La Lega di Salvini: il destino è tornare con Berlusconi
Forte nei sondaggi il leader padano punta a defilarsi sul Quirinale per poi far pesare i consensi
«E adesso cosa facciamo? Ci mettiamo con la Meloni e facciamo un bel listone per difendere i lavoratori pubblici del Sud? Meglio tornare con Berlusconi a questo punto. Vedrai: digeriremo pure Alfano». Il dirigente della Lega Nord di prima fascia, seduto al tavolino di un bar del centro di Milano, allarga le braccia nel parlare del Carroccio trainato dal segretario Matteo Salvini. Come al solito, la storia lo insegna, il movimento padano si trova a un bivio: andare da soli o ritornare nelle braccia dell’ex Cavaliere? Certo, forse è ancora presto, dal momento che non c’è un’imminente scadenza elettorale. Ma l’elezione del presidente della Repubblica (partita su cui si giocano le future alleanze politiche) e l'imminente approvazione dell’Italicum ha iniziato a creare malumori e dubbi nelle valli padane. Le elezioni regionali si avvicinano, in particolare quelle in Veneto, come peraltro le prime strategie per il candidato sindaco del centrodestra a Milano nel 2016. Si addensano nubi sul futuro di una Lega che vola nei sondaggi ma rischia di trovarsi in un angolo e si ritrova ancora una volta a ragionare su come affrontare i problemi di un centrodestra balcanizzato, dove a tenere in mano il pallino del gioco è sempre Berlusconi.
Lo si può vedere in questi giorni di trattative prima della settimana delle votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Forse in pochi se ne sono accorti ma è sempre Silvio a condurre le trattative con il segretario del Pd e premier Matteo Renzi. E’ sempre lui a rappresentare quella galassia di partiti che fu l’architrave dei governi berlusconiani. Per il Carroccio l’uomo delle trattative è sempre Giancarlo Giorgetti, la mente economica, «l’unico con la testa e che ci capisce qualcosa» per dirla come i pochi rimasti nella sede di via Bellerio, dopo il licenziamento di 76 dipendenti. «Salvini si terrà defilato nelle votazioni per il Quirinale» spiega un maroniano «ma dopo dovrà capitalizzare il 15% nelle trattative per il ritorno con Berlusconi: l'Italicum lo costringerà a farlo». Da qualche settimana Salvini non sembra più in rampa di lancio. Sarà che pure Marine Le Pen, la madama, la musa ispiratrice del lepenismo, sta perdendo consensi in Francia dopo l’attentato al giornale satirico Charlie Hebdo. "L’altro Matteo" guadagna consensi ma sembra rinchiuso in una torre d’avorio, dove è difficile prendere la decisione giusta.
Il Corriere della Sera ne ha parlato in un articolo del 24 gennaio, raccontando della solitudine di Salvini, senza una vera e propria classe dirigente intorno, o che comunque non è ancora riuscita a sfondare, dove a problemi si aggiungono ogni giorni nuovi problemi. Anche il sito L’Intraprendente, di solito vicino al sindaco di Verona Flavio Tosi, ha messo in fila i problemi della Lega salviniani. Ce n’è per tutti. Dai rapporti burrascosi con il segretario della Liga Veneta, soprattutto in vista delle elezioni per la nomina del nuovo inquilino di palazzo Balbi a a Venezia. Tra Tosi e Salvini è gelo totale. Nell’ultimo mese ci si è messo di mezzo pure una questione di danè, ovvero soldi per dirla in milanese, con l’uomo di Banca Intesa Antonio Fallico che si sarebbe messo di mezzo per non far avere l’ormai noto oro di Mosca ai salviniani. Di Russia, non a caso, si parla sempre di meno. Non solo. Si parla ancor meno di abolire l’euro. E qui c’è chi fa notare che lo «sganciamento» del franco svizzero delle ultime settimane potrebbe aver messo definitivamente la parola fine a referendum anti euro o a folli ritorni alla liretta del Sud.
La non accettazione da parte della Consulta del referendum sulla legge Fornero fa parte del pacchetto problemi, ma forse ancora più preoccupante è che i 76 dipendenti di Bellerio si siano rivolti alla Cgil, il sindacato rosso da sempre osteggiato in casa Lega. Ma il punto sono sempre le alleanze. Roberto Maroni nella giunta di regione Lombardia cerca ogni giorno di mantenere in equilibrio i rapporti con Ncd di Angelino Alfano e Forza Italia di Berlusconi. La stessa cosa si rifletterà a breve sul Veneto dove però è Luca Zaia a tirare le fila, un governatore apprezzato che ha avuto la capacità di manteners sempre fuori dalle diatribe che hanno dilaniato la Lega Nord negli ultimi anni. Ma qui c’è comunque Tosi, un peso specifico non indifferente per questi territori, a livello di relazioni di potere politico economico. Salvini quindi dovrà in qualche modo scendere a miti consigli, suggeriscono in molti, cercando di far pesare il suo bacino di consensi, a Nord e Sud. E infine c’è chi fa notare che la ritrovata sintonia tra Alfano e Berlusconi non sia altro che il primo tassello per la grande partita del 2016, quando si voterà per la città Metropolitana di Milano. Qui il nome caldo è quello del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Anche Salvini aspira a diventare sindaco del capoluogo lombardo. Spaccherà i centrodestra e sfiderà da solo le armate berlusconiane ora rinvigorite grazie al patto del Nazareno? Forse sarò Berlusconi a levargli le castagne dal fuoco: in Lombardia si dice che Ncd nella ciellina Lombardia sia sotto '1%. Salvini dovrebbe avere gioco facile.
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