"Il nostro Governo non fa norme ad personam, non fa norme contra personam". E' quanto rende noto il Governo alla luce delle polemiche sulla cosiddetta norma 'salva-Berlusconi' contenuta nel decreto sul fisco approvato dal Consiglio dei ministri
ROMA - Il presidente del Consiglio Matteo Renzi "ha chiesto questa mattina agli uffici di non procedere - per il momento - alla formale trasmissione alla Camera del testo approvato in Consiglio dei Ministri. La proposta tornerà prima in Consiglio dei Ministri, poi alle Commissioni, quindi di nuovo in Consiglio per l'approvazione definitiva entro i termini stabiliti dal Parlamento e cioè entro marzo 2015". Lo rende noto il sottosegretario all'Istruzione, Davide Faraone, su Facebook, in merito ai decreti delegati sul fisco.
"Il nostro Governo non fa norme ad personam, non fa norme contra personam - scrive Faraone -. Fa norme che rispondono all'interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini. Queste norme consentiranno di non avere interpretazioni discrezionali tra commissione tributaria e commissione tributaria, ma finalmente darà lo stesso tipo di pena da Milano a Palermo. Di tutto abbiamo bisogno tranne che dell'ennesimo dibattito sul futuro di un cittadino, specie in un momento come questo dove qualcuno teorizza strampalate ipotesi di scambi politici-giudiziari, anche alla luce del delicato momento istituzionale che il Paese si appresta a vivere".
La riforma del fisco ritorna dunque al Consiglio dei ministri. Per colpa di poche righe, di un dettaglio. Se passasse così com'è infatti, come messo in evidenza da Repubblica questa mattina, Silvio Berlusconi potrebbe tornare candidabile praticamente da subito, comunque dalla primavera. La norma contemplerebbe una soglia del 3 percento dell'evasione rispetto all'imponibile, al di sotto della quale il reato non sarebbe più punibile penalmente. In altre parole, Berlusconi potrebbe vedersi derubricato il tipo di pena ad una semplice sanzione amministrativa. Ragion per cui decadrebbe la condanna che lo vede ai servizi sociali e, soprattutto, gli interdice la candidabiltà.
Questa mattina, dopo che il presidente del Consiglio aveva fatto sapere in forma ufficiosa due cose. La prima che non ritiene possibile che una sentenza passata in giudicato possa essere svuotata da una norma successiva. La seconda che lui, comunque, la norma in questione è pronto a bloccarla. E questo è successo. Con una nota ufficiosa di Palazzo Chigi che ha annunciato il dietrofront, difendendo però la natura e l'intendimento della riforma, senza risparmiare le parole.
"I decreti delegati sul fisco segnano una rivoluzione nel rapporto tra fisco e cittadini, tra fisco e aziende. La logica che il Parlamento ha affidato al Governo è molto chiara: recuperare più soldi dall'evasione, depenalizzando laddove possibile e contestualmente aumentando sanzioni e pene per i reati che rimangono tali", si puntualizza, "Oggi in Italia meno di cento persone su sessanta milioni scontano pene per reati tributari. Il che è assurdo, se pensiamo alle stime, incredibili, dell'evasione nel nostro Paese. Si tratta dunque di cambiare in modo radicale. Questo è l'obiettivo del Governo".
"Il nostro Governo non fa norme ad personam, non fa norme contra personam - scrive Faraone -. Fa norme che rispondono all'interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini. Queste norme consentiranno di non avere interpretazioni discrezionali tra commissione tributaria e commissione tributaria, ma finalmente darà lo stesso tipo di pena da Milano a Palermo. Di tutto abbiamo bisogno tranne che dell'ennesimo dibattito sul futuro di un cittadino, specie in un momento come questo dove qualcuno teorizza strampalate ipotesi di scambi politici-giudiziari, anche alla luce del delicato momento istituzionale che il Paese si appresta a vivere".
La riforma del fisco ritorna dunque al Consiglio dei ministri. Per colpa di poche righe, di un dettaglio. Se passasse così com'è infatti, come messo in evidenza da Repubblica questa mattina, Silvio Berlusconi potrebbe tornare candidabile praticamente da subito, comunque dalla primavera. La norma contemplerebbe una soglia del 3 percento dell'evasione rispetto all'imponibile, al di sotto della quale il reato non sarebbe più punibile penalmente. In altre parole, Berlusconi potrebbe vedersi derubricato il tipo di pena ad una semplice sanzione amministrativa. Ragion per cui decadrebbe la condanna che lo vede ai servizi sociali e, soprattutto, gli interdice la candidabiltà.
Questa mattina, dopo che il presidente del Consiglio aveva fatto sapere in forma ufficiosa due cose. La prima che non ritiene possibile che una sentenza passata in giudicato possa essere svuotata da una norma successiva. La seconda che lui, comunque, la norma in questione è pronto a bloccarla. E questo è successo. Con una nota ufficiosa di Palazzo Chigi che ha annunciato il dietrofront, difendendo però la natura e l'intendimento della riforma, senza risparmiare le parole.
"I decreti delegati sul fisco segnano una rivoluzione nel rapporto tra fisco e cittadini, tra fisco e aziende. La logica che il Parlamento ha affidato al Governo è molto chiara: recuperare più soldi dall'evasione, depenalizzando laddove possibile e contestualmente aumentando sanzioni e pene per i reati che rimangono tali", si puntualizza, "Oggi in Italia meno di cento persone su sessanta milioni scontano pene per reati tributari. Il che è assurdo, se pensiamo alle stime, incredibili, dell'evasione nel nostro Paese. Si tratta dunque di cambiare in modo radicale. Questo è l'obiettivo del Governo".
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