Parigi, nasconde gli ostaggi nella cella frigorifera e li salva. La Francia celebra i suoi 'musulmani eroi'
Un gruppo di clienti del supermarket kosher di Porte de Vincennes assaltato dal terrorista jihadista Coulibaly si è rifugiato nel congelatore. A metterli in salvo, e a spegnere l'impianto di refrigerazione, è stato il giovane Lassana Bathily, originario del Mali: il web ora chiede una medaglia per lui
PARIGI - Alla vigilia della grande marcia contro il terrorismo, Parigi rende omaggio a due musulmani che nel massacro al settimanale Charlie Hebdo e nelle vicende di sangue che si sono susseguite, col loro coraggio e i loro gesti hanno fatto la differenza. Il primo, Ahmed Merabet, è il poliziotto ucciso dai fratelli Said e Chérif Kouachi davanti alla redazione del settimanale satirico. Oggi, durante una conferenza stampa, i familiari dell'agente hanno detto: "Lui era musulmano, si è fatto uccidere da falsi musulmani". Poi un appello "a tutti i razzisti, islamofobi e antisemiti, non bisogna confondere gli estremisti e i musulmani. L'Islam è una religione di pace, condivisione e amore". A quel punto i familiari sono scoppiati in lacrime.
Il secondo si chiama Lassana Bathily, ed è un commesso del negozio di prodotti kosher assaltato ieri da Amedy Coulibaly. Oggi Lassana viene celebrato sul web dopo aver messo in salvo numerosi clienti nei drammatici momenti dell'attacco. Musulmano e originario del Mali, Bathily - raccontano i media francesi - è riuscito col suo coraggio a nascondere una parte dei clienti che si trovavano all'interno del locale ma solo in un secondo momento, parlando in tv, emerge la portata della sua impresa.
Intervistato dalla televisione BfmTv, Bathily racconta: "Quando ho visto" i clienti "scendere le scale di corsa, ho aperto loro la porta della stanza frigorifera. Poi ho spento la luce, ho spento il congelatore e ho detto: restate qui, io ora esco e vado a capire cosa accade". In seguito, il ragazzo - ha 24 anni - è riuscito a scappare all'esterno usando il montacarichi, ha raggiunto la polizia e ha spiegato agli agenti la situazione. Ora la sua azione è celebrata in rete e su Twitter gira l'hastag #unemedaillepourlassana.
Il giorno dopo il doppio blitz, i racconti e i ricordi si riannodano con il trascorrere delle ore. Soprattutto adesso che la paura è passata. In parte. Restano le immagini di quelle cinque ore trascorse nella drogheria koshersotto la minaccia di uno jihadista armato con un AK-47 una mitraglietta Skorpion, due pistole Tokarev e 15 candelotti di dinamite già piazzate attorno alla serranda dell'ingresso. Ore ricostruite dall'agenzia France Presse, che ha parlato con i testimoni.
Ilvan, 30 anni, sta cercando dei prodotti tra gli scaffali. Si trova in fondo al locale. Ha in braccio il figlio di 3 anni e mezzo. Sente le prime urla, gli spari. Si affaccia e subito si ritrae. Vede quell'uomo di colore, alto, con il fucile automatico in mano. Capisce che non si tratta di una rapina ma di qualcosa molto più grave. La tensione delle ultime ore, con l'allarme diramato da tutti i commissariati e ribadito dai rabbini della stessa comunità israelitica parigina che invitavano alla massima cautela e a restare in casa, ricordano il clima ai tempi del nazismo.
L'uomo non ci pensa un attimo: si dirige verso la cella frigorifera che si trova sul fondo del negozio e, grazie anche a Bathily, si infila dentro con il bambino. Lo seguono altre tre donne. Ci resteranno cinque ore, il cuore che batte all'impazzata, attenti a ogni minimo rumore. Se vengono scoperti è la fine. Coulibaly ha già steso due ostaggi. I loro corpi giacciono a terra, poco prima della porta di uscita. Nella cella fa freddo. Ilan si toglie il suo giubbone e lo avvolge sul figlio. Lo stringe forte e lo rassicura. Afferra il suo cellulare, manda un messaggio all'anziana madre rimasta a casa. Le scrive di non chiamarlo, di dare il suo numero alla polizia.
Gli inquirenti rispondono nel giro di dieci minuti. Tra l'uomo e gli agenti inizia uno scambio di messaggi nel quale dall'interno del negozio assediato si forniscono importanti informazioni. Su quanti sono gli assalitori, sul numero delle armi, su quello degli ostaggi, le loro posizioni. Si prepara il blitz ma bisogna evitare di colpire i prigionieri. Coulibaly si è già messo in contatto con gli altri due jihadisti della cellula asserragliati a Dammartin-en-Goële. Ma nella foga non ha riattaccato bene il telefono. La polizia, che li sta intercettando, segue in diretta tutto ciò che accade nella drogheria. Ascolterà le minacce, le urla, gli ordini. "Sapete chi sono", continua a dire agli ostaggi. "Sapete dunque cosa voglio e perché sono qui".
I 15 prigionieri, tra cui 8 donne, tre delle quali sono chiuse nella cella frigorifero, restano in silenzio. Conoscono quell'uomo le cui foto segnaletiche sono su tutti i notiziari tv dalla mattina. È il terrorista che stanno cercando dal giorno prima. Quello che ha ucciso con un colpo alla nuca la giovane ausiliaria della polizia municipale a Montrouge. È lo stesso che probabilmente ha ferito con due colpi a una gamba e alla schiena un impiegato di 32 anni mente stava correndo in un parco della cittadina.
Il frastuono delle granate assordanti arriva fin dentro la cella frigorifero. Ilan ricorda che si sono tutti stretti in un abbraccio e hanno atteso la fine della sparatoria. Resteranno chiusi, in silenzio, anche quando tutto tace e gli uomini del corpi speciali del 'Raid' iniziano a frugare, armi spianate, tra il fumo e i pezzi degli scaffali distrutti dalle raffiche. Viene subito soccorso, protetto e portato all'esterno. Lui esce, il bambino sempre in braccio, la testa piegata, di corsa, verso la libertà. Resterà tre ore dalla polizia per la sua testimonianza. Poi di nuovo a casa, ad abbracciare la moglie e la vecchia madre.
Il secondo si chiama Lassana Bathily, ed è un commesso del negozio di prodotti kosher assaltato ieri da Amedy Coulibaly. Oggi Lassana viene celebrato sul web dopo aver messo in salvo numerosi clienti nei drammatici momenti dell'attacco. Musulmano e originario del Mali, Bathily - raccontano i media francesi - è riuscito col suo coraggio a nascondere una parte dei clienti che si trovavano all'interno del locale ma solo in un secondo momento, parlando in tv, emerge la portata della sua impresa.
Intervistato dalla televisione BfmTv, Bathily racconta: "Quando ho visto" i clienti "scendere le scale di corsa, ho aperto loro la porta della stanza frigorifera. Poi ho spento la luce, ho spento il congelatore e ho detto: restate qui, io ora esco e vado a capire cosa accade". In seguito, il ragazzo - ha 24 anni - è riuscito a scappare all'esterno usando il montacarichi, ha raggiunto la polizia e ha spiegato agli agenti la situazione. Ora la sua azione è celebrata in rete e su Twitter gira l'hastag #unemedaillepourlassana.
Il giorno dopo il doppio blitz, i racconti e i ricordi si riannodano con il trascorrere delle ore. Soprattutto adesso che la paura è passata. In parte. Restano le immagini di quelle cinque ore trascorse nella drogheria koshersotto la minaccia di uno jihadista armato con un AK-47 una mitraglietta Skorpion, due pistole Tokarev e 15 candelotti di dinamite già piazzate attorno alla serranda dell'ingresso. Ore ricostruite dall'agenzia France Presse, che ha parlato con i testimoni.
Ilvan, 30 anni, sta cercando dei prodotti tra gli scaffali. Si trova in fondo al locale. Ha in braccio il figlio di 3 anni e mezzo. Sente le prime urla, gli spari. Si affaccia e subito si ritrae. Vede quell'uomo di colore, alto, con il fucile automatico in mano. Capisce che non si tratta di una rapina ma di qualcosa molto più grave. La tensione delle ultime ore, con l'allarme diramato da tutti i commissariati e ribadito dai rabbini della stessa comunità israelitica parigina che invitavano alla massima cautela e a restare in casa, ricordano il clima ai tempi del nazismo.
L'uomo non ci pensa un attimo: si dirige verso la cella frigorifera che si trova sul fondo del negozio e, grazie anche a Bathily, si infila dentro con il bambino. Lo seguono altre tre donne. Ci resteranno cinque ore, il cuore che batte all'impazzata, attenti a ogni minimo rumore. Se vengono scoperti è la fine. Coulibaly ha già steso due ostaggi. I loro corpi giacciono a terra, poco prima della porta di uscita. Nella cella fa freddo. Ilan si toglie il suo giubbone e lo avvolge sul figlio. Lo stringe forte e lo rassicura. Afferra il suo cellulare, manda un messaggio all'anziana madre rimasta a casa. Le scrive di non chiamarlo, di dare il suo numero alla polizia.
Gli inquirenti rispondono nel giro di dieci minuti. Tra l'uomo e gli agenti inizia uno scambio di messaggi nel quale dall'interno del negozio assediato si forniscono importanti informazioni. Su quanti sono gli assalitori, sul numero delle armi, su quello degli ostaggi, le loro posizioni. Si prepara il blitz ma bisogna evitare di colpire i prigionieri. Coulibaly si è già messo in contatto con gli altri due jihadisti della cellula asserragliati a Dammartin-en-Goële. Ma nella foga non ha riattaccato bene il telefono. La polizia, che li sta intercettando, segue in diretta tutto ciò che accade nella drogheria. Ascolterà le minacce, le urla, gli ordini. "Sapete chi sono", continua a dire agli ostaggi. "Sapete dunque cosa voglio e perché sono qui".
I 15 prigionieri, tra cui 8 donne, tre delle quali sono chiuse nella cella frigorifero, restano in silenzio. Conoscono quell'uomo le cui foto segnaletiche sono su tutti i notiziari tv dalla mattina. È il terrorista che stanno cercando dal giorno prima. Quello che ha ucciso con un colpo alla nuca la giovane ausiliaria della polizia municipale a Montrouge. È lo stesso che probabilmente ha ferito con due colpi a una gamba e alla schiena un impiegato di 32 anni mente stava correndo in un parco della cittadina.
Il frastuono delle granate assordanti arriva fin dentro la cella frigorifero. Ilan ricorda che si sono tutti stretti in un abbraccio e hanno atteso la fine della sparatoria. Resteranno chiusi, in silenzio, anche quando tutto tace e gli uomini del corpi speciali del 'Raid' iniziano a frugare, armi spianate, tra il fumo e i pezzi degli scaffali distrutti dalle raffiche. Viene subito soccorso, protetto e portato all'esterno. Lui esce, il bambino sempre in braccio, la testa piegata, di corsa, verso la libertà. Resterà tre ore dalla polizia per la sua testimonianza. Poi di nuovo a casa, ad abbracciare la moglie e la vecchia madre.
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