Matteo Renzi all'attacco di chi frena l'azione di Governo, "non prendo ordini né dall'Europa, né da Berlusconi"
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“Umore a mille”. Matteo Renzi non vuole farsi sopraffare dalle preoccupazioni per il percorso di riforme delineato in mille giorni, per la tenuta della maggioranza o, ancor più, per quei dati economici che allontanano nuovamente la ripresa per l’Italia. Non guarda con preoccupazione alle fibrillazioni nel Pd, allo scalpitare di Silvio Berlusconi o ai richiami di Mario Draghi.
In un colloquio con la Stampa, il presidente del Consiglio prova a rassicurare e a dire di non essere né nelle mani dell’Europa, né in quelle dell’ex Cavaliere. Sul primo fronte, spiega che “la frase di Draghi è: se non fa le riforme, l'Italia non è attrattiva per investimenti esteri. Bene, questa è la linea anche mia e di Padoan. Siamo d'accordo, nessun problema – assicura Renzi - Ma se qualcuno vuole interpretarla e far intendere che l'Europa deve intervenire e dire all'Italia quel che deve fare, allora no, non ci siamo. Oggi non è l'Europa che deve dire a noi cosa fare. Il Pd ha vinto le elezioni, è il partito che ha preso più voti in Europa, io e il Governo siamo usciti più forti dal test di maggio e non abbiamo bisogno di spinte da Bruxelles”. Per il premier “sono gli Stati a dover indicare alla Commissione via e ricette per venir fuori dalle secche”.
In un colloquio con la Stampa, il presidente del Consiglio prova a rassicurare e a dire di non essere né nelle mani dell’Europa, né in quelle dell’ex Cavaliere. Sul primo fronte, spiega che “la frase di Draghi è: se non fa le riforme, l'Italia non è attrattiva per investimenti esteri. Bene, questa è la linea anche mia e di Padoan. Siamo d'accordo, nessun problema – assicura Renzi - Ma se qualcuno vuole interpretarla e far intendere che l'Europa deve intervenire e dire all'Italia quel che deve fare, allora no, non ci siamo. Oggi non è l'Europa che deve dire a noi cosa fare. Il Pd ha vinto le elezioni, è il partito che ha preso più voti in Europa, io e il Governo siamo usciti più forti dal test di maggio e non abbiamo bisogno di spinte da Bruxelles”. Per il premier “sono gli Stati a dover indicare alla Commissione via e ricette per venir fuori dalle secche”.
Quanto al Pil che non riparte, “discuto volentieri di quei dati perché paradossalmente mi aiutano a dire con più forza: dobbiamo andare avanti con le riforme. Però devo esser sincero e dirla tutta: la drammatizzazione del Pil è qualcosa che rispetto, ma non condivido. Infatti non è che l'Italia sia rientrata in recessione: non ne è mai uscita. Noi stiamo facendo cose importanti, che daranno frutti nel tempo: la riforma della Pubblica amministrazione curata da Marianna Madia, assieme alla semplificazione fiscale, saranno una rivoluzione; e l'intervento di Poletti sul lavoro ha creato 104 mila nuovi occupati, dei quali chissà perché nessuno parla".
Sul secondo fronte, “non sono nelle mani di Berlusconi come ipotizza qualcuno. La maggioranza non ha problemi di numeri e non mi attende la Via Crucis che toccò a Romano Prodi. Mentre infuriava la Grande Guerra del Senato, il Governo ha ottenuto più volte la fiducia: nessun problema. Magari non è esaltante per composizione, ma credo che la nostra maggioranza sia la più solida della Seconda Repubblica". Renzi rivendica la sua “personale scelta” di aver “coinvolto Berlusconi nel processo di riforma”, malgrado le contestazioni, perché “se lui non ci fosse stato, è chiaro, avremmo fatto le riforme con altri: ma io credo che, per metodo, vadano fatte con le opposizioni, con i nemici, piuttosto che con gli amici".
Renzi assicura che "l'umore è a mille, e non solo per la riforma varata a Palazzo Madama, ma per l'intera cornice dell'azione di governo", prosegue il premier. "Certo, se non avessimo fatto questa riforma subito, nei tempi annunciati, non l'avremmo fatta mai più. È la Madre di tutte le Battaglie: di questo sono sicuro". Una riforma che “si deve alla saggezza e alla lungimiranza del Presidente della Repubblica: sostegno, consigli, una parola quotidiana per tutti, per cercare di convincere i perplessi che la via imboccata era quella giusta". Il premier torna poi a smentire l'intenzione di tornare alle urne. "Credo di esser l'ultimo ad aver paura del voto. Personalmente mi converrebbe, perché porterei tante persone a me vicine in Parlamento. Ma quella avviata non è una battaglia che devono vincere i renziani: la deve vincere il Paese".
Renzi si scaglia poi contro i frenatori. Contro “professori, analisti, editorialisti, accademici", quella “solita compagnia di giro che firma appelli su appelli, qualunque appello, senza nemmeno leggerlo”. Contro la classe dirigente italiana che “per vent'anni hanno nascosto le loro responsabilità e le loro manchevolezze dietro quelle, ancor più gravi, della politica: ma ora la musica è cambiata, e sono prontissimo ad aprire un nuovo fronte polemico". Contro “una parte di questi salotti che, dopo aver pronosticato una nostra sconfitta alle elezioni, immagina di farmi avere una ripresa agitata a settembre: e non si rendono conto che ogni loro attacco mi spinge a darci dentro ancor di più". Renzi auspica che “si faccia tutti un salto in avanti, anche loro. È il Paese ad averne bisogno. Questa storiella che è tutta colpa della politica, non regge più: abbiamo dimostrato di saper cambiare. Ci provino anche loro, adesso. Ma ci provino sul serio, invece di firmare appelli perfino contro il raduno nazionale dei boy scout”.
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Proprio alla rivista on line dell’Agesci, “Camminiamo Insieme”, Matteo Renzi concede un’intervista, prima del suo intervento al raduno di San Rossore. "La cosa positiva” della riforma del Senato, dice il premier, “è che finalmente i politici cambiano se stessi. Questo vuol dire che non c'è più potere di rendita per nessuno. Bisogna cambiare tutti". E per cambiare Renzi insiste sulla rottamazione, che riguarda tutti: “I politici devono essere come lo yogurt, a un certo punto devono scadere, non lo puoi fare per sempre. Vale anche per me, per me è già iniziato il conto alla rovescia per essere rottamato". Per cambiare, bisogna costruire e “la più grande arma per costruire la pace non è l'F35 o l'Eurofighter, è la scuola" dice il presidente del Consiglio, “io per esempio sono convinto che la spesa per la difesa italiana debba essere indirizzata in alcuni canali chiari, che si collegano alla ricerca scientifica, non alla costruzione di strumenti inutili o fuori dalla realtà". L'Italia "è il Paese più bello del mondo", conclude Renzi, “lo è oggettivamente. Io non ho niente contro chi decide di andarsene, però l'esperienza degli scout mi ha insegnato che se vedo qualcosa che non va, cerco di cambiare le cose, non provo a cambiare Paese. Il mio augurio ai ragazzi, quelli della branca R/S, è che quando vedono cose che non vanno provino a cambiarle, senza scappare. Poi se qualcuno vuole andare all'estero, il mondo globale è bellissimo, affascinante. Però l'auspicio da presidente del Consiglio è che la gente possa tornare. Questo è il Paese più bello del mondo, e se talvolta per colpa nostra ha dei limiti, dobbiamo sforzarci di cambiarli".
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