party Unit—una task force incaricata di controllare la scena rave—che era ansiosa di portare a casa qualche trofeo. “Tutti i poliziotti erano alla ricerca di un pesce grosso" ricorda Jack.  “Volevano la prima pagina del The Sun. Ma non sapevano minimamente perché la gente facesse questo genere di cose e cosa ci stava dietro.”

Forse il picco di  queste bravate fu il famigerato Castlemorton Common Festival—“il  Woodstock della nostra generazione”, secondo Digs—che fu elevato al rango di madre di tutti i free-party quando le notizie locali lo pubblicizzarono involontariamente, attirando 30.000 festaioli verso l'apoteosi dell'edonismo, e causando l'emanazione del noto Criminal Justice Act (CJA) con i suoi regolamenti anti-techno. Digs e Woosh erano arrivati a Liverpool dopo DJing, il quale ricorda come “il posto scoppiavia di gente, un casino totale. Questo era prima di Internet e dei telefoni cellulari—ma quando c'è di mezzo il divertimento anche la voce gira velocemente.”


Dopo tre giorni di festival, i DiY hanno dovuto smontare tutte le apparecchiature per impedire che venissero messe sotto sequestro, e dato che la situazione lì al sud non era delle migliori, hanno deciso di tornarsene a Nottingham per nascondersi un po'. D'altro canto le misure repressive del governo avevano provocato una presa di posizione politica più aperta in difesa degli itineranti e dello stile di vita free-party, e si erano organizzate numerose raccolte di fondi guidate dal motto “All Systems Go”, racimolando fino a 30.000 sterline per combattere il CJA.

Nel frattempo si organizzavano ancora feste clandestine nei campi, nelle fattorie e nelle foreste del Midlands, parallele alle discoteche ordinarie—Floppy Disco, Bounce, Doghouse, Serve Chilled—nella madrepatria come all'estero, da San Francisco a Ibiza. In ognuna di queste tutte le persone coinvolte percepivano lo stesso compenso, fossero essi promoter, tecnici o Dj—tutti quanti.

Nel 1997, la loro musica ha fatto da colonna sonora ad uno shape-throwing improvviso sotto gli archi della ferrovia di fronte all'Haçienda [nightclub], proprio mentre il capo della Factory Records stava tenendo una conferenza sulla musica. In quell'occasione i DiY sono stati definiti come “il collettivo culturalmente più pericoloso del Regno Unito”, dove pericoloso si riferisce al fatto che rifiutassero ogni logica di profitto.


 
“Molti proprietari di discoteche, promoter e case produttrici con le quali abbiamo collaborato non capivano come potessimo fare una fortuna senza far pagare nulla al pubblico,” dice Harry sorridendo. “Se non lo capisci—non lo capisci e basta. Noi l'avevamo capito, e così le centinaia di migliaia di persone che venivano alle nostre feste e ai nostri festival. Le discoteche erano più una cosa sociale—c'era comunque una bella atmosfera e ottima musica, ma non avrebbero mai potuto rivaleggiare con l'eccitazione e il brivido di stare all'aperto, né con l'energia che si creava ballando sotto le stelle.”

In ogni caso, i DiY erano molto più che free-party, dice Pete Woosh: “Volevamo lanciare nuova musica, fare buona musica, far sorridere la gente, fare la differenza.” A dimostrarlo erano i dischi dei DiY—insieme alle sotto-etichette DiY Diversions e Strictly 4 Groovers—con più di 100 singoli, album, compilation che hanno dato una grossa mano anche a molti noti produttori musicali della regione—Charles Webster, Atjazz, Nail, Schmoov! Rhythm Plate—facendo anche da fulcro al cosiddetto “Notts sound”—una sorta di deep house suonata da un sacco di gruppi ispirati dai DiY—verso la fine del secondo millennio.


 
Il crollo è arrivato quando il loro distributore ha dichiarato bancarotta esattamente due giorni dopo aver ricevuto un assegno da 15.000 sterline, compenso per distribuire l'ultimo album dei DiY negli Stati Uniti. Ancora adesso Woosh la prende con filosofia, dicendo che “è stata una vera e propria stronzata, ma i DiY sono sempre stati uno stile di vita. Puoi distruggere una casa discografica ma non un'attitudine o un'idea.”

E quest'attitudine non era altro che la continuazione di una antica tradizione inglese, quella di aspirare ad una cultura libera, sia mentalmente che fisicamente. Citando un noto testo situazionista, il Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni, la loro era una rivoluzione quotidiana. Volendo citarne un altro però, La società dello spettacolo, sembra che oggi i rave e le discoteche abbiano dimostrato la sua tesi principale, diventando posti puramente consumistici dove le piste da ballo non sono più luoghi di perdizione dell'ego quanto un'altra occasione per aggiornare lo stato dei propri profili sui social network.


 
Nonostante l'etichetta fosse fallita e gli anni Duemila avessero rallentato un po' i DiY—“spesso siamo volati troppo vicino al sole, e a volte abbiamo anche commesso degli errori” confessa Woosh—il gruppo appariva regolarmente dietro le consolle di tutto il paese e adesso si stanno preparando al prossimo episodio del loro confuso esperimento, il loro 25-esimo compleanno.”

“All'inizio non avevamo idea di quello che saremmo voluti essere,” dice Harry sorridendo. “Il nostro obiettivo principale era quello di organizzare le feste più fighe della storia umana, e a volte ci piace pensare che ci siamo andati molto vicino.”

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