domenica 18 gennaio 2015

Da quanti anni continuo a ripetere che abbiamo una informazione che fa schifo? Basta solo riflettere su come si diventa giornalista. Con le conoscenze giuste l'uomo più cretino del mondo può inventarsi giornalista.



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L’Italia ha il dubbio primato di paese peggio informato. Un risultato preoccupante perché il grado di informazione sulla realtà circostante è un elemento vitale per stabilire le priorità e aiutare i cittadini a valutare l’efficacia delle politiche pubbliche. Le “colpe” dei media poco indipendenti.
 GLI ITALIANI E L’INDICE DI IGNORANZA
Diceva lo scrittore e medico umanista François Rabelais che l’ignoranza è la madre di tutti i mali. Se credessimo ai ricercatori britannici di Ipsos Mori, secondo il cui sondaggio internazionale gli italiani risultano i peggio informati sulle caratteristiche di base del proprio paese, avremmo ottime ragioni per preoccuparci ulteriormente.
L’indagine si basa su interviste a un campione di oltre 11mila individui in quattordici nazioni ad alto reddito per misurare le percezioni su caratteristiche sociali, demografiche ed economiche del proprio paese, quali la percentuale di immigrati, il tasso di disoccupazione, la percentuale di musulmani e di cristiani e l’affluenza elettorale alle ultime elezioni.
I risultati mostrano come le percezioni degli individui siano in genere piuttosto lontane dalla realtà in cui essi vivono. Per esempio, in tutti i paesi, gli intervistati ritengono in media che la percentuale di immigrati sia molto più alta di quella reale. Si va dagli australiani che pensano che gli immigrati siano il 35 per cento contro il 28 per cento effettivo, agli italiani che li valutano il 30 per cento della popolazione quando il dato reale è solo il 7 per cento.
Allo stesso modo in tutti i paesi il campione sottovaluta il tasso effettivo di partecipazione elettorale. Gli americani sono quelli più informati (indicano il 57 per cento invece che il reale 58 per cento), mentre i francesi hanno la percezione più distorta (57 per cento contro l’80 per cento reale).
Una delle aeree in cui l’opinione del pubblico è più lontana dalla realtà è il tasso di disoccupazione. Gli italiani sono di nuovo i meno informati, ritenendo in media che un concittadino su due sia disoccupato, quando invece il tasso di disoccupazione è del 12 per cento. Ma anche i tedeschi, che hanno la percezione più precisa, sbagliano di molto: 20 per cento contro il 6 per cento effettivo.
Aggregando le discrepanze tra percezione e realtà tra tutte le domande, i ricercatori hanno creato un indice – chiamato “indice di ignoranza” – che classifica i paesi dal meno al più informato sulle propria situazione sociale, demografica e politica. L’Italia conquista il dubbio primato di paese peggio informato, seguito dagli Stati Uniti e dalla Corea del Sud. I più informati (o meglio i meno ‘ignoranti’) sono tedeschi e svedesi. Il risultato è preoccupante visto che nelle democrazie il grado di informazione sulla realtà circostante è un elemento vitale per stabilire le priorità di politica pubblica e aiutare i cittadini a valutare l’efficacia delle politiche pubbliche.
IL REDDITO NON C’ENTRA
Per cominciare a capire da che cosa sia determinato questo grado di ‘ignoranza’ si possono calcolare delle semplici correlazioni tra la classifica dell’indice Ipsos e quella ottenuta sulla base di alcune possibili variabili esplicative.
La figura 1a mostra la correlazione con la classifica sulla base del reddito pro-capite nel 2013.
L’ipotesi è che il livello e la qualità dell’informazione dei cittadini vadano di pari passo con il reddito. La relazione tra le due classifiche è negativa (come ci si aspetterebbe), ma debole e non statisticamente significativa. La relazione rimane debole anche quando si utilizza il valore in dollari del reddito pro capite invece che la classifica dei paesi (figura 1b).
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Fonte: World Bank(World Development Indicators)
LA QUALITÀ DELL’INFORMAZIONE
Un’altra possibile ipotesi è che sia la qualità dell’informazione a determinare quanto il pubblico sia informato sulla realtà nazionale. In mancanza di una misura diretta, è possibile utilizzare l’indice della libertà dell’informazione giornalistica prodotto annualmente dall’associazione Reporters Without Borders. Oltre a misurare la libertà e l’indipendenza delle testate e dei giornalisti, l’indice prende in considerazione anche la trasparenza della regolamentazione dei media da parte del legislatore e dell’esecutivo e il grado di concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione.
Al contrario di quanto avviene con il reddito, la figura 2 mostra una relazione con il grado di ‘ignoranza’ negativa e statisticamente molto significativa. L’Italia, la Polonia e la Corea hanno indici di libertà di informazione tra i più bassi e livelli di ‘ignoranza’ tra i più alti del campione. Esattamente il contrario di Svezia, Germania e Giappone. Quasi due terzi della variazione nella classifica di ‘ignoranza’ sono spiegati solamente dalla variazione nella classifica della libertà dell’informazione. E aggiungendo il livello di reddito pro-capite si raggiunge un potere esplicativo dell’80 per cento (con il coefficiente della libertà di informazione che rimane altamente significativo).
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I nuovi media dovrebbero permettere ai cittadini di informarsi direttamente attraverso una molteplicità di fonti anche estere, bypassando l’informazione tradizionale. In effetti, paesi con più alta percentuale di utenti internet tendono in genere ad avere più bassi indici di ‘ignoranza’ (figura 3). Per esempio, l’Italia ha la più bassa penetrazione di internet del campione, mentre la Svezia, ultima nell’indice di ‘ignoranza’, ha quella più alta. Tuttavia, la classifica di penetrazione di internet smette di essere correlata con quella dell’indice di ignoranza una volta che si include nell’analisi statistica anche la classifica della libertà di informazione.
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Un’ulteriore ipotesi è che sia la qualità del sistema educativo a formare cittadini informati fornendo loro gli strumenti per essere aggiornati sulla propria realtà. La blanda correlazione (e statisticamente non significativa) tra la classifica dell’Ipsos e la classifica delle competenze di lettura nel test Pisa (Programme for International Student Assessment) dell’Ocse non corrobora questa ipotesi. E l’assenza di correlazione persiste anche quando nell’analisi si inserisce questa variabile assieme a quelle precedenti.
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Questi risultati sono da prendere con molta cautela visto il basso numero di paesi considerati e la mancanza di un’analisi causale. Tuttavia forniscono una prima ipotesi su cosa determina il grado di informazione dei cittadini nei paesi ad alto reddito. Quando il giornalismo non è pienamente indipendente dal potere politico ed economico e la legislazione che regola i mezzi di informazione non è trasparente, stampa, tg e nuovi media non informano i cittadini adeguatamente anche su temi sociali e politici di centrale importanza per la società. E visto che gran parte dei cittadini attingono queste informazioni principalmente dai media (tradizionali), finiscono per essere male informati. Suona familiare?
* Le opinioni qui espresse dall’autore non rappresentano necessariamente quelle della Banca Mondiale o dei suoi paesi membri.

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