Era il 5 gennaio 1984
Omicidi di Mafia: la Sicilia non dimentica Pippo Fava 31 anni dopo la morte
Il giornalista e scrittore, originario di Palazzolo Acreide, venne assassinato con 5 colpi di pistola. La sua Sicilia 31 anni dopo non lo dimentica con un vasto programma di eventi culturali, dibattiti, proiezioni di film in sua memoria
Le condanne
Il sindaco di Catania Angelo Munzone smentì l'ipotesi di una pista mafiosa, "perché a Catania - disse - la mafia non esiste". Invece fu proprio Cosa Nostra ad assassinare Fava. Per l'omicidio saranno condannati nel 1998 dalla Corte d'Assise di Catania i boss Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, considerati i mandanti, e Marcello D'Agata, Francesco Giammuso e Vincenzo Santapaola, come organizzatori ed esecutori dell'omicidio. A portare alla sbarra i cinque imputati furono le dichiarazioni di Maurizio Avola, collaboratore di giustizia che si autoaccusò dell'omicidio, patteggiando sette anni di pena. La Corte d'Appello di Catania confermò poi le condanne all'ergastolo per Santapaola e Ercolano, mentre ha assolse D'Agata, Giammuso e Vincenzo Santapaola: sentenza diventata definitiva nel 2003.
"Fava non era controllabile"
Maurizio Avola ha parlato così, attraverso il suo avvocato, in un'intervista al quotidiano "La Repubblica". "Con la stampa si andava d'amore e d'accordo e qualche 'incomprensione' giornalistica da allora si risolse senza bisogno di minacce. Fava invece non era più controllabile. Il Giornale del Sud che dirigeva in precedenza era del cavaliere Gaetano Graci, ma 'I Siciliani' era del tutto indipendente e schierato contro gli interessi di Costanzo e degli altri che controllavano appalti miliardari. Uccidendolo, Cosa nostra ha tutelato anche i propri interessi economici".
"La mafia dei colletti bianchi"
Avola, dopo 31 anni, ha spiegato che "l'omicidio Fava è servito allo scopo della mafia e dei Cavalieri" di cui "Fava aveva scritto molto, parlando, in particolare, della mafia dai colletti bianchi". "Il giornalista aveva messo in crisi un equilibrio che si è subito ristabilito. Andava bene così a tutti, anche ai giornalisti. Poi nel 1992, quando i corleonesi hanno imboccato la linea stragista anche la stella di Santapaola è tramontata. Lui diceva che con lo Stato non ci si doveva scontrare, ma camminare insieme. Così a maggio del 1993 i suoi uomini più fidati lo hanno di fatto consegnato alle forze dell'ordine, forse per salvargli la vita".
Parlava dei baroni della mafia diventati politici
Fava fu il secondo giornalista a essere ucciso da Cosa Nostra dopo l'omicidio di Giuseppe 'Peppino' Impastato nel 1978. Inizia la sua carriera giornalistica scrivendo di tutto. L'esordio, dopo la laurea in giurisprudenza e collaborazioni minori, all'Espresso Sera nel 1956, poco più che trentenne. La passione per il giornalismo lo porta a Roma, dove conduce la trasmissione di Radiorai "Voi e io", e sempre nella Capitale collabora con il "Corriere della Sera" e con "Il Tempo". Negli anni Ottanta torna a Catania, dove diventa direttore del "Giornale del Sud". Una redazione giovane, con cronisti ancora inesperti. Un giornale coraggioso che denuncia Cosa Nostra, ma la permanenza di Fava è breve. La gestione viene affidata a una nuova cordata di imprenditori e il giornalista viene licenziato.
"I Siciliani"
Rimasto senza lavoro organizza e sviluppa un suo progetto: "I Siciliani", una rivista di inchieste e reportage in cui il potere corrotto viene messo a nudo: attività illecite, imprenditori venduti, amministrazioni comprate. Gli aspetti malati dell'economia e della società sono denunciati con meticolosa analisi .
L'amore per il teatro
Ma c'è un'altra passione, oltre al giornalismo, che anima tutta la vita di Pippo Fava: l'amore per il teatro. Fava inizia a scrivere per il palcoscenico fin da ragazzo. Il primo premio nel 1966, con "Cronaca di un uomo", da lì testi e tournée in tutta Italia, fino all'approdo sul grande schermo. Anche la morte di Fava è legata in qualche modo al palcoscenico. Il giornalista, quel 5 gennaio del 1984, poco dopo le 21 lascia la redazione del suo giornale e sale in macchina per andare a prendere sua nipote che recitava in "Pensaci, Giacomino!", ma Pippo Fava non scenderà mai dalla sua Renault 5. Almeno non da vivo.
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