venerdì 9 gennaio 2015

Mucchetti venga in parlamento e ci spieghi come è stato messo in una lista bloccata nel PD.


Salva-Silvio, il nervosismo dei renziani contro Bersani e Mucchetti. Renzi e l'esigenza di tenere coperto il nome del dopo Napolitano

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RENZI


Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di andare in Parlamento a spiegare i perché della cosiddetta norma ‘salva Silvio’ contenuta nel decreto fiscale. Mai avuta: se ne riparlerà solo il 20 febbraio, in consiglio dei ministri, dopo l’elezione del presidente della Repubblica. Quindi, quando il senatore di minoranza Pd Massimo Mucchetti ha preso la parola oggi in aula proprio per chiedere che il premier spieghi le polemiche sul decreto fiscale, tra i renziani si è diffuso subito il malumore, a dir poco. Nervosismo. Anche se la richiesta è stata prontamente respinta dall’aula. Nervosismo, anche per quella battuta di Pierluigi Bersani, che sempre in mattinata a ‘L’Aria che tira’ su La7 ha lasciato bene intendere che la corsa per il Quirinale dovrebbe partire da Romano Prodi, il prof silurato nel 2013 dai 101 franchi tiratori del Pd, l’arcinemico di Berlusconi. Un atto ostile, insomma. Da Palazzo Chigi la linea è di non attaccare per non alzare polveroni su un affare che continua a scottare. Ma chissà se la polvere si depositerà, sebbene negli ultimi due giorni l’attenzione dei media si sia spostata sull’attentato terroristico a Parigi. Ad ogni modo la giornata nervosa di oggi conferma al premier una esigenza assoluta: evitare di fare nomi per il Colle, se non all’ultimo minuto.
Il premier vola ad Abu Dhabi per una visita lampo dal principe ereditario, Mohammed Bin Zayed Al Nahayan. Dunque non assiste da vicino al caos mattutino in Senato, dovuto al blitz di Mucchetti in aula. Sì, blitz. Perché i senatori di maggioranza spiegano che avrebbe chiesto la parola senza mettersi d’accordo con il capogruppo Dem Luigi Zanda. Cioè: gliel’avrebbe chiesto ieri e di fronte al no, avrebbe forzato oggi. Più o meno sarebbe andata così. Ma al di là dei dettagli pur importanti, la presa di posizione di Mucchetti e la decisione di renderla pubblica in aula semina tensioni nel Pd, lascia capire che la ‘salva Silvio’ ha già fatto i suoi danni nel partito, in vista dell’elezione presidenziale. E qualora non fosse chiaro, basti vedere Bersani su Prodi.
Il compito di replicare all’ex segretario del Pd è affidato a Matteo Orfini. "Sarebbe opportuno evitare un tritacarne mediatico che danneggia il nome che si fa", dice il presidente del Pd. "Adesso c'è un presidente della Repubblica in carica, quando Napolitano formalizzerà le sue decisioni inizieremo a discutere - spiega il presidente del Pd -. Fino a quel momento fare questo o quel nome serve solo ad alimentare un inutile chiacchiericcio e riempire le pagine dei retroscena. Per rispetto di Napolitano e di tutte quelle personalità che possono essere prese in considerazione, sarebbe meglio evitare di tirarli in ballo".
Al di là della linea di prudenza e silenzio adottata dal premier, a Palazzo Chigi la presa di posizione dell’ex segretario del Pd viene letta come “prevedibile”. Messa nel conto nonostante la ‘tregua’ maturata con una parte della minoranza Pd – quella che fa capo a Bersani, appunto – sulla scia dell’approvazione del Jobs Act. Prevedibile per via del pasticcio sul decreto fiscale, insomma. E di fronte alla nuova scia di veleni, il premier ha maturato la convinzione che sui nomi per il Colle è quanto mai necessaria la massima copertura. Nessun nome fino all’ultimo momento. “Perché – confida una fonte renziana – non appena fai un nome anche solo con pochissime persone, lo sanno tutti. E partono le manovre per affossarlo”. 
Per ora l’ostacolo maggiore è proprio questo. Vale a dire l’impossibilità di Renzi di far girare un nome senza vederselo bersagliato dai giochi della minoranza Pd e dalle fronde interne a Forza Italia, nonché dai centristi, pure loro allarmati dal ‘salva Silvio’. Sarà per questo che oggi un parlamentare molto vicino al premier si è lasciato ad andare all’unico identikit possibile in questa cornice: “Il candidato vero al Quirinale deve essere uno che abbia feeling con il popolo, che riesca ad avere una connessione sentimentale con gli italiani”. Per sopperire alla crisi di popolarità che sta investendo il premier negli ultimi tempi, evidentemente.

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