Le mani della Lega sul business del cinema lombardo
Resa dei conti tra Lega Nord e Cl per Lombardia Film Commission in vista di Expo 2015
Che la Lega Nord avesse una passione per il cinema era cosa nota, in particolare dopo il cameo di Umberto Bossi nel flop del film Barbarossa di Renzo Martinelli: un investimento di dodici milioni di euro per un ricavo nelle sale di appena 800mila. Meno chiare sono invece le manovre della giunta lombarda di Roberto Maroni su Lombardia Film Commission, ente pubblico controllato da regione, comune di Milano, Fondazione Cariplo e Unioncamera, che ha il compito «di attrarre produzioni sul territorio di propria competenza» con «l’obiettivo di sviluppare l’indotto locale e promuovere anche il turismo». In Italia ce n’è una in ogni regione. Nel capoluogo lombardo è diventato un oggetto del desiderio della politica anche perché strategica in vista dell’Expo 2015, quando paesi di tutto il mondo arriveranno qui, dovranno girare film e video appoggiandosi proprio alla lombarda Film Commission, spendendo sul territorio un bel po’ di quattrini.
Appena presentato il bilancio, intorno ad aprile, i soci dovranno nominare il nuovo CdA con la spada di damocle dello scontro tra ex formigoniani e neo maroniani. Con il presidente Alberto Di Rubba nominato nell’agosto scorso — leghista di ferro, commercialista (anche se non risulta iscritto all’albo) e persino amministratore dell’immobiliare del Carroccio Pontida Fin Srl — già impegnato da mesi a cacciare il direttore generale Alberto Contri, noto manager della pubblicità e vecchio amico personale di Don Giussani. In una regione governata per vent’anni da Roberto Formigoni, da Forza Italia e da Cl (anche se Contri è sempre stato considerato dell’ala “spirituale” e non di quella delle “opere” dei ciellini), non è facile far quadrare le cose. Tanto che la nuova Lega di Maroni e Matteo Salvini sta lottando ormai da quasi due anni per issare la bandiera del Carroccio su gran parte delle partecipate lombarde. E se ci sono già state la sanità, il settore infrastrutture era destino che alla fine si arrivasse pure al Cinema.
Da tempo l’assessore alla Cultura regionale Cristina Cappellini aveva deciso di far fuori l’ex presidente e attuale direttore generale Alberto Contri capace negli ultimi cinque anni di risollevare un ente che quando fu creato nel 2000 aveva come presidente l’attore Renato Pozzetto, storico amico di Bossi. Come suggeriscono alcuni esperti in materia per riassumere la disgraziata gestione del socio di Cochi, basta ricordare il titolo di un giornale specializzato del tempo: «Le cinque giornate di Milano girate a Torino per disperazione dei produttori». Fu anche per questo motivo che Formigoni e Letizia Moratti, all’epoca sindaco di Milano, decisero di affidarsi a un guru della pubblicità.
Si tratta appunto di Contri, un’esperienza quarantennale nel settore, con in curriculum posti di rilievo in McCann Erickson, nel consiglio di amministrazione della Rai e poi amministratore delegato di Rainet, oltre che presidente di Pubblicità Progresso. La mossa fu azzeccata, perché a fronte di uno stipendio di 80mila euro lordi all’anno, Contri ha iniziato a far carburare Lombardia Film Commission, portando in poco tempo 14 produzioni di Bollywood in Lombardia e persino quelle cinesi: l’ultima poco prima di Natale con attori talmente famosi in Cina che si è dovuto girare di notte in gran segreto per evitare che la comunità cinese di Milano accorresse in massa creando problemi di ordine pubblico.
In quattro anni di gestione i risultati sono 600 nuove produzioni ospitate e quasi 40 milioni di euro il fatturato dell’indotto creato. Un bel passo avanti che però non ha convinto la neo assessora alla Cultura Cappellini a fidarsi di uno così capace...e indipendente. L’ex Giovane Padana, già nella segreteria di Bossi e Roberto Calderoli, decise così di nominare presidente nel 2014 Paolo Pelizza, piccolo produttore, noto nell’ambiente della post produzione per le difficoltà economiche. La scelta si rivela sbagliata, perché dopo alcuni mesi e dopo diverse divergenze con Contri Pelizza decide di fare le valige. A questo punto l’assessore Cappellini decide di indire un bando per nominare il nuovo presidente. E’ una gara che alla fine non viene neppure rispettata perché ad agosto come presidente di Lombardia Film Commission viene nominato a sorpresa Alberto Di Rubba, leghista bergamasco, commercialista, con una passione per le moto, ma poca conoscenza del settore. Si definisce un «tecnico», ma nel suo curriculum, come ha scritto Lettera43.it, vanta soprattutto la nomina a ottobre in Pontida Fin Srl, la cassaforte immobiliare del Carroccio.
L’incrocio è abbastanza spinoso, anche perché la Lega versa in condizione economiche disastrose da un paio d’anni, dopo gli scandali della gestione del tesoriere Francesco Belsito. Tra i nemici di Di Rubba s’insinua quindi che il doppio incarico forse non sia così casuale, anche perché la Lombardia Film Commission può vantare il più alto rapporto costo/investimento tra quelle italiane. Basta guardare gli ultimi due anni dove ha favorito ogni anno un indotto di 11 milioni di euro con un costo di gestione di 700mila euro. Ma Di Rubba non si lascia intimidire. Tira dritto. La resa dei conti si avvicina. E chissà che nel futuro Bossi non possa di nuovo ritagliarsi un cameo in un film su Alberto da Giussano.
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