INTERVISTA
Islam, Adnane Mokrani: vi spiego cos'è il salafismo
Dalla rivolta anticolonialista alla deriva terroristica: l'evoluzione del movimento. Filo conduttore tra talebani, al Qaeda e Isis. «Ma la religione non spiega tutto».
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18 Gennaio 2015
Da ambienti salafiti proviene la maggioranza dei foreign fighters, i combattenti stranieri partiti dall’Europa e dal Nord Africa per la guerra santa, il Jihad in Siria e in Iraq, e tornati per seminare il terrore in Occidente, come avvenuto in Francia.
Di fede salafita si dichiarano gli estremisti affiliati all’Isis (Stato islamico) nelle Filippine e in Indonesia. E salafita si professava, prima ancora del Califfo Abu Bakr al Baghdadi, il leader di al Qaeda Osama bin Laden, mujaheddin in Afghanistan ai tempi della guerra contro i sovietici, a sua volta reclutatore e grande finanziatore di migliaia di combattenti.
IL COMUNE DENOMINATORE DEL SALAFISMO. Dai talebani ad al Qaeda all'Isis, chi nella nuova emergenza globale del terrorismo tenta di tracciare un filo comune nel fondamentalismo islamico che, nei decenni, rinasce sotto nuove sigle e sempre più forte, trova il minimo comun denominatore del salafismo.
«Jihadismo salafita», precisa a Lettera43.it Adnane Mokrani, teologo e docente di Islamistica e dialogo islamo-cristiano al Pontificio istituto di Studi arabi e islamistica (Pisai), perché la recrudescenza del terrorismo islamico il Europa e nel mondo è qualcosa di «molto complesso, che non può ridursi a una visione rigida, anche problematica, della religione».
IL RITORNO ALL'ISLAM DEGLI ANTENATI. Salafismo, letteralmente, significa «ritorno all'Islam degli antenati», al Corano interpretato dai compagni di Maometto: un movimento riformista di fine '800, in relazione e in reazione al colonialismo occidentale nei Paesi arabi.
Dal quale sono nate le principali correnti sunnite attuali, anche distanti tra loro, come i Fratelli musulmani e lo wahabismo dei reali sauditi. Fino alla deriva della proliferazione di combattenti islamici.
Di fede salafita si dichiarano gli estremisti affiliati all’Isis (Stato islamico) nelle Filippine e in Indonesia. E salafita si professava, prima ancora del Califfo Abu Bakr al Baghdadi, il leader di al Qaeda Osama bin Laden, mujaheddin in Afghanistan ai tempi della guerra contro i sovietici, a sua volta reclutatore e grande finanziatore di migliaia di combattenti.
IL COMUNE DENOMINATORE DEL SALAFISMO. Dai talebani ad al Qaeda all'Isis, chi nella nuova emergenza globale del terrorismo tenta di tracciare un filo comune nel fondamentalismo islamico che, nei decenni, rinasce sotto nuove sigle e sempre più forte, trova il minimo comun denominatore del salafismo.
«Jihadismo salafita», precisa a Lettera43.it Adnane Mokrani, teologo e docente di Islamistica e dialogo islamo-cristiano al Pontificio istituto di Studi arabi e islamistica (Pisai), perché la recrudescenza del terrorismo islamico il Europa e nel mondo è qualcosa di «molto complesso, che non può ridursi a una visione rigida, anche problematica, della religione».
IL RITORNO ALL'ISLAM DEGLI ANTENATI. Salafismo, letteralmente, significa «ritorno all'Islam degli antenati», al Corano interpretato dai compagni di Maometto: un movimento riformista di fine '800, in relazione e in reazione al colonialismo occidentale nei Paesi arabi.
Dal quale sono nate le principali correnti sunnite attuali, anche distanti tra loro, come i Fratelli musulmani e lo wahabismo dei reali sauditi. Fino alla deriva della proliferazione di combattenti islamici.
- L'esperto di Islamistica e teologo Adnane Mokrani.
DOMANDA. In cosa si distingue il jihadismo salafita dal salafismo in sé?
RISPOSTA. Il salafismo bellico è un fenomeno nuovo, cresciuto nella seconda metà del 1900, che non può essere generalizzato con la scuola salafita. Non tutti i salafiti sono criminali.
D. Quando nasce la dottrina salafita?
R. Come movimento religioso tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, nel nome di un ritorno al modello islamico originale. Si fa riferimento alle prime generazioni, ai compagni di fede del profeta.
D. Perché questo recupero della tradizione è definito riformismo islamico?
R. I teorici propugnavano il rifiuto dell'elaborazione storico-culturale dell'Islam, anche contro alcuni tipi di religiosità popolare di fine secolo. In questo senso, era un movimento di riforma.
D. Cosa si contestava?
R. Esistono diversi movimenti salafiti. Nel Maghreb i gruppi nazionalisti contro il colonialismo francese erano in contrasto con le confraternite sufi, reputate troppo sottomesse alla dominazione straniera.
D. In reazione irredentista al colonialismo, dai salafiti è nato l'Islam politico della Fratellanza musulmana.
R. Non solo. Ancora prima, in Arabia Saudita il salafismo è stato l'ideologia fondante del regno degli al Saud. Un intellettuale salafita come Rashid Rida, teorico del movimento, per esempio, può essere annoverato tra i moderati.
D. Qual è invece la sua espressione più dura?
R. Soprattutto in Pakistan, gruppi salafiti distruggono i mausolei. È questa la forma religiosa più aggressiva del movimento, sotto l'influenza saudita.
D. L'interpretazione wahabita del salafismo può essere definita la più estremista?
R. Anche in questo caso la definizione è impropria. Wahabismo è il nome dato dall'esterno ai salafiti sauditi, prendendo come riferimento il teologo Muḥammad ibn Abd al Wahhab. Loro preferiscono definirsi salafiti, un po' come accade tra i cristiani agli evangelici chiamati protestanti.
D. Il terrorismo islamico è dunque un fenomeno più complesso della semplice appartenenza salafita?
R. L'elemento religioso del salafismo può spiegare solo alcune parti del fenomeno del terrorismo. Una lettura del Corano rigida, settaria, alla fine fondamentalista, crea una visione problematica della religione e del mondo. Ma, senza altri fattori, non può trovare eco nella società.
D. Di quali fattori parla?
R. Non sono io a poterlo spiegare. Sulla questione occorre uno sguardo storico e geopolitico, più che un approccio teologico.
D. Che idea si è fatto degli eventi in Francia?
R. Che appunto la religione si intreccia a fattori storici e sociali. Si pensi alle banlieue, dove cresce la delinquenza e dove i giovani vengono manipolati nel nome di un Islam strumentalizzato, come avviene nei campi dei gruppi terroristici in Medio Oriente e in Nord Africa.
D. I musulmani sono le prime vittime del terrorismo islamico?
R. Tra i morti della strage nella redazione di Charlie Hebdo ci sono anche due musulmani, il poliziotto Ahmed e Mustapha, correttore di bozze. Sono preoccupato della reazione crescente di polarizzazione. Con l'islamofobia si macchia l'immagine di un popolo.
RISPOSTA. Il salafismo bellico è un fenomeno nuovo, cresciuto nella seconda metà del 1900, che non può essere generalizzato con la scuola salafita. Non tutti i salafiti sono criminali.
D. Quando nasce la dottrina salafita?
R. Come movimento religioso tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, nel nome di un ritorno al modello islamico originale. Si fa riferimento alle prime generazioni, ai compagni di fede del profeta.
D. Perché questo recupero della tradizione è definito riformismo islamico?
R. I teorici propugnavano il rifiuto dell'elaborazione storico-culturale dell'Islam, anche contro alcuni tipi di religiosità popolare di fine secolo. In questo senso, era un movimento di riforma.
D. Cosa si contestava?
R. Esistono diversi movimenti salafiti. Nel Maghreb i gruppi nazionalisti contro il colonialismo francese erano in contrasto con le confraternite sufi, reputate troppo sottomesse alla dominazione straniera.
D. In reazione irredentista al colonialismo, dai salafiti è nato l'Islam politico della Fratellanza musulmana.
R. Non solo. Ancora prima, in Arabia Saudita il salafismo è stato l'ideologia fondante del regno degli al Saud. Un intellettuale salafita come Rashid Rida, teorico del movimento, per esempio, può essere annoverato tra i moderati.
D. Qual è invece la sua espressione più dura?
R. Soprattutto in Pakistan, gruppi salafiti distruggono i mausolei. È questa la forma religiosa più aggressiva del movimento, sotto l'influenza saudita.
D. L'interpretazione wahabita del salafismo può essere definita la più estremista?
R. Anche in questo caso la definizione è impropria. Wahabismo è il nome dato dall'esterno ai salafiti sauditi, prendendo come riferimento il teologo Muḥammad ibn Abd al Wahhab. Loro preferiscono definirsi salafiti, un po' come accade tra i cristiani agli evangelici chiamati protestanti.
D. Il terrorismo islamico è dunque un fenomeno più complesso della semplice appartenenza salafita?
R. L'elemento religioso del salafismo può spiegare solo alcune parti del fenomeno del terrorismo. Una lettura del Corano rigida, settaria, alla fine fondamentalista, crea una visione problematica della religione e del mondo. Ma, senza altri fattori, non può trovare eco nella società.
D. Di quali fattori parla?
R. Non sono io a poterlo spiegare. Sulla questione occorre uno sguardo storico e geopolitico, più che un approccio teologico.
D. Che idea si è fatto degli eventi in Francia?
R. Che appunto la religione si intreccia a fattori storici e sociali. Si pensi alle banlieue, dove cresce la delinquenza e dove i giovani vengono manipolati nel nome di un Islam strumentalizzato, come avviene nei campi dei gruppi terroristici in Medio Oriente e in Nord Africa.
D. I musulmani sono le prime vittime del terrorismo islamico?
R. Tra i morti della strage nella redazione di Charlie Hebdo ci sono anche due musulmani, il poliziotto Ahmed e Mustapha, correttore di bozze. Sono preoccupato della reazione crescente di polarizzazione. Con l'islamofobia si macchia l'immagine di un popolo.
Twitter @BarbaraCiolli
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